Materiale dalle infinite metamorfosi, il vetro è il protagonista del numero di Maggio di Domus. L’editoriale, curato dal Guest Editor 2025, Bjarke Ingles, introduce il tema riflettendo sull’evoluzione del vetro da lusso a ubiquità e sulla sua attuale rinascita all'insegna della sperimentazione nell'architettura e nel design. Ingels sottolinea così l’adattabilità del materiale, capace di trasformarsi da trasparente a opaco, da assente a presente, da flessibile a intransigente. Nuove frontiere creative di un antichissima materia.
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Il numero di maggio di Domus, il quinto curato da Bjarke Ingels, indaga il vetro come elemento chiave della progettualità contemporanea.
Testo Bjarke Ingels
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo Sophie Wolf
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo James O’Callaghan
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo Niklas Dahlström, Anders Solvarm
Intervista Bjarke Ingels con Kazuyo Sejima
Testo Shohei Shigematsu
Testo Qiang Zou, Mathieu Forest
Foto Arch-Exist
Testo Jean Verville
Foto Maryse Béland, Maxime Brouillet
Testo Makoto Takei, Chie Nabeshima
Foto Daici Ano
Testo Christoph Zeller, Ingrid Moye, Katie Paterson
Foto Iwan Baan, Hunter Kerhart
Testo Masoud Akbarzadeh
Christopher Payne
Testo Paul Cocksedge
Foto Luke Walker
Testo Germans Ermičs
Foto Jussi Puikkonen
Testo Robert Comploj
Testo Yuki Akari
Testo Dustin Yellin
Testo Bjarke Ingels
Testo Walter Mariotti
Testo Walter Mariotti
Testo Paul Smith
Testo Valentina Petrucci
Testo Walter Mariotti
Testo Paola Carimati
Testo Elena Sommariva
Testo Antonio Armano
Testo Alessandro Benetti
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- La redazione di Domus
- 12 maggio 2025
Arrivati alla sezione dei saggi si aprono diverse. Sophie Wolf, in “Simbolo del possibile”, traccia una linea storica che dalle prime applicazioni del vetro conduce alle sorprendenti innovazioni del XIX e XX secolo, svelandone il ruolo cruciale nell'evoluzione dell'architettura luminosa e aperta. James O’Callaghan, con “Verso nuove possibilità di vetratura”, offre la visione di un ingegnere strutturista, esplorando come la ricerca della trasparenza abbia spinto l'ingegneria del vetro verso soluzioni sempre più audaci e leggere, pur affrontando le sfide della sostenibilità. Infine, Niklas Dahlström e Anders Solvarm, in “Il futuro degli edifici”, presentano la filosofia di Naturvillan, dove il vetro diviene elemento chiave per integrare natura e spazio abitativo in un ciclo virtuoso di sostenibilità e benessere.
Le tavole, curate da Filippo Cartapani e Shane Dalke, architetti dello studio Big che collaborano con il guest editor, offrono un'analisi concisa ma esaustiva di un materiale potente. I flussi del vetro ne delineano la complessa filiera produttiva e le sfide legate al riciclo. Tipi di vetro fornisce una panoramica tecnica delle diverse tecniche di produzione e delle relative proprietà. La visita in studio ci conduce nell'universo creativo di Sanaa, attraverso un dialogo tra Bjarke Ingels e Kazuyo Sejima: un’incontro d’eccezione tra dueprotagonisti assoluti della scena architettonicaa cavalo del XX e XXI secolo. L'intervista svela come lo studio giapponese abbia esplorato il vetro non solo come diaframma trasparente ma come materiale con una propria identità, plasmando spazi fluidi e inattesi in progetti iconici come il Toledo Museum of Art Glass Pavilion e il Rolex Learning Center.
Un'esplorazione a 360 gradi del vetro, un materiale che continua a ispirare e sfidare i confini della creatività umana, plasmando il nostro ambiente costruito e la nostra percezione dello spazio.
