Secondo il New York Times e l’Oxford English Dictionary, la parola che ha definito il 2025 è stata “rage bait”: contenuti online progettati per scatenare rabbia e polarizzazione. Per il Cambridge Dictionary è “parasociale”, in riferimento alle relazioni sempre più ravvicinate – e spesso tossiche – tra star e pubblico. In Italia, per la Treccani, la parola dell’anno è “fiducia”.
Tre definizioni diverse, ma un’impressione comune: il 2025 è stato attraversato da una diffusa sensazione di smarrimento online. I contenuti sono troppi, gli stimoli continui, mentre gli strumenti per orientarsi e selezionare restano pochi.
In questo scenario, rileggere diventa un atto quasi controcorrente. Non per nostalgia, ma per orientarsi. Perché se il 2025 è stato l’anno dei contenuti progettati per scatenare reazioni immediate, Domus ha continuato a fare quello che fa da sempre: costruire storie che non chiedono di essere consumate rapidamente.
Questa selezione di venti articoli, sui quali soffermarsi per la prima volta oppure da rileggere durante le feste, nasce così: come una pausa nel flusso. È un invito a tornare su architetture che non esistono più e su altre che resistono nel tempo; su città reali e su quelle, inquietanti, del crimine digitale; su oggetti umili e arredi che hanno fatto la storia del Novecento. C’è il desiderio nelle scenografie di Luca Guadagnino, c’è l’intimità deformata dei feed di Instagram, ci sono i luoghi “magici” che diventano realtà come quelli di Elmgreen & Dragset e altri che sono rimasti solo nell'immaginazione dei loro progettisti.
E c’è una domanda che attraversa tutto l’anno: che cosa significa oggi progettare – uno spazio, un oggetto, persino un volto – in un mondo che corre più veloce della nostra capacità di capirlo?
L’altro negozio di Carlo Scarpa: la rinascita di un progetto dimenticato, a Bologna
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Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Carlo Scarpa, Negozio Gavina, Via Altabella, Bologna, 1961-1963
Foto Guido De Vincentis
Tutti conoscono il celebre negozio Olivetti di Carlo Scarpa in Piazza San Marco. Ma pochi sanno che, nel 1961, l’architetto collaborò anche con Dino Gavina a un altro punto vendita, meno noto ma altrettanto affascinante. Siamo tornati a visitarlo oggi, dopo il restauro e la riapertura. Continua a leggere
I più celebri stadi che non ci sono più
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Arsenal Stadium, Highbury, Londra
Si dice che gli inglesi abbiano inventato il calcio. Inevitabilmente, sono stati anche tra i primi a codificare gli standard per lo stadio moderno. Tra i nomi di riferimento c’è quello dell’architetto scozzese Archibald Leitch, i cui impianti progettati tra fine ‘800 e la prima metà del ‘900, hanno segnato la storia dell’architettura sportiva britannica. Tra questi figurano i progetti originari di stadi leggendari come Craven Cottage (Fulham), Anfield (Liverpool), Goodison Park (Everton), Molineux (Wolverhampton Wanderers), Villa Park (Aston Villa), White Hart Lane (Tottenham Hotspurs), Stamford Bridge (Chelsea) e decine d’altri. Diversi sono anche i progetti perduti, come il West Ham Stadium di Londra, demolito nel 1972, e utilizzato in virtù della pianta ellittica con pista – inusuale per gli standard britannici – anche per corse di levrieri e speedway.
Tra i suoi progetti figura anche l’Arsenal Stadium, meglio noto come Highbury. Inizialmente edificato nel 1913, lo stadio ha visto avvicendarsi varie ristrutturazioni e ampliamenti, come quella che negli anni ‘30 lo dotò della sua celebre e inconfondibile facciata in stile Art Deco. Dopo il trasferimento del club nel nuovo Emirates Stadium a partire dalla stagione 2006-07, lo stadio è stato riconvertito in Highbury Garden, un complesso residenziale, con il vecchio campo da gioco a fare da coorte in erba. La condizione di listed building dello stadio, ha fatto sì che ne venisse conservato il corpo delle due tribune, mentre le altrettanto amate North Bank e Clock End, con il suo celebre orologio, sono oggi completamente perdute.
