La galleria d’arte che ha la sua sede in un furgone a noleggio

“A 29,90 dollari al giorno, un furgoncino è l'immobile meno costoso di New York”: James Sundquist e Jack Chas sono i fondatori di The U-Haul Gallery, un progetto che sta ridefinendo il modo di esporre l’arte, e che arriva al Frieze di Londra. 

Una galleria d’arte in un furgoncino, anzi, in più di un “U-Haul truck”: furgoni, camion e rimorchi a noleggio diffusi negli Stati Uniti e utilizzati per i traslochi fai-da-te. Tutto si svolge lì dentro: dall’imballaggio e lo stoccaggio delle opere all’esposizione e la vendita.

A gestire questo progetto nomade sono James Sundquist e Jack Chase, che hanno una lunga storia nel mondo dell’arte, come curatori e come artisti: la loro storia comincia nel maggio 2024 a New York, continua nelle più grandi fiere d’arte europee, e potrebbe cambiare il modo di esporre e vendere arte.

Courtesy of U-Haul Gallery

Quello che fanno gli “evangelisti del DIY” quando gli affitti a New York sono troppo alti

“Siamo come degli evangelisti di U-Haul. Diffondiamo il vangelo del DIY (do it yourself)”, così Sundquist e Chase cominciano a raccontare a Domus il loro rapporto quasi simbiotico con la celebre azienda di noleggio che, con più di 24mila punti di ritiro e consegna distribuiti tra gli Stati Uniti e il Canada, probabilmente non ha nessuna idea che questi due galleristi da più di un anno stanno usando i loro veicoli per allestire mostre itineranti in diverse città americane: “U-Haul non ci paga e neppure abbiamo mai ricevuto un feedback negativo da parte loro”.

Trasformiamo ogni svantaggio in un vantaggio. Quando prendiamo una multa per divieto di sosta, la incorniciamo e la vendiamo. Quando piove, la mostra continua online, dove non piove mai. Quando Frieze ci caccia, conferma la validità di quello che stiamo facendo.

Sundquist e Chase sono due outsider in un sistema dell’arte che, soprattutto nel commerciale, si sta consumando dall’interno, con le gallerie che faticano a rinnovarsi per i collezionisti millennial, e questi ultimi che comprano sempre meno e sempre peggio (ci ricordiamo tutti della corsa agli Nft).

In più c’è la questione degli affitti. Eh beh sì, perché l’arte è, certamente, un mondo di già ricchi ma è anche un business dove i conti, prima o poi, vanno fatti quadrare. Con i costi alle stelle degli appartamenti a New York, figuriamoci quanto può costare affittare e mantenere una galleria o uno spazio culturale.

“La U-Haul Gallery è nata dalla frustrazione nei confronti del paradigma newyorkese tra tempo, spazio, denaro e arte”, cominciano a raccontare.

“Sundquist ha fondato la galleria nel maggio 2024, dopo essere stato truffato da una persona a cui subaffittava uno studio e che gli ha fatto perdere due mesi di affitto. Aveva appena iniziato a costruire pareti per trasformare quello spazio in un laboratorio, quando ha ricevuto l’ordine di sgomberare. Quelle stesse pareti sono state smontate dallo studio e caricate direttamente sul retro di un furgone U-Haul, dove hanno fatto da sfondo alla prima mostra della galleria. Si intitolava ‘Delivery Included’ ed era una collettiva.”

U-Haul Art Fair, settembre 2025. Courtesy of Brian Hatton

Una galleria a 30 dollari al giorno

“A 29,99 dollari al giorno il furgone U-Haul è senza dubbio l’immobile più economico di New York (e non solo). A quella cifra possiamo trovarci in qualsiasi quartiere, in qualsiasi momento. Sfuggiamo ai vincoli dei prezzi immobiliari, pur beneficiando del prestigio che determinati luoghi generano. Ci riprendiamo il potere”.

Da “Delivery Included” – nel maggio 2024 – alla prima partecipazione di U-Haul a Frieze Los Angeles a febbraio non passa poi tanto tempo, ma in mezzo entrano in gioco tutta una serie di mostre che sfruttano due fattori.

Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025

Primo, la U-Haul Gallery ha dei costi di gestione bassissimi: “Con una galleria fisica non solo bisogna pagare un affitto fisso in un determinato quartiere, ma si è anche vincolati da un contratto di locazione, assicurazioni, utenze e rapporti con il vicinato”.

Secondo, se il mondo dietro le opere si sposta continuamente, non c’è bisogno di grandi scenografie, visto che la scelta di allestimento più grande sta nel dove parcheggiarsi: “La posizione per noi è anche uno strumento per dialogare con i contenuti delle opere che mostriamo” spiegano i due fondatori “Insieme all’artista possiamo immaginare non solo come apparirà la mostra al suo interno, ma anche quando e dove sarà vista. Il contesto diventa il nostro medium, e la galleria il mezzo per esplorarlo.”

Costi minori significano anche meno rischi e quindi più sperimentazione: “Possiamo correre rischi sia per quanto riguarda il tipo di opere che esponiamo, sia per il modo in cui le presentiamo — quelli che le gallerie tradizionali tendono a evitare per timore della loro sostenibilità economica”.

Dal punto di vista logistico, infatti, tra il mettere insieme una mostra in questo modo e fare un trasloco non c’è poi una grande differenza: si va in uno dei punti di noleggio U-Haul, che possono essere stazioni di servizio, officine, negozi di ricambi auto o strutture di stoccaggio (spesso aperti 24/7), e... si paga.

