Sempre in fuga. Dalla famiglia, dalla società borghese, dai valori che non le appartenevano. E poi dalle città, dalle persone, dai collegi e dagli ospedali psichiatrici. Leonora Carrington è scappata tante volte. La prima volta è ancora una bambina, quando le favole irlandesi e i miti celtici raccontati da sua madre le fanno da passaporta verso un mondo di misticismo salvifico. Passa ore allo zoo, osservando gli animali, convinta che “ognuno di noi abbia un proprio bestiario interiore”. Il suo ha appena iniziato a prendere forma. A quattordici anni dalla sua scomparsa, e dopo l’omaggio che Cecilia Alemani le ha dedicato alla Biennale d’Arte di Venezia del 2022, Milano accoglie, a Palazzo Reale, la prima retrospettiva italiana dedicata all’artista che più di tutte ha fatto del fantastico, dell’alchimia e dell’inconscio la propria lingua figurativa.
Chi è stata Leonora Carrington, l’artista dalle mille vite che il mondo sta riscoprendo
Da “pazza incurabile” a “mujer distinguida”, dal Surrealismo all’amore per il Messico e l’amicizia con Frida Kahlo: Leonora Carrington è ora in mostra a Milano, nella prima retrospettiva italiana dedicata all’artista che “non voleva fare la musa”.
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- Marianna Reggiani
- 26 settembre 2025
Tra disobbedienza e surrealismo
Non una ribelle ma una disobbediente. Leonora Carrington non distrugge l’ordine: sceglie con cura i sistemi da rovesciare. Nata nel pieno della Grande Guerra, entra presto in conflitto con la sua ricca famiglia della borghesia britannica, proprietaria di industrie tessili e attiva nel commercio, che la spedisce in un istituto cattolico nella speranza di contenerla. Leonora si fa espellere e, neanche diciottenne (siamo nel 1936), raggiunge Firenze. Qui il Rinascimento italiano incontra il folklore celtico: armonia e misticismo si fondono in lei. Nasce un primo ritratto dell’artista: un vaso capace di contenere anche i mondi più incompatibili.
Non avevo tempo per fare la musa: ero troppo occupata a ribellarmi alla mia famiglia e a trovare la mia strada di artista.
Leonora Carrington
Amore o Surrealismo? Nel 1937, a Londra, Carrington conosce entrambi nella figura di Max Ernst, il grande artista surrealista tedesco. La strada che le si apre davanti non è solo quella della passione irrazionale dei vent’anni, ma la fame del nuovo. Conosce Lee Miller, fotografa e modella americana, e Leonor Fini, pittrice italo-argentina nota per i suoi ritratti ultra-femminili, entrambe già parte del movimento surrealista. Presto però capisce che anche nel movimento fondato da André Breton, lo spazio per una donna veramente libera è limitato. “Non avevo tempo per fare la musa – scriverà a seguito di questa esperienza - ero troppo occupata a ribellarmi alla mia famiglia e a trovare la mia strada di artista”.
Anche la stagione dell’amore con Ernst brucia in fretta. Nel 1939, con la deportazione dell’artista in un campo di concentramento per stranieri a Largentière, resta sola. Il tracollo emotivo la aggredisce e la divora, legandola a un letto nel manicomio di Santander, in Spagna. Una “pazza incurabile” la definiscono i medici. Da questo baratro nasce Down Below, il racconto autobiografico del 1944 che documenta la sua esperienza di internamento, di demolizione e ricostruzione del sé, definito da Breton “uno di quei viaggi da cui si hanno poche probabilità di tornare”.
Il riscatto a New York, la nuova vita in Messico
Se la parentesi americana sembra averle restituito serenità, l’ultima chiamata a cui Leonora dà ascolto è quella che proviene dal Messico. Vi si trasferisce appena ventiseienne, e vi resta tutta la vita. Qui trova ispirazione per nuove opere: il suo corpus si arricchisce di quadri, sculture, arazzi, installazioni in cartapesta e litografie. Si lega alla pittrice messicana Frida Kahlo e a Remedios Varo, altra artista surrealista spagnola. Con loro partecipa al movimento femminista messicano e alla mostra “La mujer como creadora y tema del arte”, un momento storico per l’arte messicana ma anche per quella frangia del movimento surrealista che era andata alla ricerca (in territori lontani) di una diversa considerazione del corpo e della vita delle donne.
Sotto il sole del Messico, Carrington diventa anche madre, e l’evento diventa nuova fonte di ispirazione per The Giantess, l’opera del 1947 che l’ha resa famosa, dove una figura femminile maestosa con volto lunare tiene in mano un uovo maculato, circondata da oche selvatiche che volano su un campo di grano. All’alba del nuovo millennio, lo Stato messicano le conferisce il titolo di “mujer distinguida”, riconoscendo - a lei e agli altri intellettuali emigrati in Messico durante la guerra - una forte prominenza culturale e politica nella storia del paese.
Spesso si dice che una vita non basta. Non è vero: a Carrington i suoi novantaquattro anni sono bastati per essere tutto – artista, scrittrice, esule, migrante, madre, attivista e femminista. Un ecosistema interiore o, meglio, un “bestiario” in cui tanti ruoli sono riusciti a coesistere. Tutti, a parte – naturalmente - quello di “musa”.
- “Leonora Carrington”
- Tere Arcq e Carlos Martín
- Palazzo Reale a Milano, Italia
- Dal 20 settembre 2025 all’ 11 gennaio 2026
Immagine di apertura: Leonora Carrington, Remedios Varo, Paisaje, torre, centauro 1943. Collection Peréz Simón © Estate of Leonora Carrington, by SIAE 2025. Courtesy Palazzo Reale Milano