Foto CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Stadio Flaminio, Roma
Pier Luigi Nervi è stato uno degli esponenti di riferimento delle architetture strutturali nell’Italia del boom economico, con progetti di portata storica come il complesso di Torino Esposizioni, l’Aula delle Udienze in Vaticano e il Pirellone di Milano con Gio Ponti.
Lo sport ha rappresentato un altro importante ambito d’azione per l’ingegnere e architetto lombardo. Suo lo Stadio Artemio Franchi di Firenze e anche lo Stadio Flaminio di Roma. Quest’ultimo, inaugurato nel 1959 e progettato insieme al figlio, architetto, Antonio, poteva ospitare circa 50.000 spettatori e comprendeva anche quattro palestre, una piscina, bar, spogliatoi, pronto soccorso, completati da impianti all’avanguardia.
Il Flaminio si collocava al centro del principale nucleo di edifici pensati per le Olimpiadi di Roma del 1960. L’impianto incarna tutta l’eleganza e il dinamismo dello spirito modernista del tempo, soprattutto nella copertura della tribuna centrale.
Oltre ad avere ospitato in più stagioni le partite di Roma e Lazio, negli anni il Flaminio ha ospitato le gare della nazionale italiana di Rugby fino al 2011, anno da cui verte in stato di abbandono e degrado. Nel 2017 lo stadio è stato posto sotto vincolo, un primo segnale positivo a cui ci si auspica seguirà un opportuno restauro prima che la struttura risulti irrecuperabile.
De Meer Stadion, Amsterdam
Ad Amsterdam il calcio ruota attorno a un grande totem laico: Johann Cruijff, che dal 2018 – anno della scomparsa del bomber olandese – dà anche il nome all’Amsterdam Arena. Prima del moderno impianto a pianta ellittica, la casa dell’Ajax era il De Meer Stadion, a sua volta già sostituto del più antico Het Houten Stadion, demolito nel 1935.
Il De Meer fu il teatro delle imprese dell’Ajax di Cruijff, quello del calcio totale plasmato da Rinus Michel che rese l’Olanda della prima metà dei ‘70 “l’arancia meccanica” del pallone.
Chiuso nel 1996 perché la sua capienza di 19.600 spettatori non era più funzionale alle necessità del club, il De Meer fu presto demolito diventando uno dei più illustri teatri perduti della storia del calcio.
Stadio Silvio Appiani, Padova
L’Appiani, casa del Padova dal 1924 al 1994, è stato uno tra gli impianti più affascinanti nella storia del calcio italiano. Ribattezzato anche ‘fossa dei leoni’ per la condizione di bolgia dettata dalla vicinanza delle tribune al rettangolo di gioco, il carattere dello stadio era dettato dalla vista del campanile della Chiesa della Misericordia e dell’attiguo monastero. Un elemento folkloristicamente italiano che, però, trovava un peculiare contrasto nella tribuna coronata da un gable all’inglese, un timpano triangolare in legno successivamente rimosso e oggi perduto.
La storia dell’Appiani, non demolito ma tristemente inutilizzato, è una più profonda storia sul significato sociale che uno stadio può incarnare per la comunità. L’Euganeo, lo stadio in cui le gare dei biancorossi sono state destinate dal 1994, è infatti inviso ai tifosi, che lo reputano dispersivo e estraneo alla storia del club. Per non parlare dei continui problemi strutturali e burocratici al limite del grottesco – anch’essi quintessenzialmente italiani. Nelle ultime stagioni, la Curva Sud è infatti rimasta chiusa al pubblico, perché sottoposta a sequestro giudiziario in seguito ad una serie di indagini inerenti i lavori di ristrutturazione.
