10 libri che abbiamo letto e vi consigliamo da regalare o leggere a Natale

Batteri che inventano l’architettura, bellezze ordinarie, archivi radicali, riviste esplosive e antimacchine: una selezione di libri per attraversare il progetto contemporaneo, rallentare lo sguardo e capire cosa resta.

Siamo giunti, come ogni anno, al momento della selezione dei libri da leggere, regalare o regalarsi per Natale. Fino a qualche tempo fa, ci si lamentava di una certa penuria di titoli, soprattutto nell’ambito del design. L’architettura, al contrario, gode da sempre di una produzione abbondante: cataloghi, monografie, saggi critici, scritti di architetti. Oggi, però, anche nel design l’offerta si è fatta ricca e sempre più di qualità. Sugli scaffali dedicati non compaiono più soltanto quei malinconici volumi di decorazione che, invece di far immaginare città e case più desiderabili, finivano per generare una strana depressione.

Accanto agli editori più affermati, che iniziano a guardare al design, alla grafica e alla moda come temi di attualità, una nouvelle vague di editori indipendenti – internazionali, da Valiz a Spector, Onomatopee, Set Margins, ma anche italiani, come Mousse, Nero, Humboldt, bruno, Krisis Publishing, Letteraventidue, Johan+Levi, Lazy Dog, tra gli altri — che non esita a spingersi oltre i sentieri battuti, esplorando territori inediti, lanciando saggi corrosivi, manifesti sovversivi, monografie di designer emergenti o “libri d’artista” dai formati più sperimentali. Parallelamente, i grandi musei scoprono che le esposizioni di design e moda attirano un pubblico sempre più vasto e ne prolungano l’esperienza con cataloghi illustrati sempre più generosi. La scelta, ormai, è davvero ampia.

Quale criterio adottare, allora, per la nostra selezione? Forse quello dei libri che restano. Perché, al di là dell’effervescenza – indispensabile per portare aria fresca nella cultura del progetto – sono ancora pochi i volumi che superano la prova del tempo e si impongono come libri che non solo si desidera acquistare e regalare, ma anche conservare.

Colomina, Wigley, We the Bacteria, Notes Toward Biotic Architecture, Lars Müller, 2025

“Microbes invented architecture”: da questo statement prendono le mosse, con la loro inesauribile verve critica, Beatriz Colomina e Mark Wigley. Presentato in anteprima sotto forma di esposizione durante l’ultima Triennale di Milano, (Inequalities, 2025), il loro nuovo volume, We the Bacteria. Notes Toward Biotic Architecture, rappresenta nella forma e nel contenuto il seguito ideale dell’ormai mitico Are We Human? Notes on an Archaeology of Design (Lars Müller, 2016) e prosegue nella stessa direzione: una riflessione radicale sull’origine dell’architettura. Invertendo la prospettiva tradizionale, gli autori partono dall’osservazione dell’interno del corpo umano, “dall’architettura intestinale dei microbi », che permette di vedere l’ambiente costruito dall’uomo in modo diverso, come se fosse la prima volta”. Da questa premessa, tutta la storia dell’architettura (e dell’umanità, dalla preistoria fino alla pandemia di Covid-19) si rivela sotto una nuova luce . “I microbi sono gli architetti, i costruttori, gli addetti alla manutenzione e gli abitanti della biosfera e di ogni forma di vita in essa presente – compresi gli esseri umani”. Elogio del mondo batterico, ingiustamente bistrattato? corrosiva critica all’antropocentrismo? Soprattutto un trattato magistrale sull’architettura, intesa non più come costruzione di edifici, bensì come organizzazione del microbioma. Epocale.

Ordinary Beauty. An Italian Scenario, a cura di Associates Architecture, Caryatide, 2025

Si sfoglia come un libro di fotografia e si legge come un romanzo. L’opposizione tra bellezza e ordinario è il punto di partenza che Ordinary Beauty. An Italian Scenario, a cura di Associates Architecture ribalta con decisione. Il volume mostra come ciò che è quotidiano, spesso percepito come neutro o banale, può diventare un luogo autentico di qualità architettonica. Dando visibilità alla nuova generazione di progettisti italiani – da Babau Bureau a Studio Ossidiana, da a25architetti a Motu, da Supervoid a (Ab)normal – il libro assume l’ordinario come materia prima, “immaginando prima un nuovo modo di vivere, poi progettando gli spazi che ospiteranno quella nuova vita”. In questo gesto, la bellezza non è più eccezione, ma responsabilità: una presenza discreta che emerge dal modo in cui l’architettura accompagna la vita quotidiana. Ordinary Beauty rivela così il potere trasformativo di ciò che avevamo già sotto gli occhi.