“Per noi, ‘divieto di sosta’ significa: parcheggio per galleria”

U-Haul Art Fair e “Stolen Goods” sono i due progetti di cui li chiediamo conto per primi. La prima è una fiera alternativa, un po’ come lo era stato il Salon des Refusés che nella Parigi ottocentesca accoglieva tutte le opere rifiutate dall’Accademia di Belle Arti. L’hanno organizzata “utilizzando alcuni elementi del modello tipico delle fiere”, come una open call che selezionava gli espositori, i quali pagavano una quota per lo stand — solo che questo stand era, chiaramente, un camion U-Haul.

“Abbiamo noleggiato 12 camion da 8 diverse sedi U-Haul nell’area tri-statale di Nyc, li abbiamo allestiti con pareti in compensato dipinto, e abbiamo fornito agli espositori qualche pezzo di mobilio, l’illuminazione e un'insegna per ogni galleria, tutte dipinte a mano. Il giorno prima della fiera abbiamo posizionato i camion in 22nd Street a Chelsea” — non una strada qualsiasi ma il cuore del sistema dell’arte newyorkese. Per capirci, è uno dei quartieri storici dell’arte contemporanea statunitense, dove ora sorgono oltre 400 gallerie, tra cui Hauser & Wirth e Dia Chelsea.

A 29,99 dollari al giorno il furgone U-Haul è senza dubbio l’immobile più economico di New York (e non solo).
U-Haul Art Fair, settembre 2025. Foto Matt Weisel

Dalle fiere americane all’Europa: Frieze London e Art Basel Paris

Dai progetti propri agli accampamenti fuori da Frieze e dall’Armory Show di New York ci è voluto poco. Gli “evangelisti di U-Haul" sono stati allontanati in più di un’occasione dai parcheggi delle fiere d’arte contemporanea più importanti al mondo: “Ogni interazione con le istituzioni è per noi un’occasione per guadagnare forza e credibilità. Proprio come nell’aikido – l’arte marziale giapponese in cui si reindirizza l’energia offensiva dell’avversario trasformandola in una posizione di forza per sé – noi trasformiamo ogni svantaggio in un vantaggio. Quando prendiamo una multa per divieto di sosta, la incorniciamo e la vendiamo. Quando piove, la mostra continua online, dove non piove mai. Quando Frieze ci caccia, conferma la validità di ciò che stiamo facendo.”

Institutional critique anni Settanta, quindi, ma mixata a un’attitudine decisamente Gen Z, inclusiva e autoironica, soprattutto sui social — “uno strumento gratuito che può offrire un livello straordinario di coinvolgimento, qualcosa che molte gallerie del mondo dell’arte non sanno sfruttare davvero”. 

U-Haul Art Fair, settembre 2025. Courtesy of Brian Hatton

Il principio per cui ogni “parcheggio di sosta” può essere una sede di galleria, tra pochi giorni verrà aplicato anche in Europa, a Londra e Parigi, dove tra Frieze London e Art Basel Paris i camioncini della U-Haul Gallery si faranno un bel giro — chiaramente all’insegna dell’illegalità: “Non ci siamo registrati né per Art Basel Paris né per Frieze London. Abbiamo intenzione di sostare appena fuori dagli ingressi delle fiere e, se il precedente si conferma, ci aspettiamo di essere scortati fuori da Frieze London dal nostro amico Rae. Parigi, invece, segnerà il nostro primo incontro con Art Basel. Rendiamo chiaro il nostro scopo, rivendichiamo il nostro spazio e lo spettacolo ha inizio.”

A Frieze London, Berkeley Square, la celebre piazza situata nel quartiere di Mayfair, dal 16 ottobre ospiterà un furgone U-Haul che trasporta la mostra personale del pittore Vladimir Umanets. Due opere della serie Ongoing, dove l’artista nato in Polonia e naturalizzato britannico lascia che il pubblico intervenga sulle sue opere in perpetuo cambiamento, e la proiezione di Chronicles, film che racconta la filosofia dell'artista, innovativa tanto quanto quella della galleria che lo ospita. 

Vladimir Umanetz: Tina Turner Meets Kurt Gödel, U-Haul Gallery, Frieze London, 2025

Il futuro di U-Haul Gallery riguarda un Rothko e pure Bob Dylan

È troppo presto per sapere che altri progetti la U-Haul Gallery porterà in Europa, ma per conoscere il sogno più recondito della neonata galleria statunitense basta guardare alla sua biografia: “Installare un quadro di Mark Rothko sul retro di un camioncino U-Haul sarà il culmine del nostro progetto concettuale. Vogliamo dimostrare che un furgone per i traslochi, se ben attrezzato, può essere uno spazio espositivo al pari di un museo. E, dopo il Rothko, punteremo a un’opera di Richard Serra.”

Abbiamo organizzato la reception di apertura della mostra The Show of Stolen Goods sui gradini del Metropolitan Museum di New York, la casa di oltre un migliaio di opere trafugate.

Intanto, mentre le grandi gallerie internazionali aspettano che lo scoppio della bolla immobiliare spazzi via anche tutte le preoccupazioni dell’élite, il progetto di James Sundquist e Jack Chase ci ricorda che dall’assenza di spazi fisici l’arte, nei secoli, ha tratto anche una certa forza — e può farlo ancora.

U-Haul Art Fair, settembre 2025. Courtesy of Brian Hatton

“Larry Gagosian, Mary Boone, Dave Hickey, i venditori ambulanti dei Luna Park, Bob Chase, Street Skaters, Patrick Murphy, il Papa e Bob Dylan che passa all’elettrico al Newport Folk Festival del 1965”: questi sono i nomi che fanno quando chiediamo quali siano i loro riferimenti culturali e artistici. 

E ricordiamoci che Bob Dylan, quando ha suonato la chitarra elettrica al Newport Folk Festival, ha cambiato la storia della musica.

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