Foto dal libro Nella fossa dei leoni. Lo stadio Appiani di Padova nel ricordo e nei ricordi dei tanti ex giocatori biancoscudati, pag. 243, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons
Griffin Park, Londra
Ci sono stadi perduti sicuramente più importanti in quanto a blasone sportivo di Griffin Park, la vecchia casa del Brentford, Londra ovest. Eppure l’impianto – denominato Fortress Griffin Park, fortezza, perché teatro della più lunga striscia di vittorie casalinghe consecutive di un club inglese (21, stagione 1929/30) – ha lasciato un segno oltre il solo elemento architettonico. Griffin Park è infatti detentore di un altro record: quello di unico stadio al mondo con un pub ad ogni angolo. Un fattore dettato anche dalla sua vicinanza con il birrificio Fuller’s, il cui caratteristico grifone dà anche il nome allo stadio.
L’impianto è stato demolito nel 2021, solo pochi anni dopo l'acquisizione della storica brewery dal gruppo giapponese Asahi.
Quella di Griffin Park è dunque una più profonda storia che, ancora una volta, mette in luce il ruolo del calcio come specchio di lettura dell'evoluzione del tessuto sociale e urbano di una città. Una storia in parte analoga a un altro stadio, il Moretti di Udine, demolito nel 1998 e che prendeva il suo nome dall’omonimo birrificio friulano. Un’altra sua medaglia? Essere apparso come location ne L’allenatore nel pallone, pellicola cult del 1984 con Lino Banfi.
Courtesy en.namu.wiki
Arena da Amazônia, Manaus
Non tutti gli stadi perduti o abbandonati sono storici. Un altro tema centrale al discorso dell’architettura sportiva è quello dei cosiddetti white elephant, edifici molto costosi da edificare e mantenere ma pressoché inutilizzati. Ne sono esempi calzanti diversi stadi eretti in occasione della Coppa del Mondo brasiliana del 2014. Tra questi, c’è l’Arena da Amazonia a Manaus, costata oltre i 200 milioni di dollari e oggi, a poco più di un decennio dal mondiale, in stato di abbandono e degrado. Tra le cause principali di inutilizzo figura l’assenza di club locali con un bacino di utenza sufficiente a garantire l’affluenza.
Per rientrare parzialmente nei costi di mantenimento, lo stadio viene però utilizzato per ospitare ricevimenti nuziali. A suo modo, una forma di riconversione.
Foto di Governo do Brasil - Portal da Copa, CC BY 3.0 br, via Wikimedia Commons
Estadio Pocitos, Montevideo
A proposito di mondiali. La prima rete nella storia della competizione Fifa è stata messa a segno nel 1930 dal francese Lucien Laurent contro il Messico in questo stadio. L’Estadio Pocitos di Montevideo, Uruguay, casa del Club Atletico Peñarol, viene considerato uno degli impianti più influenti nella storia dell’architettura sportiva, con le sue gradinate ellittiche ispirate ai teatri dell’antica Grecia, precorritrici di un modello di stadio diventato poi globale. Dismesso nel 1933, fu abbattuto già nel 1940 a causa dell’impossibilità di estenderne la capienza a causa dell’alta densità urbana di Montevideo. Questo ne fa un interessante caso studio di una problematica tuttora attuale – come testimoniato dal dibattito su San Siro.
Foto por https://cdf.montevideo.gub.uy/catalogo/foto/03079fmhge, Dominio público, via Wikimedia Commons
Arsenal Stadium, Highbury, Londra
Si dice che gli inglesi abbiano inventato il calcio. Inevitabilmente, sono stati anche tra i primi a codificare gli standard per lo stadio moderno. Tra i nomi di riferimento c’è quello dell’architetto scozzese Archibald Leitch, i cui impianti progettati tra fine ‘800 e la prima metà del ‘900, hanno segnato la storia dell’architettura sportiva britannica. Tra questi figurano i progetti originari di stadi leggendari come Craven Cottage (Fulham), Anfield (Liverpool), Goodison Park (Everton), Molineux (Wolverhampton Wanderers), Villa Park (Aston Villa), White Hart Lane (Tottenham Hotspurs), Stamford Bridge (Chelsea) e decine d’altri. Diversi sono anche i progetti perduti, come il West Ham Stadium di Londra, demolito nel 1972, e utilizzato in virtù della pianta ellittica con pista – inusuale per gli standard britannici – anche per corse di levrieri e speedway.
