10 architetture milanesi imperdibili che non troverai sul New York Times

La selezione di edifici fatta dal più importante quotidiano americano ha fatto molto parlare. Vi offriamo un punto di vista diverso, per capire Milano e perché la sua architettura è così importante.

Il Duomo e Villa Necchi, il Castello Sforzesco e la Torre Velasca: gli “essentials” di Milano in dieci edifici. Una raccolta difficilissima da fare. Quella pubblicata recentemente dal New York Times ci ha effettivamente cavati d’impaccio, con tutti i grandi classici (e qualche intruso dell’hinterland come Villa Borsani). Ma quel “greatest hits”, come tutte le liste, non può lasciare tutti felici: pensiamo che ci sia spazio per una selezione meno turistica e più architettonica, che abbracci la storia di Milano mettendone alla luce dei lati forse meno scontati. 

Abitare la Milano di oggi significa vivere il prodotto stratificato – e intricato – di una grande molteplicità di epoche e di storie, più che un tessuto continuo e uniforme dominato da alcuni monumenti. Storie spesso frammentate e contraddittorie l’una rispetto all’altra, che hanno lasciato un segno nel rendere unica la città. Attraversando Milano abbiamo nello stesso istante – a volte nello stesso luogo – il Rinascimento, ma anche un Moderno unico, con le case di Caccia Dominioni e Gio Ponti, e sì, landmark come la Torre al Parco di Vico Magistretti

Questa raccolta non vuole essere definitiva: ci auguriamo che sia l'occasione per dare inizio a molte altre, che arriveranno proprio da voi.
Foto di andrea da Adobe Stock

Proprio di fronte, il Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio per la Triennale ci racconta quanta avanguardia ci potesse già essere nell’immaginare in un luogo d’arte lo spazio sotterraneo e lo spazio della musica. Poi c’è la Milano brutalista che attraversa i suoi momenti di ombra e di nuova celebrità. E ancora, la Milano che insegue la sua natura, che sia nelle abbazie in mezzo ad una campagna davvero vicinissima al centro, o nelle piscine che interrompono una città fittissima di palazzi.

È forse impossibile condensare tutta questa Milano in dieci architetture: noi ci abbiamo provato. Perché non ci sono solo il Castello, il Duomo e i Bbpr a rendere unica la città di Domus. Ma siamo anche sicuri che chiunque sia milanese, di nascita o d'adozione, abbia la sua personale lista di architetture: questa raccolta non vuole essere definitiva, anzi, ci auguriamo che sia l'occasione per dare inizio a molte altre, che arriveranno proprio da voi.

1. Biblioteca Pinacoteca Accademia Ambrosiana

Francesco Maria Richini, Fabio Mangone e Giacomo Moraglia, 1609
Piazza Pio XI, 2, Milano, Italia 

Biblioteca Pinacoteca Accademia Ambrosiana. Foto Enrico Paredi da Flickr

Nel cuore della città, vicinissima al Duomo, là dove sorgeva il foro romano – di cui si possono vedere le pavimentazioni nei sotterranei – il cardinal Federico Borromeo fa realizzare a partire dal 1609 il palazzo per una importantissima istituzione culturale. Al suo interno un’Accademia, la Pinacoteca e la Biblioteca che, poco dopo la fondazione, Galileo Galilei chiamerà “l'eroica et immortal libreria”: 30.000 stampati e 8.000 manoscritti, all’origine, da ogni parte del mondo, col De prospectiva pingendi di Piero della Francesca, e i codici di Leonardo da Vinci. La grande Sala Federiciana circondata dai due ordini di librerie e sormontata dalla volta a botte è un’icona quasi quanto la “Wunderkammer” del cardinal Settala, o la Canestra di frutta del Caravaggio in Pinacoteca.

2. Grattacielo Pirelli

Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, Alberto Rosselli, Egidio Dell'Orto, Antonio Fornaroli, Giuseppe Valtolina, 1956-1960
Via Fabio Filzi, 22, Piazza Duca d'Aosta, 5-7A, Milano, Italia 

Grattacielo Pirelli, Milano, Italia. Foto Stefano Bertolotti da Flickr

Progettato con Alberto Rosselli e Antonio Fornaroli – Pier Luigi Nervi e Arturo Danusso curano le strutture – il Grattacielo Pirelli di Gio Ponti è stato per quasi 80 anni il più alto di Milano, il simbolo di una città moderna in crescita, che col suo immaginario ha ispirato film leggendari come La Notte di Antonioni. Nei suoi oltre 127 metri d’altezza sembra evocare quel concetto formulato da Ponti per cui “l’architettura è un cristallo”, una forma finita enfatizzata dal rastremarsi delle testate scavate da una fenditura a tutta altezza, e dalla lastra di copertura visibilmente separata dal corpo dell’edificio. A partire dal 1978 è diventato la sede della Regione Lombardia.

