È il febbraio del 1966, Yves Saint Laurent e il suo compagno Pierre Bergé arrivano a Marrakech a bordo di un aereo Caravelle Air France. Il cielo è coperto, i colori sono sbiaditi e la pioggia inizia a cadere. Ma il sole marocchino non tarda ad arrivare, dando inizio a una storia d’amore che durerà fino alla scomparsa dello stilista francese nel 2008. Quello tra Yves Saint Laurent e il Marocco è stato un rapporto colmo di gratitudine e rinascita, sia dal punto di vista personale che creativo, un legame che ha trasformato per sempre la visione estetica del couturier francese.
In Marocco, Yves Saint Laurent trova una nuova tavolozza di colori — l’ocra dei souk, il blu Majorelle, i toni speziati dei tessuti — che nutrono le sue collezioni con una sensualità vibrante e inedita. Le linee dei caftani, l'eleganza rilassata dell’abbigliamento tradizionale e la libertà che respirava tra i vicoli di Marrakech influenzano profondamente il suo stile, portandolo a sperimentare forme più fluide, più leggere, e una nuova concezione della bellezza. Marrakech non è stata per Saint Laurent solo un luogo in cui fuggire dalle preoccupazioni parigine, ma un rifugio creativo, fonte d’ispirazione per oltre quarant’anni.
L’arrivo a Marrakech e la Casa del Serpente
Dopo aver preso le redini della maison Dior a soli 21 anni, Yves Saint Laurent sembra destinato a diventare il nuovo sovrano dell’haute couture parigina. La realtà è però più complessa: la guerra d’Algeria lo obbliga nel 1960 a un servizio militare traumatico, aggravato al suo rientro dalla scoperta di essere stato sostituito alla direzione creativa di Dior. Nonostante la fragilità emotiva e lo stato di profonda crisi, l’anno successivo nasce la maison Yves Saint Laurent, anche grazie alla determinazione e al supporto dell’imprenditore e compagno Pierre Bergé.

Il desiderio di evasione, di luce, di un altrove che curasse le ferite e rigenerasse l’anima, lontano dalla giudicante Parigi, porta la coppia in Marocco, a Marrakech, che lo stesso Pierre Bergé nel libro Yves Saint Laurent. Une passion Maroccaine (Éditions de La Martinière, 2010) definisce come una fonte d’ispirazione per lo stilista francese.
Ben presto, Yves trovò nel Marocco e nell’orientalismo una fonte d’ispirazione.
Pierre Bergé
Saint Laurent e Bergé nel volo di ritorno a Parigi hanno già in mano l’atto di compravendita della loro prima casa marocchina, Dar el-Hanch, la “Casa del Serpente”, così chiamata per un grande serpente disegnato da Saint Laurent stesso nel soggiorno. Questa prima casa rappresenta l’inizio di un legame profondo e duraturo: il Marocco diventa, più che un luogo, un’estensione del suo immaginario creativo.
Gli anni Settanta
Negli anni Settanta Marrakech è la mecca bohémien. Oltre a Talitha e Paul Getty, si stabiliscono o arrivano per brevi periodi anche artisti e personalità come Mick e Bianca Jagger, Paul Bowles, Alain Delon, Andy Warhol. In questo scenario di relazioni amicali e di esotismo sperimentale, Saint Laurent trova il suo “laboratorio dell’anima”. Ogni 1° giugno e 1° dicembre, infatti, si trasferisce a Marrakech per disegnare le sue collezioni, lontano dalle pressioni mediatiche e dalle aspettative della moda parigina.

In Marocco Saint Laurent scopre i colori: gli ocra e i rossi delle mura, il rosa della terra, i verdi rigogliosi dei giardini, il blu Majorelle, il profumo delle spezie. Una sinestesia tradotta nelle sue collezioni, che cominciano a incorporare elementi della cultura marocchina: caftani, gellaba, ṭarbūsh, ricami dorati e tessuti vaporosi trasformati in haute couture. Non un esotismo superficiale, ma una rilettura colta e personale.

Nel 1974 Saint Laurent e Bergé acquistano la loro seconda casa in città, chiamata Dar es Saada, il cui progetto di ristrutturazione e decorazione è affidato al designer d’interni Bill Willis, amico dei Getty, che traduce in dettaglio della dimora l’armonia tra Oriente e Occidente.
Il restauro dei Giardini Majorelle
È ancora una volta Bill Willis a occuparsi del progetto più straordinario che Bergé e Saint Laurent decidono di sostenere a Marrakech: il restauro dei Giardini Majorelle. Questo giardino, insieme alla villa firmata dall'architetto Paul Sinoir in stile moresco – in seguito ribattezzata Villa Oasis e dal 2011 sede del Museo Pierre Bergé delle Arti Berbere – era stato ideato tra gli anni Venti e Trenta dal pittore francese Jacques Majorelle e si trovava in stato di abbandono quando la coppia lo scopre.

Innamorati dell’intensità dei colori – in particolare del celebre “blu Majorelle” – decidono di acquistare i Giardini Majorelle nel 1980. Il giardino diventa per Saint Laurent non solo un rifugio, ma un manifesto: un luogo dove natura, arte e memoria si intrecciavano. In questo lavoro di restauro, i due scelgono di proteggere l’autenticità del giardino e di non alterarne la storia e il valore.
“Avrebbero potuto comprare un jet privato, invece salvarono il Majorelle”, dice il regista Jalil Lespert in un’intervista del 2014 a The Telegraph in occasione dell’uscita del biopic da lui diretto dedicato allo stilista francese. Dopo la morte di Yves Saint Laurent nel 2008, le sue ceneri sono state sparse nel roseto di Villa Oasis: un gesto simbolico che sanciva per l’ultima volta la fusione tra l’uomo e il luogo che più aveva amato.

Dopo il restauro dei Giardini Majorelle, nel 1990 Yves Saint Laurent e Pierre Bergé acquistano anche una residenza estiva a Tangeri, Villa Mabrouka (che significa “Casa della Fortuna”). La villa rifletteva il gusto raffinato del couturier, tra elementi tradizionali marocchini e dettagli déco. Oggi trasformata in un romantico hotel, conserva alcuni dettagli originali scelti da Saint Laurent e Bergé, tra i quali i lampadari in vetro di Murano, archi merlati, soffitti con travi a vista, e pavimenti in marmo monocromatico.
L’eredità custodita nel Musée Yves Saint Laurent Marrakech
Nell’ottobre del 2017, la visione di Yves Saint Laurent prende nuova forma con l’apertura del Musée Yves Saint Laurent Marrakech, a pochi passi dal Giardino Majorelle. Consultando gli archivi dello stilista, i fondatori dello studio d’architettura francese Studio KO, Olivier Marty e Karl Fournier, sono partiti dal fascino della tensione tra linee rette e curve, dall’alternanza tra tratti delicati e tagli decisi nelle creazioni del couturier francese.

Questo dialogo formale ha ispirato l’architettura dell’edificio, che all’esterno si presenta come una composizione di volumi cubici, con un coronamento in mattoni, che intende richiamare la trama di un tessuto. L’interno, in netto contrasto, ricorda la fodera preziosa di un abito: morbido, levigato e pervaso di luce. Il museo custodisce oltre cinquemila capi originali, quindicimila accessori e migliaia di disegni, schizzi, e fotografie e oltre alla collezione permanente, ospita anche mostre temporanee ed eventi. Il museo è oggi gestito dalla Fondation Jardin Majorelle, che salvaguarda e promuove l’eredità di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé con iniziative culturali e filantropiche.
Immagine di apertura: © Fondation Jardin Majorelle, foto Nicolas Mathéus