Tra i suoi progetti figura anche l’Arsenal Stadium, meglio noto come Highbury. Inizialmente edificato nel 1913, lo stadio ha visto avvicendarsi varie ristrutturazioni e ampliamenti, come quella che negli anni ‘30 lo dotò della sua celebre e inconfondibile facciata in stile Art Deco. Dopo il trasferimento del club nel nuovo Emirates Stadium a partire dalla stagione 2006-07, lo stadio è stato riconvertito in Highbury Garden, un complesso residenziale, con il vecchio campo da gioco a fare da coorte in erba. La condizione di listed building dello stadio, ha fatto sì che ne venisse conservato il corpo delle due tribune, mentre le altrettanto amate North Bank e Clock End, con il suo celebre orologio, sono oggi completamente perdute.
Foto CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Stadio Flaminio, Roma
Pier Luigi Nervi è stato uno degli esponenti di riferimento delle architetture strutturali nell’Italia del boom economico, con progetti di portata storica come il complesso di Torino Esposizioni, l’Aula delle Udienze in Vaticano e il Pirellone di Milano con Gio Ponti.
Lo sport ha rappresentato un altro importante ambito d’azione per l’ingegnere e architetto lombardo. Suo lo Stadio Artemio Franchi di Firenze e anche lo Stadio Flaminio di Roma. Quest’ultimo, inaugurato nel 1959 e progettato insieme al figlio, architetto, Antonio, poteva ospitare circa 50.000 spettatori e comprendeva anche quattro palestre, una piscina, bar, spogliatoi, pronto soccorso, completati da impianti all’avanguardia.
Il Flaminio si collocava al centro del principale nucleo di edifici pensati per le Olimpiadi di Roma del 1960. L’impianto incarna tutta l’eleganza e il dinamismo dello spirito modernista del tempo, soprattutto nella copertura della tribuna centrale.
Oltre ad avere ospitato in più stagioni le partite di Roma e Lazio, negli anni il Flaminio ha ospitato le gare della nazionale italiana di Rugby fino al 2011, anno da cui verte in stato di abbandono e degrado. Nel 2017 lo stadio è stato posto sotto vincolo, un primo segnale positivo a cui ci si auspica seguirà un opportuno restauro prima che la struttura risulti irrecuperabile.
De Meer Stadion, Amsterdam
Ad Amsterdam il calcio ruota attorno a un grande totem laico: Johann Cruijff, che dal 2018 – anno della scomparsa del bomber olandese – dà anche il nome all’Amsterdam Arena. Prima del moderno impianto a pianta ellittica, la casa dell’Ajax era il De Meer Stadion, a sua volta già sostituto del più antico Het Houten Stadion, demolito nel 1935.
Il De Meer fu il teatro delle imprese dell’Ajax di Cruijff, quello del calcio totale plasmato da Rinus Michel che rese l’Olanda della prima metà dei ‘70 “l’arancia meccanica” del pallone.
Chiuso nel 1996 perché la sua capienza di 19.600 spettatori non era più funzionale alle necessità del club, il De Meer fu presto demolito diventando uno dei più illustri teatri perduti della storia del calcio.
Stadio Silvio Appiani, Padova
L’Appiani, casa del Padova dal 1924 al 1994, è stato uno tra gli impianti più affascinanti nella storia del calcio italiano. Ribattezzato anche ‘fossa dei leoni’ per la condizione di bolgia dettata dalla vicinanza delle tribune al rettangolo di gioco, il carattere dello stadio era dettato dalla vista del campanile della Chiesa della Misericordia e dell’attiguo monastero. Un elemento folkloristicamente italiano che, però, trovava un peculiare contrasto nella tribuna coronata da un gable all’inglese, un timpano triangolare in legno successivamente rimosso e oggi perduto.