La sezione architettura presenta una serie di progetti che testimoniano la versatilità del vetro. Shohei Shigematsu di Oma, insieme a Olafur Eliasson e Sebastian Behmann di Studio Other Spaces, illustrano il Gundlach Building e l'installazione Common Sky al Buffalo AKG Art Museum, dove la trasparenza diviene elemento di connessione e inclusività. Qiang Zou e Mathieu Forest di Zone Of Utopia ci portano nel centro culturale Ice Cubes in Cina, un'architettura scultorea di vetro traslucido che evoca la purezza del ghiaccio. Jean Verville presenta il suo laboratorio creativo Bruj, Cabinet de curiosités, un esempio di flessibilità spaziale ottenuta grazie a pareti scorrevoli di vetro. Makoto Takei e Chie Nabeshima di TNA descrivono la Fukutake Tres F Gallery in Giappone, dove il vetro sottile dissolve i confini tra interno ed esterno, integrando l'arte con la natura circostante. Christoph Zeller, Ingrid Moye e Katie Paterson firmano Mirage, un'installazione poetica di cilindri di vetro fuso con sabbie desertiche, che riflette la luce nell'uliveto di Apple Park. Infine, Masoud Akbarzadeh, Joseph Robert Yost, Damon Bolhassani, Jens Schneider e Romain Crelier presentano il Penn Monument for Hope, un ponte di vetro ad alte prestazioni che sfida le convenzioni costruttive.
Il portfolio di Christopher Payne ci accompagna dietro le quinte della produzione del vetro, rivelandone la bellezza intrinseca nei processi industriali e scientifici. La sezione design esplora le potenzialità espressive del vetro attraverso l'opera di diversi creatori. Paul Cocksedge presenta la collezione Slump, dove il vetro piano assume forme organiche sotto l'azione del calore e della gravità. Germans Ermičs indaga le interazioni tra luce, colore e trasparenza nel vetro laminato, culminando nella sua iconica Ombré Glass Chair. Yuki Akari scolpisce delicate forme effimere in vetro borosilicato, catturando la transitorietà dell'acqua.
Conclude il numero la sezione arte introducendoci alle opere di Robert Comploj, che attraverso la soffiatura veneziana e boema incorpora oggetti urbani nel vetro, e Dustin Yellin, il cui testo Ossimoro è una riflessione poetica sulla natura paradossale del vetro, accompagnata dalle sue sculture stratificate che racchiudono narrazioni complesse.La storia di copertina celebra il vetro fuso, un materiale che Lasvit ha sapientemente lavorato per esprimere la matericità e l'imperfezione intrinseca del vetro, in un omaggio alla sua natura di liquido solidificato. Questo numero di Domus si configura così come un'esplorazione a 360 gradi del vetro, un materiale che continua a ispirare e sfidare i confini della creatività umana, plasmando il nostro ambiente costruito e la nostra percezione dello spazio.
Il Diario apre le sue pagine con Il fatto del mese, a cura questa volta del Direttore Editoriale Walter Mariotti. La destinazione è Osaka, dove si è inaugurato il Padiglione Italia per Expo 2025. L'architettura visionaria di Mario Cucinella Architects si offre come una celebrazione di una nazione che sa coniugare mirabilmente bellezza, innovazione e sostenibilità, un racconto reso possibile anche dalla guida illuminata del Commissario Generale Mario Vattani. Il padiglione diviene così una raffinata vetrina del talento italiano, un ponte culturale che idealmente unisce l'Italia al Giappone. Con una sensibilità squisitamente intima, Paul Smith, nella sua consueta rubrica Luoghi Comuni, eleva la riparazione e il riuso a gesti di profonda eleganza etica, intessendo aneddoti personali che risuonano con un'ammirevole coscienza del valore intrinseco degli oggetti e della nostra responsabilità nei confronti del mondo che ci circonda. Ancora Walter Mariotti che si sofferma sulla recensione del volume Compasso d’Oro. ADI Design Museum Collezione storica, un'opera che si disvela come un sofisticato autoritratto dell'identità italiana nel design, un dialogo corale che trascende la mera forma per abbracciare la cultura e il pensiero che la sottendono.
