A Milano sta prendendo forma uno dei progetti urbani più significativi degli ultimi anni. Si tratta del Parco Amphitheatrum Naturae, il nuovo parco archeologico che sorgerà in zona De Amicis, in un’area cerniera tra le Colonne di San Lorenzo e la Darsena, proprio adiacente al percorso della nuova linea M4. Qui, appena fuori dalla cinta muraria dell’antica Mediolanum, sorgeva un anfiteatro romano del primo secolo d.C. (quindi più o meno coevo a quello di Roma, edificato nell’80 d.C.) che presto sarà riportato alla luce.
Per la città di Milano, il 2025 è stato un anno di importanti trasformazioni, tra le architetture realizzate per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, l’addio ufficiale allo stadio di San Siro, un nuovo grattacielo – questa volta “sdraiato” – a CityLife e tanti ponti per migliorare la viabilità.
Ma stavolta non si tratta di un’operazione di (ri)costruzione vera e propria, piuttosto di un progetto paesaggistico che rende leggibile un’architettura monumentale scomparsa, più attento alla costruzione di un’esperienza urbana condivisa. Ne abbiamo parlato con Attilio Stocchi, che ha firmato il progetto a cura della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano.
L’anfiteatro invisibile e la scelta di non ricostruire
Secondo Eugène Viollet-le-Duc, uno dei più importanti teorici della storia dell’architettura di tutti i tempi, restaurare una costruzione non significa riportarla esattamente alle sue origini, piuttosto “ristabilirla in uno stato completo che può non essere mai esistito fino a quel momento”. Lontano dalla tentazione della replica, il progetto del Parco Amphitheatrum Naturae propone un approccio discreto, che possa far avere solo la percezione dell’imponente struttura costruita nel I secolo d.C.
Il grande edificio ellittico di oltre 150 metri sull’asse maggiore è stato progressivamente smantellato a partire dal IV secolo, e successivamente le sue pietre, in ceppo d’Adda, sono state riutilizzate per edificare la vicina basilica di San Lorenzo, in un processo di trasformazione che ha letteralmente incorporato l’antico nel tessuto medievale della città. Oggi, di quell’edificio non restano che tracce sotterranee e frammenti di fondazione.
“Ricreare l’architettura dell’antico anfiteatro nella sua imponenza originale sarebbe oggi impensabile”, ha spiegato l’architetto Attilio Stocchi a Domus. “Un tentativo di ricostruzione, anche se in scala, risulterebbe invadente, anacronistico e, soprattutto, insensato” e da qui la decisione di lavorare non sull’oggetto architettonico, ma sulla sua impronta, sulla geometria lasciata nel suolo e nella memoria urbana.
Il verde come strumento di ricostruzione
Il concept del Pan - il nome è un richiamo esplicito al dio della natura e della vitalità - nasce con l’idea che la natura possa “celebrare un reperto perduto del mondo antico”: il progetto disegna un grande bassorilievo paesaggistico, con lievi dislivelli - non superano i tre metri - per evocare il vuoto dell’antica arena. Stocchi lo definisce un “paesaggio-orma”, e cioè uno spazio segnato più dalla memoria delle geometrie che dall’introduzione di nuove funzioni.
L’impronta ellittica dell’anfiteatro è così ricostruita attraverso il verde, e degli ottantaquattro setti di fondazione che un tempo sostenevano le gradonate, la maggior parte – quelli non più esistenti – sono “interpretati” da siepi che disegnano il ritmo strutturale dell’edificio scomparso. Allo stesso modo, i pilastri del primo ordine della facciata dell’anfiteatro sono reinterpretati come pergolati, elementi leggeri che segnano il perimetro senza chiuderlo, e che restituiscono la scala monumentale attraverso un ritmo preciso.
Le strutture emerse durante le campagne di scavo, compresi i resti della Porta Triumphalis, non saranno quindi musealizzate in senso tradizionale, ma integrate in un parco da vivere quotidianamente per una “nuova visione di storia e di vita passata”.
La seconda fase: il progetto Zodiaco
Nel progetto, è previsto un percorso sopraelevato che accompagna il visitatore lungo il perimetro dell’ellisse, offrendo affacci sulle aree archeologiche lasciate a vista. Al centro, nello spazio dell’antica arena, è prevista una fossa orchestrale circolare destinata a eventi e spettacoli, mentre la pavimentazione naturale in legno contribuisce a rafforzare il carattere “anti monumentale” dell’intervento. L’anfiteatro, luogo storicamente associato alla spettacolarizzazione della morte, viene così simbolicamente ribaltato in uno spazio dedicato alla vita, alla cultura e all’incontro, che sarà inaugurato a maggio del 2026.
I lavori, però, proseguiranno durante l’estate, con il completamento del verde attrezzato e una serie di servizi annessi all’anfiteatro, per una superficie interessata di circa 7500 mq. Si tratta del progetto “Zodiaco”, che aumenta il raggio dell’anfiteatro con un’area verde suddivisa in 12 settori e che arriva capillarmente al contesto della città, raccordandosi con gli edifici e le strade circostanti. Il risultato sarà un percorso continuo nel verde che collega l’anfiteatro alle Colonne e alla basilica di San Lorenzo, attraversa il Parco delle Basiliche e arriva fino a Sant’Eustorgio.
In questo senso, il Parco Amphitheatrum Naturae si presenta come un esperimento ambizioso: non un parco a tema archeologico né un monumento ricostruito, ma un’infrastruttura paesaggistica che affida al verde e ai percorsi il compito di rendere leggibile una storia passata. Resta da capire se, una volta concluso, il progetto riuscirà davvero a mantenere la promessa di uno spazio pubblico condiviso, ma l’attesa è quasi finita.
Immagine di apertura: Parco Amphiteatrum Naturae, foto di cantiere. Courtesy Attilio Stocchi