La storia dell’Appiani, non demolito ma tristemente inutilizzato, è una più profonda storia sul significato sociale che uno stadio può incarnare per la comunità. L’Euganeo, lo stadio in cui le gare dei biancorossi sono state destinate dal 1994, è infatti inviso ai tifosi, che lo reputano dispersivo e estraneo alla storia del club. Per non parlare dei continui problemi strutturali e burocratici al limite del grottesco – anch’essi quintessenzialmente italiani. Nelle ultime stagioni, la Curva Sud è infatti rimasta chiusa al pubblico, perché sottoposta a sequestro giudiziario in seguito ad una serie di indagini inerenti i lavori di ristrutturazione.
Foto dal libro Nella fossa dei leoni. Lo stadio Appiani di Padova nel ricordo e nei ricordi dei tanti ex giocatori biancoscudati, pag. 243, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons
Griffin Park, Londra
Ci sono stadi perduti sicuramente più importanti in quanto a blasone sportivo di Griffin Park, la vecchia casa del Brentford, Londra ovest. Eppure l’impianto – denominato Fortress Griffin Park, fortezza, perché teatro della più lunga striscia di vittorie casalinghe consecutive di un club inglese (21, stagione 1929/30) – ha lasciato un segno oltre il solo elemento architettonico. Griffin Park è infatti detentore di un altro record: quello di unico stadio al mondo con un pub ad ogni angolo. Un fattore dettato anche dalla sua vicinanza con il birrificio Fuller’s, il cui caratteristico grifone dà anche il nome allo stadio.
L’impianto è stato demolito nel 2021, solo pochi anni dopo l'acquisizione della storica brewery dal gruppo giapponese Asahi.
Quella di Griffin Park è dunque una più profonda storia che, ancora una volta, mette in luce il ruolo del calcio come specchio di lettura dell'evoluzione del tessuto sociale e urbano di una città. Una storia in parte analoga a un altro stadio, il Moretti di Udine, demolito nel 1998 e che prendeva il suo nome dall’omonimo birrificio friulano. Un’altra sua medaglia? Essere apparso come location ne L’allenatore nel pallone, pellicola cult del 1984 con Lino Banfi.
Courtesy en.namu.wiki
Arena da Amazônia, Manaus
Non tutti gli stadi perduti o abbandonati sono storici. Un altro tema centrale al discorso dell’architettura sportiva è quello dei cosiddetti white elephant, edifici molto costosi da edificare e mantenere ma pressoché inutilizzati. Ne sono esempi calzanti diversi stadi eretti in occasione della Coppa del Mondo brasiliana del 2014. Tra questi, c’è l’Arena da Amazonia a Manaus, costata oltre i 200 milioni di dollari e oggi, a poco più di un decennio dal mondiale, in stato di abbandono e degrado. Tra le cause principali di inutilizzo figura l’assenza di club locali con un bacino di utenza sufficiente a garantire l’affluenza.
Per rientrare parzialmente nei costi di mantenimento, lo stadio viene però utilizzato per ospitare ricevimenti nuziali. A suo modo, una forma di riconversione.
Foto di Governo do Brasil - Portal da Copa, CC BY 3.0 br, via Wikimedia Commons
Estadio Pocitos, Montevideo
A proposito di mondiali. La prima rete nella storia della competizione Fifa è stata messa a segno nel 1930 dal francese Lucien Laurent contro il Messico in questo stadio. L’Estadio Pocitos di Montevideo, Uruguay, casa del Club Atletico Peñarol, viene considerato uno degli impianti più influenti nella storia dell’architettura sportiva, con le sue gradinate ellittiche ispirate ai teatri dell’antica Grecia, precorritrici di un modello di stadio diventato poi globale. Dismesso nel 1933, fu abbattuto già nel 1940 a causa dell’impossibilità di estenderne la capienza a causa dell’alta densità urbana di Montevideo. Questo ne fa un interessante caso studio di una problematica tuttora attuale – come testimoniato dal dibattito su San Siro.