Un'originale prospettiva storiografica emerge dalla recensione dedicata a Architecture Follows Fish di André Tavares, un'indagine che con singolare acume adotta lo sguardo inatteso di una creatura marina per illuminare inediti nessi tra architettura e ambiente. La riflessione sul design contemporaneo si arricchisce con la presentazione di Not Here, Not Now di Anthony Dunne e Fiona Raby, un'esplorazione che, con ironica profondità, dischiude le inattese potenzialità del design speculativo in un'epoca segnata dall'incertezza. Valentina Petrucci raccoglie le osservazioni di Andrea Margaritelli sul progressivo svilimento dello spazio pubblico milanese, una denuncia garbata ma incisiva di una tendenza che rischia di offuscare il valore collettivo a favore di un'estetica elitaria. L'innovazione nel design grafico si manifesta con il progetto QuantoRiso, presentato da Francesco Franchi, dove il packaging di riso si trasforma in un elegante veicolo di divulgazione scientifica, un'idea ingegnosa concepita da Anna Cecilia Rosso e magistralmente resa in forma visiva dallo studio Atto e dall'illustratrice Sofia Figliè. La complessa figura di Pietrangelo Buttafuoco è tratteggiata dal Direttore Editoriale svelandone il pensiero non convenzionale e la visione stimolante per la Biennale di Venezia, un intellettuale che con singolare eleganza dialettica sfida i luoghi comuni del dibattito culturale.
Le Recensioni offrono ulteriori spunti di riflessione con l'analisi di Alessandro Benetti sulla mostra Soleil.s alla Solar Biennale, un'elegante esplorazione delle molteplici dimensioni dell'energia solare come motore di una transizione ecologica auspicabile. Alberto Mingardi disquisisce sul peso del commercio internazionale, svelando le intricate dinamiche che sottendono la crescita economica globale. Paola Carimati celebra l'iniziativa Go! Borderless, un inno alla libertà di movimento tra Gorizia e Nova Gorica, e illumina il fertile terreno creativo di ITS Arcademy a Trieste, un crocevia di talenti e contaminazioni culturali. Il minimalismo nel design trova una sofisticata espressione nell'opera di Muller Van Severen, presentata da Loredana Mascheroni, un dialogo armonioso tra scultura e funzione che si traduce in oggetti di squisita semplicità.
La rubrica dedicata ai più giovani, curata con delicata attenzione da Elena Sommariva, introduce la Rainbow Chair di Mitten Studio, un esempio di design evolutivo che unisce funzionalità ed estetica raffinata con un occhio al futuro. I Talenti emergono con la forza evocativa delle creazioni di Furn Object, il brand di Anna e Sergii Baierzdorf, descritti da Silvana Annicchiarico. I loro arredi scultorei si ergono come silenziose testimonianze di resilienza e bellezza in un'epoca spesso segnata dalla turbolenza. Le Aziende vedono protagonista Gibus, la cui evoluzione nel settore delle pergole bioclimatiche è narrata con competenza da Antonio Armano, svelando un connubio di innovazione tecnica, design ricercato e un crescente impegno per la sostenibilità. Infine, le Riedizioni curate con finezza da Valeria Casali presentano la Castiglioni Collection di Mamoli, un omaggio all'eleganza funzionale del maestro Achille Castiglioni attraverso rubinetti che trascendono la loro mera utilità per divenire icone di un design senza tempo. Speriamo che queste pagine vi offrano non solo uno sguardo sul vetro, ma una lente attraverso cui osservare l'incessante metamorfosi della creatività umana. Buona lettura.
Nell’editoriale di maggio, il guest editor di Domus, esplora la sorprendente evoluzione del vetro: dal monopolio veneziano al revival tecnologico che oggi vede questo materiale protagonista dell'architettura.