3. I grattacieli di CityLife

Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Bjarke Ingels, 2015 – in corso
Piazza Tre Torri, Citylife, Mucipio 8, Milano, Italia 

Quella di CityLife è una delle più grandi operazioni di trasformazione avvenute dentro il tessuto consolidato di Milano (assieme a quella di Porta Nuova a nord-ovest del centro, e a quella di Porta Romana ora in sviluppo). Qui le aree appartenevano alla prima Fiera campionaria della città, trasferita poi a Rho a inizio 2000: sono arrivati complessi residenziali e commerciali, una nuova superficie verde e soprattutto nuove torri, ognuna col suo soprannome. Il “Dritto” è la Torre Allianz di Arata Isozaki e Andrea Maffei (2015), lo “Storto” è la torre Generali di Zaha Hadid Architects (2019), il “Curvo” invece è la PWC di Daniel Libeskind; in arrivo c’è anche lo “Sdraiato” cioè il complesso CityWave di Big – Bjarke Ingels Group che farà da portale a questo pezzo di città.

4. Piscina Guido Romano

Luigi Lorenzo Secchi, 1929
Via Giuseppe Zanoia, 2, Milano, Italia 

Quello che si inaugura nel 1929 nel quartiere che oggi tutti chiamiamo Città Studi è un parco di architetture, per quanto architetture acquatiche. All’origine, come episodio della modernizzazione della città, è parte di un parco più grande – la scuola detta Casa del Sole – poi si consolida attorno alle sue due piscine, il grande rettangolo per gli adulti e il piccolo cerchio per i bambini. A circondare gli specchi d’acqua, le forme scenografiche della ex palazzina principale (ora stazione dei vigili), i due padiglioni comprimari con le loro paraste e i loro timpani, e i corpi bassi dei servizi lungo cui si combinavano pergole, porticati e finestre a nastro: un paesaggio così evocativo da diventare anche sito di installazioni come la distesa di coperte riflettenti realizzata da Nari Ward nel 2022.

5. Il Monte Stella e il Qt8

Quartiere Triennale ottava (Qt8), Piero Bottoni, 1947
Municipio 8, Milano, Italia

Il Monte Stella, Milano, Italia. Foto Francesco Secchi (2022)

Alto 45 metri, il Monte Stella nasce dalla fine degli anni ’40 e raccoglie nei pressi di San Siro le macerie dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ma anche quelle dei bastioni spagnoli, di cui si completava la demolizione. È un episodio di verde e di paesaggio che resta irripetuto nella città – bisogna arrivare al Parco Nord per avere i primi dislivelli – e  abbraccia così l’area dello stadio come le torri di CityLife, il Duomo, la Velasca e Porta Nuova, ma anche, molto più vicino, il Quartiere Sperimentale della Triennale di Milano, il Qt8. Sviluppato tra il 1945 e il 1954 sotto la direzione di Piero Bottoni, il Qt8, di cui sempre il Monte Stella ha fatto parte, nasce e si sviluppa come una collezione di sperimentazioni abitative: è tra le sue grandi stecche residenziali e i suoi cluster di casette minimali che si è studiata la Milano del futuro.

6. Casa a tre cilindri

Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, 1959-1962
Via Gavirate, 27, Milano, Italia

Una piccola rivoluzione tipologica, fatta con tre cilindri di tre livelli sospesi ognuno su un singolo pilastro “a fungo”, collocata in un “quartiere giardino” vicino allo stadio di San Siro. Al piano terra il verde comune si infila fin sotto i cilindri, e torna nel terrazzo in copertura. I servizi si concentrano in un nucleo centrale mentre il concept strutturale permette la massima libertà di organizzazione per gli interni e per le facciate: negli alloggi – occupanti ciascuno uno dei tre “cerchi” per ogni piano c’è infatti una sola grande colonna strutturale, cava e attraversabile, attorno alla quale lo spazio domestico si irradia, sostenuto dai solai a sbalzo in calcestruzzo armato precompresso.

7. Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese

Carlo Aymonino e Aldo Rossi, 1967 -1974
Via Enrico Falck, 53, Municipio 8, Milano, Italia 

Complesso residenziale Monte Amiata, Quartiere Gallaratese. Foto Peter Christian Riemann da Wikimedia Commons

Aymonino è incaricato a metà ’60 di un masterplan per case popolari dove compie due gesti cruciali: ignorare le forme di un contesto ritenuto di scarsa qualità e chiamare Aldo Rossi a sviluppare uno dei 5 edifici previsti nel complesso. Prende così forma un cluster di residenza, commercio e servizi destinato a diventare un landmark culturale nell’architettura italiana e internazionale del dopo-moderno. I più alti corpi rossi, dalle forme più tormentate, si articolano attorno ad un famoso anfiteatro all’aperto e a due piazze triangolari, e a loro si affianca la lunga stecca porticata di tre piani che rimane una delle opere più celebri nella produzione di Rossi.

8. Istituto Marchiondi Spagliardi

Vittoriano Viganò, 1957
Via Noale 1, Milano, Italia

Istituto Marchiondi Spagliardi, Milano, Italia. Foto Francesca Fagnano

Nato all’estrema periferia occidentale della città come struttura dedicata a giovani che avevano necessità speciali nell’educazione, l’istituto Marchiondi è un simbolo del brutalismo italiano. Del brutalismo infatti racconta tutto: la potenza formale, con i materiali come il calcestruzzo e l’acciaio lasciati a vista; il mandato sociale (non è un riformatorio né un orfanotrofio ma un luogo di formazione a tutto tondo); la controversia rispetto ad un linguaggio architettonico spesso non compreso e contestato, prima del grande, recente, revival estetico: la struttura infatti è abbandonata da anni. 

9. Chiesa di San Giovanni in Bono

Arrigo Arrighetti, 1968
Via S. Paolino, 20, Milano, Italia

Chiesa di San Giovanni in Bono, Milano, Italia. Foto Alberto Trentanni da Flickr

Arrigo Arrighetti, colla sua vasta attività per il Comune di Milano, è un architetto che possiamo definire un vero civil servant, oltre che l’autore di numerose “icone in incognito” della città: una, la torre di largo Treves, modernista in piena Brera, è appena stata demolita; l’altra, la biblioteca Sormani, accompagna gli studi dei milanesi da decenni; e poi c’è San Giovanni Bono. Al centro di un complesso di edilizia popolare progettato sempre da lui, Arrighetti colloca una chiesa dall’estetica dirompente, annunciata da una grande vela in calcestruzzo tempestata di fori vetrati policromi, e generata nelle sue forme interne dal compenetrarsi di tre diversi spazi liturgici.

10. Abbazia di Chiaravalle

Francesco Pecorari, Bramante, 1135-1221
Via Sant'Arialdo, 102, Milano, Italia 

Abbazia di Chiaravalle, Milano, Italia. Courtesy Wikimedia Commons

Bernardo di Clairvaux (Chiaravalle, appunto) la fonda nel 1135, sulla strada fuori dalla Porta Romana: la via, che oggi segna l’inizio dell’Autostrada del Sole, circondata dagli innumerevoli capitoli della città moderna e industriale – la famosa Metanopoli Eni è dirimpettaia dell’abbazia – è infatti la via che conduce a Roma. La storia dell’abbazia è lunga e tormentata dalle stagioni buie di religione e lotte per il potere, ma appartiene indissolubilmente al paesaggio della campagna lombarda, così come a quello dell’Europa medievale e moderna. Si amplia fino a ospitare 80 monaci (cistercensi). La torre che svetta tra i campi arriva tra Tre e Quattrocento, (“Ciribiciaccola” la chiamano, forse dai suoni delle cicogne che vengono a nidificare?) così simile a quelle di Cremona, in anticipo sulle forme milanesi del Bramante, che comunque per l’abbazia passerà, a dipingere un Cristo alla colonna.

Immagine di apertura: Arrigo Arrighetti,  Chiesa di San Giovanni in Bono, 1968. Foto Marco Menghi

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