Foto por https://cdf.montevideo.gub.uy/catalogo/foto/03079fmhge, Dominio público, via Wikimedia Commons
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Sulle tracce di Yves Saint Laurent in Marocco: tutti i luoghi di una storia d’amore
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Il grattacielo di Frank Lloyd Wright è ancora il più alto del mondo, anche se non l’hanno mai costruito
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
Render di David Romero
© David Romero
Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
Render di David Romero
© David Romero
Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
Render di David Romero
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Frank Lloyd Wright, progetto per The Illinois, Chicago, 1956
Render di David Romero
© David Romero
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10 architetture milanesi imperdibili che non troverai sul New York Times
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1. Biblioteca Pinacoteca Accademia Ambrosiana, Francesco Maria Richini, Fabio Mangone e Giacomo Moraglia, 1609
Piazza Pio XI, 2, Milano, Italia
Courtesy Wikimedia Commons
2. Grattacielo Pirelli, Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, Alberto Rosselli, Egidio Dell'Orto, Antonio Fornaroli, Giuseppe Valtolina, 1956-1960
Via Fabio Filzi, 22, Piazza Duca d'Aosta, 5-7A, Milano, Italia
Foto Stefano Bertolotti da Flickr
3. I grattacieli di Citylife, Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Bjarke Ingels, 2015-in corso
Piazza Tre Torri, Citylife, Municipio 8, Milano, Italia
Courtesy Wikimedia Commons
4. Piscina Guido Romano, Luigi Lorenzo Secchi, 1929
Via Giuseppe Zanoia, 2, Milano, Italia
Foto omnia_mutantur da Flickr
5. Il Monte Stella e il Qt8, Piero Bottoni, 1947
Municipio 8, Milano, Italia
Foto Francesco Secchi (2022)
5. Il Monte Stella e il Qt8, Piero Bottoni, 1947
Municipio 8, Milano, Italia
Foto Francesco Secchi (2022)
6. Casa a tre cilindri, Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, 1959-1962
Via Gavirate, 27, Milano, Italia
Foto Marco Menghi
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
8. Istituto Marchiondi Spagliardi, Vittoriano Viganò, 1957
Via Noale 1, Milano, Italia
Foto Alberto Trentanni da Flickr
9. Chiesa di San Giovanni in Bono, Arrigo Arrighetti, 1968
Via S. Paolino, 20, Milano, Italia
Foto Alberto Trentanni da Flickr
1. Biblioteca Pinacoteca Accademia Ambrosiana, Francesco Maria Richini, Fabio Mangone e Giacomo Moraglia, 1609
Piazza Pio XI, 2, Milano, Italia
Courtesy Wikimedia Commons
2. Grattacielo Pirelli, Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, Alberto Rosselli, Egidio Dell'Orto, Antonio Fornaroli, Giuseppe Valtolina, 1956-1960
Via Fabio Filzi, 22, Piazza Duca d'Aosta, 5-7A, Milano, Italia
Foto Stefano Bertolotti da Flickr
3. I grattacieli di Citylife, Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Bjarke Ingels, 2015-in corso
Piazza Tre Torri, Citylife, Municipio 8, Milano, Italia
Courtesy Wikimedia Commons
4. Piscina Guido Romano, Luigi Lorenzo Secchi, 1929
Via Giuseppe Zanoia, 2, Milano, Italia
Foto omnia_mutantur da Flickr
5. Il Monte Stella e il Qt8, Piero Bottoni, 1947
Municipio 8, Milano, Italia
Foto Francesco Secchi (2022)
5. Il Monte Stella e il Qt8, Piero Bottoni, 1947
Municipio 8, Milano, Italia
Foto Francesco Secchi (2022)
6. Casa a tre cilindri, Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, 1959-1962
Via Gavirate, 27, Milano, Italia
Foto Marco Menghi
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese, Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia
Foto Carlo Fumarola
8. Istituto Marchiondi Spagliardi, Vittoriano Viganò, 1957
Via Noale 1, Milano, Italia
Foto Alberto Trentanni da Flickr