Dalle complicate vetrate policrome delle cattedrali gotiche alle facciate continue dei grattacieli moderni, l’evoluzione del vetro rispecchia il progresso della tecnologia e il mutamento del pensiero architettonico. Nel corso dei secoli, le innovazioni nella sua fabbricazione ne hanno ampliato le applicazioni, dandogli resistenza strutturale, efficienza energetica e perfino adattabilità dinamica. Oggi, il grattacielo di vetro rimane uno dei modi più potenti ed economicamente convenienti per rivendicare una presenza nel profilo di una città. La capacità del vetro di trasmettere la luce, creare apertura e influire sulla percezione dello spazio lo ha reso un materiale edile indispensabile. Un tempo simbolo di illuminazione divina, oggi definisce i paesaggi urbani, sfumando i confini tra interno ed esterno.
La storia degli usi del vetro è ricca e varia quanto il materia - le stesso. L’ossidiana, un vetro vulcanico presente in natura, veniva lavorata per creare pic - cole lame e punte di freccia già nel Paleolitico superiore. Tut - tavia, trascorsero alcune cen - tinaia di millenni prima che l’umanità imparasse a produr - re il vetro. I più antichi manu - fatti di questo materialerisal - gono all’Età del bronzo e com - prendono perline e piccoli vasi. Venivano realizzati ‘avvolgen - do’ del vetro colorato – ottenu - to mescolando sabbia con ce - neri di piante alofite – attorno a forme di sabbia argillosa. Si realizzavano degli oggetti cavi raschiando via gli aggregati di sabbia e miscela d’argilla dopo avere cotto nuovamente l’invo - lucro esterno.
Il vetro si muove in una filiera mondiale complessa, dall’estrazione delle materie prime alla manifattura, dall’uso fino allo smaltimento o al riciclo. Ogni anno, milioni di tonnellate di sabbia, soda e calce vengono trasformate in vetrate per l’architettura, parabrezza per auto e recipienti per bevande. Mentre i contenitori di vetro vengono generalmente riciclati, il vetro piano – usato soprattutto in edilizia – spesso finisce in discarica o degradato a usi minori a causa degli elevati requisiti di purezza. Il percorso del vetro è dettato da standard industriali, vincoli tecnici e domanda di mercato, e mostra la delicatezza dell’equilibrio tra innovazione del materiale e produzione su grande scala.
Il vetro e le sue meravigliose proprietà sono stati scoperti nel 2.500 a.C. in Mesopotamia. Si presume che a originare questo materiale traslucido che, prima di solidificarsi, poteva essere plasmato per creare oggetti, sia stato un esperimento o un’accidentale fusione di sabbia e soda. Affascinati dai suoi riflessi alla luce, i nostri antenati hanno iniziato a utilizzarlo per produrre ornamenti e monili. Passò molto tempo prima che iniziasse a essere considerato un materiale adatto per costruire le nostre attuali finestre.
Storicamente, gli edifici sono consumatori passivi di risorse come l’elettricità, l’acqua e i materiali. Non restituiscono nulla all’ambiente. Quelli del futuro, richiedono qualcosa di più che funzionalità ed estetica: devono essere parte attiva di un mondo sostenibile e rigenerativo. Le case che abitiamo vanno viste come elementi vivi di una più vasta rete ecologica, in cui i rifiuti diventano risorse, l’energia viene usata con efficienza e il verde è integrato nella stessa struttura dell’edificio. Questa prospettiva non riguarda soltanto l’efficienza tecnica mirata ad affrontare il clima globale e il problema dell’esaurimento delle risorse, ma anche le attività di sostegno e rigenerazione degli ecosistemi da cui dipendiamo. Come sosteneva Winston Churchill, “noi diamo la forma agli edifici, dopo di che sono loro a dar forma a noi”, mentre Buckminster Fuller riteneva che “siamo chiamati a essere gli architetti del futuro, non le sue vittime”. Noi di Naturvillan crediamo di poter concepire gli edifici del futuro in modo che siano di giovamento sia alla natura sia agli umani. I nostri progetti uniscono processi biologici e architettura in modo da creare ecosistemi vivi, dove i rifiuti non sono un problema, ma una risorsa riciclata.
