“Una città nel cielo”: così Frank Lloyd Wright, maestro indiscusso dell’architettura organica e tra i fondatori del Movimento Moderno, aveva definito quasi settant’anni fa il suo progetto più audace – una torre alta circa 2,4 chilometri, da costruire nel cuore di Chicago.
Qui, dove la storia dell’architettura moderna vuole che sia nato il primo vero grattacielo al mondo, l’Home Insurance Building, Wright avrebbe voluto costruire un progetto tanto straordinario da sembrare utopico ancora oggi.
Di questa torre mai realizzata erano rimasti soltanto i disegni originali di Wright, ma grazie all’architetto e ricercatore spagnolo David Romero – che negli ultimi anni si è occupato della ricostruzione 3D di molti progetti di Wright, da quelli rimasti solo un’idea, come il National Life Insurance Building, a quelli non più esistenti come la Pauson House, distrutta da un incendio poco dopo essere stata terminata – siamo in grado di visualizzare il grattacielo mai nato.

Nel 1956, durante la conferenza di presentazione allo Sherman House Hotel di Chicago, Wright aveva dichiarato che, se il suo progetto fosse stato realizzato, “l’Empire State Building sarebbe stato un topo al confronto”. Non sapeva che il suo The Illinois sarebbe stato al primo posto anche in confronto al Burj Khalifa di Dubai, attualmente l’edificio più alto del mondo che misura “solo” 830 metri, e della Jeddah Tower in costruzione in Arabia Saudita, che dovrebbe arrivare a 1 chilometro di altezza entro il 2028.
Il sistema strutturale è ispirato alla natura, un fatto particolarmente rilevante se si considera che si tratta del progettista per eccellenza dell’architettura organica. Un nucleo centrale parte da una profondità nel terreno pari a quindici piani, e si dirama come radici di un albero per ottenere un effetto simile a una Tour Eiffel rovesciata. Secondo Wright, questo espediente avrebbe portato a una stabilità maggiore del grattacielo, che avrebbe resistito così alle oscillazioni causate dal vento.

“La combinazione di metallo e vetro utilizzata per l’involucro conferisce alla torre un aspetto futuristico che la distingue dallo stile più organico e tradizionale presente nella maggior parte delle sue altre opere” spiega David Romero a Domus, mentre racconta di come “modellarla ha anche significato dover immaginare soluzioni costruttive per elementi che Wright aveva solo accennato, rendendo l’esperienza sia una sfida tecnica che interpretativa.”
Ma a rendere visionario il progetto di Wright non è certo solo l’altezza. 528 piani in grado di ospitare oltre 100mila persone, spazi di attracco per oltre 100 aerei, parcheggi per 15mila auto e ascensori a energia atomica in grado di salire a una velocità di 1,6 chilometri al minuto – e cioè circa tre volte più veloci degli ascensori più rapidi oggi esistenti.

The Illinois è un potente simbolo di architettura visionaria. Il concept di Wright sfidava le idee convenzionali su scala, struttura e densità urbana ben prima che la tecnologia o l’economia potessero supportare un progetto così ambizioso.
David Romero
David Romero ha spiegato a Domus che “ciò che rende la Illinois così significativa è il modo in cui Wright la immaginava come una città verticale, completa di uffici autonomi, sistemi di trasporto e spazi comuni”. Un’intuizione che, pur richiamando l’Unité d’Habitation di Le Corbusier – la costruzione di quella di Marsiglia è terminata nel 1952 – portava il concetto di edificio autosufficiente a un livello successivo: mentre l’architetto svizzero-francese immaginava un edificio residenziale collettivo e autonomo, come si trattasse di un quartiere densificato, Wright alzava la posta pensando a un’intera metropoli condensata in verticale.
Sebbene la torre non sia mai stata costruita, l’idea di una città verticale, con spazi misti, sistemi di trasporto integrati e soluzioni ingegneristiche a dir poco coraggiose, anticipa aspetti che oggi sono alla base dei supertall moderni. Ma un edificio simile può essere costruito davvero? “The Illinois è un potente simbolo di architettura visionaria. Il concept di Wright sfidava le idee convenzionali su scala, struttura e densità urbana ben prima che la tecnologia o l’economia potessero supportare un progetto così ambizioso” sostiene Romero, che conclude: “è meno una questione di fattibilità tecnica e più una sfida a immaginare nuove possibilità per il modo in cui viviamo e costruiamo nelle città dense.”