Gio Ponti. More than One: Critic, Editor, Graphic Artist, Architect, Product Designer, a cura di Manfredo di Robilant e Manuel Orazi, Lars Müller, 2025

Gio Ponti a tutto tondo: critico, editore, grafico e illustratore, architetto e designer. Come un poliedrico artista del Rinascimento, ma risolutamente moderno. Negli ultimi anni le pubblicazioni su questo maestro, che ha attraversato il secolo breve, si sono moltiplicate. La sua riscoperta non fa che cominciare. Ma questo volume, pubblicato in inglese da Lars Müller e curato da Manfredo di Robilant e Manuel Orazi, si imporrà come un riferimento fondamentale per la qualità dei testi che ne affrontano le molteplici sfaccettature della personalità e dell’opera, e per la ricchezza della documentazione iconografica. Carismatico e riservato, Gio Ponti appare come un instancabile ricercatore della forma, di un design che non è solo confort ma conforto. Un libro allo stesso tempo luminoso e illuminato. 

Amancio Williams: AP205, Readings of the Archive, Canadian Centre for Architecture / Spector Books, 2024

Sempre di più il mondo guarda verso il Sud. Anche l’architettura. E l’argentino Amancio Williams (1913‒1989) si pone come una figura centrale dell’architettura moderna latino-americana. Visionario, radicale, politicamente impegnato, nella sua lunga carriera Williams ha realizzato pochi progetti, come la Casa sobre el Arroyo (1943-1946) a Mar del Plata, concepita come un blocco di cemento posato sopra un arco sospeso su un corso d’acqua. Il libro che il CCA Canadian Centre for Architecture di Montreal dedica a Williams ne svela l’archivio, donato all’istituzione nel 2020: disegni, fotografie, corrispondenze e modelli sono presentati “out of the box”, in tre sezioni commentate da tre curatori ospiti – Studio Muoto, Claudia Shmidt e Pezo von Ellrichshausen - le cui prospettive complementari intrecciano storia, pratica progettuale e riflessione critica. Una costellazione di frammenti che abbozzano il ritratto di un progettista fuori dagli schemi, complesso e ancora sorprendentemente contemporaneo.

Archigram: The Magazine, Distributed Art Publishers (D.A.P.) / Designers & Books, 2025

Non è un semplice revival, è un’esplosione. Il cofanetto, prodotto da D.A.P., si apre come uno scrigno, per rivelare un vero e proprio tesoro gli amanti dell’architettura, del design e della cultura pop: all’interno i facsimili dei dieci numeri originali della rivista Archigram – dal folgorante debutto del 1961 all’ultimo, 9½, del 1974 – restituiscono intatta la loro carica sovversiva: flyer, inserti pieghevoli, tasche, poster, un pop-up centerfold, gatefolds e persino un resistore elettronico, tutto riprodotto con rigore filologico. A completare il tutto, un Reader’s Guide firmato da Thomas Evans e Steve Kroeter e una costellazione di testi di figure come Tadao Ando, Mike Davies, Odile Decq, Norman Foster e Kenneth Frampton. È un vero detonatore che riattiva l’energia del collettivo londinese (composto da Warren Chalk, Peter Cook, Dennis Crompton, Ron Herron, David Greene e Michael Webb) capace di riscrivere l’immaginario architettonico in una spregiudicata contaminazione tra iconologia pop, civiltà delle macchine, sperimentazione artistica, fumetti, psichedelia e fantascienza. Un archivio inestimabile che ancora oggi irradia la vibrazione elettrica di un’epoca in piena trasformazione. Refreshing.

Frederick Kiesler, Magic Architecture: The Story of Human Housing, a cura di Spyros Papapetros e Gerd Zillner. The MIT Press, 2025

Magic Architecture, il leggendario manoscritto dell’architetto austro-americano Frederick Kiesler (1890-1965), vede finalmente la luce ! Completato nel secondo dopoguerra come un audace trattato vitruviano e accompagnato da un ricco apparato iconografico, il libro era rimasto inedito. Oggi MIT Press, grazie al lavoro editoriale di Spyros Papapetros (Princeton) e Gerd Zillner (Frederick and Lillian Kiesler Private Foundation, Vienna), lo restituisce in un’edizione critica che ne rispetta il formato originario e ne rivela le pieghe più visionarie. Kiesler ricostruisce l’evoluzione dell’abitare umano dalle origini all’era nucleare, mettendo in relazione le tecniche costruttive di uomini e animali. Da questo confronto prende forma la sua idea di “magic architecture”: un’architettura universale, sospesa tra sogno e realtà, concepita per affrontare le condizioni critiche dell’esistenza nel dopoguerra. La riflessione sull’impatto della tecnologia moderna, intrecciata a un’epistemologia alternativa che guarda alle pratiche “magiche” delle prime immagini rupestri e degli artefatti protostorici, evidenzia un approccio decisamente visionario con cui rilegge i rapporti tra arte, architettura e design. Non sorprende che sia ricordato per aver trasformato il motto modernista: non più form follows function, ma form follows vision. 