Tra i materiali che lo studio giapponese traduce in architettura ammantandoli di leggerezza c’è il vetro. Kazuyo Sejima racconta la logica che ne guida l’uso in progetti che sembrano liberarlo da vincoli e limitazioni tecniche.
Il Gundlach Building, con la sua estrema trasparenza, collega visivamente gli altri due edifici del campus, mentre l’installazione Common Sky crea una nuova piazza coperta. Entrambe le opere incarnano la missione del museo di essere aperto e inclusivo.
Foto Arch-Exist
Realizzato in vetro stampato e acciaio, il centro culturale Ice Cubes è formato da nove blocchi dalla superficie traslucida: sovrapposti, ruotati e sfalsati, offrono ciascuno una vista diversa.
Foto Maryse Béland, Maxime Brouillet
Il laboratorio creativo Bruj, Cabinet de curiosités, è concepito come un congegno flessibile grazie alla pianta passante unita a dispositivi di vetro scorrevoli e modulari che permettono di creare configurazioni fluide e adattabili, mantenendo la porosità visiva .
Foto Daici Ano
I pilastri sottili e le vetrate trasparenti della Fukutake Tres F Gallery portano la vegetazione all’interno, sottolineando il legame tra arte e natura.
Foto Iwan Baan, Hunter Kerhart
Mirage, installazione di vetro fuso ottenuto dalle sabbie desertiche di tutto il mondo, riflette la luce e s’intreccia con l’uliveto circostante.
Frutto di quattro anni di ricerca collaborativa, il Penn Monument for Hope, o Vitrum Leve, è un ponte composto da sottilissime lastre di vetro stratificato che formano un sandwich dalle prestazioni elevate. L’uso della statica poliedrica consente una forma funicolare che minimizza la massa e ottimizza l’efficienza strutturale.
Il vetro è stato prodotto la prima volta dagli esseri umani quasi 4.000 anni fa. Per la scienza, ri - mane uno dei materiali più im - portanti. Dai sottili filamenti dei cavi in fibra ottica agli scher - mi pieghevoli dei cellulari, non c’è praticamente nulla che non riesca a fare, ed è uno dei po - chi materiali che si possono ri - ciclare all’infinito. Da fotogra - fo industriale, trovo che la fab - bricazione del vetro abbia una bellezza affascinante. Nel labo - ratorio della Corning, a nord di New York, i tecnici colano un ve - tro fuso di nuova composizione, mentre in Giappone si produce con una tecnica antica di secoli un vetro E6 puro e termicamen - te stabile, che viene poi rifuso in Arizona per diventare la strut - tura del gigantesco specchio di un telescopio. Ancora alla Cor - ning, una sfera di silicio fuso ad elevata purezza viene contras - segnata e tagliata in sezioni per realizzare lenti e separatori ot - tici, oltre che oblò per navicelle spaziali e sommergibili. Le ap - plicazioni sono infinite.
Foto Luke Walker
Nella collezione Slump, lastre di vetro piane sono riscaldate su elementi naturali e industriali. Ammorbidendosi, il materiale assume forme nuove e imprevedibili, che danno l’idea di un movimento congelato o di un momento di trasformazione.
Foto Jussi Puikkonen
Lavorando con il vetro piano laminato, il designer di origine lettone esplora come luce, colore e trasparenza influenzano lo spazio, una ricerca iniziata nel 2017 con la Ombré Glass Chair .
Le texture urbane e i materiali non convenzionali come fonte d’ispirazione e l’uso di tecniche diverse – veneziana e boema – sfidano i limiti di arte, artigianato e design.
Realizzata in vetro borosilicato, in un processo continuo di prove ed errori, Water sound cattura la transitorietà e la bellezza delle forme accidentali.