9. Chiesa di San Giovanni in Bono, Arrigo Arrighetti, 1968
Via S. Paolino, 20, Milano, Italia
Foto Alberto Trentanni da Flickr
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Abbiamo incontrato l’architetto e designer, che ha 90 anni. Ecco sette aforismi e riflessioni che raccontano una vita che ha attraversato la storia del design italiano, sempre con leggerezza e profondità. Continua a leggere
Elizabeth Diller, dalla High Line alla città del futuro: “L’architettura è troppo lenta”
Diller Scofidio + Renfro è uno dgli studi che più di ogni altro ha trasformato l'immagine della città contemporanea. Abbiamo incontrato l'architetta americana, tra visioni future e una grossa critica sull'architettura di oggi. Continua a leggere
Scoprire Milano a piedi: le architetture di Porta Venezia
Domus ti accompagna in una passeggiata alla scoperta di Porta Venezia, raccontandone l’evoluzione dal Lazzaretto cinquecentesco a un quartiere costellato di architetture razionaliste di culto. Continua a leggere
Gae Aulenti ha cambiato l’architettura del ‘900 e questi 8 progetti lo raccontano
Un grande libro esce dopo una mostra retrospettiva per raccontare “La Gae”, e in otto lavori tra scala urbana e product design Domus traccia un ritratto di quell’architetta leggendaria che “non voleva essere specialista di qualcosa”. Continua a leggere
Elmgreen & Dragset: 20 anni di Prada Marfa: “Abbiamo ancora bisogno di luoghi magici”
I due artisti raccontano a Domus come la celebre installazione d’arte pubblica in Texas continui a vivere al di là delle loro intenzioni, e di come questo l’abbia resa l’opera popolare e amata che è oggi. Continua a leggere
La galleria d’arte che ha la sua sede in un furgone a noleggio
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Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025
Images Courtesy of U-Haul Gallery
“A 29,90 dollari al giorno, un furgoncino è l'immobile meno costoso di New York”: James Sundquist e Jack Chas sono i fondatori di The U-Haul Gallery, un progetto che sta ridefinendo il modo di esporre l’arte, e che arriva al Frieze di Londra. Continua a leggere
Creare con l’Ai ci fa sentire in colpa. Perché?
L’intelligenza artificiale sta entrando nelle nostre vite, ma con lei arriva anche un fardello psicologico: il “senso di colpa da AI”, una sorta di sindrome dell’impostore aggiornata ai nostri giorni. Continua a leggere
La casa degli Eames riapre dopo gli incendi di L.A.: “Questa casa insegna l’umiltà agli architetti”
Domus ha incontrato Eames Demetrios e Adrienne Luce della Eames Foundation per riscoprire come questa “icona anti-iconica” del California Modern stia ispirando anche il futuro per una città in ripresa, in un modo diverso da quello che vi aspettereste. Continua a leggere
Senza lo stadio di Zaha Hadid a Tokyo, non ci sarebbe mai stata la Sympathy Tower
Una Tokyo sospesa tra realtà e finzione, “nè empatica né coraggiosa”, dove una nuova torre riflette l’eredità di Zaha Hadid. Un romanzo visionario, che ha vinto il più prestigioso premio letterario giapponese: lo racconta a Domus l’autrice, Rie Qudan. Continua a leggere
I millennial non abitano più case, ma feed di Instagram
La casa diventa scenografia di sé stessi: in un’epoca in cui tutto è rappresentazione, si cura ogni dettaglio anche in spazi provvisori, mentre l’ideale abitativo si allontana per quasi tutti. Continua a leggere
Che cosa ci resta di Oliviero Toscani
Odiato o amato, venerato o incompreso, Oliviero Toscani ha cambiato fotografia e comunicazione. Fu vera gloria? Ne abbiamo parlato con chi ci ha lavorato, chi l’ha conosciuto e chi l’ha studiato. Continua a leggere
Immagine di apertura: Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, 2005, Photo Lizette Kabre. Courtesy of Art Production Fund and Ballroom Marfa