Béatrice Grenier, Architecture for Culture: Rethinking Museums. Rizzoli International Publications, 2025

Il museo non è uno spazio separato dal mondo. In un’epoca instabile, assume sempre maggiore rilievo, non tanto come custode di un patrimonio culturale e identitario, quanto come luogo vivo di educazione, sperimentazione, dialogo e conoscenza. Il volume di Béatrice Grénier, curatrice alla Fondation Cartier e contributor di Domus, mette in luce l’urgenza di questo cantiere culturale, ponendo al centro il rapporto tra architettura e spazio urbano. Attraverso una rilettura di casi storici e realizzazioni contemporanee, Architecture for Culture mostra come l’architettura possa trasformare il museo in un dispositivo enciclopedico alternativo, capace di interrogare la dicotomia tra urbano e selvatico e di favorire una democratizzazione basata sull’integrazione delle tecnologie come forme di conoscenza. In questa prospettiva, il museo si rivela laboratorio critico di sperimentazione architettonica e spazio essenziale per immaginare non solo il futuro della città ma della società.

Valentina Tanni, Antimacchine. Mancare di rispetto alla tecnologia. Einaudi, 2025

Valentina Tanni ci ha abituati a testi che deviano dalle traiettorie consuete e che aprono prospettive inedite sul nostro mondo digitale. Questa nuova opera, pubblicata da Einaudi Maverick (una collana che porta decisamente bene il suo nome), è una lettura necessaria in un momento in cui siamo sempre più soggiogati dalle tecnologie, incollati agli smartphone e dipendenti dai computer. È un invito salutare, brillante, documentato, ironico e iconico a usare la tecnologia in modo anarchico, a “mancarle di rispetto”: smontarla, manipolarla, personalizzarla, travisarla, trasformandola in un terreno espressivo, ludico e politico. In questo gioco liberatorio, è il concetto stesso di scopo a dissolversi, ribaltando l’idea che la tecnologia (e dunque anche il design) debba limitarsi a risolvere problemi. Un libro insieme sovversivo e saggio.

Slow Technology Reader: A Tool for Shaping Divergent Futures, a cura di Carolyn F. Strauss, Valiz, 2025

Pensato come un’antologia, densa di contributi, il nuovo libro pubblicato dalla dinamica casa editrice olandese Valiz, sempre all’avanguardia sui temi di attualità, apre una prospettiva radicale sul digitale, ponendo la lentezza al centro del pensiero tecnologico. Tra arte, speculazione e riflessione critica, il volume esplora strumenti e pratiche che resistono al tempo, saperi non occidentali, ecologici, femministi, queer, indigeni e persino non-umani. In un mondo dominato dall’accelerazione digitale, questo volume invita a rallentare, ripensare e abitare la tecnologia in modi più giusti, in cui convergono convivialità, cooperazione e contemplazione. Un manifesto per una tecnologia più lenta, più consapevole e più libera, capace di immaginare futuri equi e aperti a possibilità fino ad ora trascurate. Una lettura tonificante, persino terapeutica.

Deyan Sudjic, Shiro Kuramata. Phaidon Press, 2025

Shiro Kuramata (1934–1991) come non l’abbiamo mai visto. Questa nuova edizione aggiornata della monografia curata da Deyan Sudjic, ex direttore del Design Museum di Londra, della Biennale di Architettura di Venezia (2002) e di Domus, raccoglie l’intera opera del celebre designer giapponese in un elegante cofanetto in acrilico. Dai fiori artificiali e resina della mitica poltrona Miss Blanche (1988), che trasforma l’arredo in poesia tangibile unendo leggerezza visiva e funzionalità concreta, alla seduta in rete metallica How High the Moon (1985), ogni oggetto testimonia l’audacia, l’ironia e la poesia radicale di Kuramata. Un volume da collezione per designer e non solo, che mostra come il design possa essere al contempo arte, invenzione e sfida alle convenzioni.

Georges Perec, L’infra-ordinario (Quodlibet, 2023), Pensare/Classificare (Quodlibet, 2024)

Aggiungiamo un undicesimo suggerimento, permettendoci una deviazione e passando alla letteratura. Da qualche anno Quodlibet si sta impegnando a pubblicare lo scrittore francese Georges Perec (1936-1982), instancabile sperimentatore di forme e formati. Per chi si occupa di design e architettura, Perec è una lettura indispensabile: i suoi esercizi di osservazione sugli spazi domestici e urbani, la sua passione quasi ossessiva per la catalogazione di cose e gesti che compongono il quotidiano (Pensare/Classificare, Quodlibet, 2024) – quelle dinamiche effimere e quelle sedimentazioni materiali che costituiscono L’infra-ordinario (Quodlibet, 2023) – compongono un vero repertorio di metodi e di analisi, che permette di vedere in modo più lucido, ma anche più ludico, il mondo in cui viviamo.

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