Notre caméra analytique

Il volume monografico con DVD ripercorre l’opera della coppia Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi attraverso testi dei due autori stessi e di una serie di critici e teorici da tempo vicini alla loro opera.

Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi, Notre caméra analytique, libro+DVD, Post-éditions, 288 pp., 22 €

 

Da decenni Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi lavorano a un’opera sommessa, potente, necessaria. Noti da sempre nei circuiti del cinema sperimentale, negli ultimi anni i loro film e le loro installazioni hanno ottenuto visibilità crescente presso un pubblico più ampio.

Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi, Du pole à l’Equateur, 1986
Il grande riconoscimento che stanno ottenendo è testimoniato dalla serie di mostre e di rassegne dedicati loro ultimamente. Nell’ultimo mese tre episodi hanno confermato il valore ormai indiscutibilmente associate alla loro opera: Gianikian e Ricci-Lucchi hanno ricevuto il premio FIAF – Fédération Internationale des Archives de Films, attribuito in passato a personalità come Scorsese, de Oliveira, Varda e Bergman; è stato loro dedicato un volume monografico, comprensivo di un dvd, Notre caméra analytique (il libro è pubblicato da Post-Editions, e comprende testi dei due autori stessi e di una serie di critici e teorici da tempo vicini alla loro opera); infine, il Centre Pompidou, in cooperazione con il Festival d’Automne, ha esposto i loro film in una retrospettiva integrale comprendente anche videoinstallazioni, fotografie e disegni, oltre a un video appositamente realizzato; ad onta della severità dei temi e dell’asciuttezza allestitiva, la mostra ha riscosso uno straordinario successo non solo di critica, ma di pubblico. A riprova del fatto che il rigore non costituisce necessariamente una controindicazione in termini di affluenza.
Insieme, dagli anni Settanta, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, hanno assemblato un vero e proprio archivio di archivi di immagini filmate: di origine diversa, professionale o amatoriale, di carattere privato o girate nell’ambito di avventurosi viaggi; in molti casi graffiate e rovinate dal tempo. Loro le hanno recuperate da depositi in cui rischiavano di restare sepolte per sempre o le hanno salvate dallo smaltimento; come è successo alle decine di pellicole firmate di Luca Comerio, rinvenute a Milano nel 1982 dentro una cassa già destinata alla discarica, in un vano che era stato il suo laboratorio; quelle pellicole sono diventate una fonte fondamentale del loro lavoro.
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi, Hommes Années Vie, 1990
Senza lasciarsi intimorire dall’infinita mole di materiale disponibile, da quattro decenni Gianikian e Ricci Lucchi si dedicano a esaminare meglio quelle immagini riemerse dal passato. Invece che lasciarle passare veloce, come normalmente avviene, le fermano e le osservano. A spingerli, però, non è la passione per le immagini in sé; sebbene si basino soprattutto su found footage, Gianikian e Ricci Lucchi non sono archivisti, né restauratori, ma autori. Il loro intento è di ripercorrere la storia del XX e del XXI secolo sottraendola alla retorica e di restituire, alle immagini del passato, il senso di frammenti di storia viva, disvelandone allo stesso tempo, le ambiguità e il portato ideologico; di individuare fatti e gesti nei quali si trova, già radicata, la storia a venire; una storia traumatica, fatta di discriminazione, di oppressione e di una violenza che, permeando tutto, culmina in dinamiche coloniali, totalitarismi e grandi guerre. Questa storia, questa violenza, i due filmmaker le raccontano attraverso gli atteggiamenti e le conseguenze, più che nei momenti topici dell’azione.
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi, Images d’Orient, 2001
A emergere è l’atteggiamento di chi punta, caccia, intrappola, si impone; vedendo nell’altro non un interlocutore, ma un oggetto destituito di ogni volontà. Gianikian e Ricci Lucchi si fanno carico di questa storia – che porta al presente – perché sono convinti che il passato risuoni sempre nel presente. Nessuna nostalgia, dunque; ma la volontà di tornare a cogliere ciò che le immagini, se osservate da vicino, rivelano: un senso rimasto sotteso, e volutamente sottaciuto, la cui comprensione può aiutare ad arginare la violenza e il degrado di oggi.
Per riuscire ad analizzare le immagini in profondità i materiali di origine, i due artisti hanno inventato un dispositivo manuale, la camera analitica, che consente di fermare le immagini di isolarle e di osservarle fotogramma per fotogramma, passandole sotto la lente. Visionare, scomporre, analizzare, ritagliare, reinquadrare, e poi colorare, alterare il ritmo e elaborare la sequenza dei fotogrammi sono altrettante fasi del processo minuzioso da cui nascono i loro film. Il risultato sono montaggi inediti dai quali il senso di ciò che di solito guardiamo con distrazione emerge rinnovato.
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi
Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi, Sur les cimes, 1998
Il loro lavoro, procede per cicli successivi. Dal Polo all’Equatore, del 1986, Uomini anni vita, 1990, Animali criminali, 1994, Prigionieri della Guerra, 1995, Su tutte le vette è pace, 1998 Inventario balcanico, 2000, Frammenti elettrici 2002 e 2009, Carrousel de Jeux, 1997-2006, Oh, Uomo, 2004, Pays Barbare, 2013 sono alcune tappe di un percorso di strenuo rigore comprendente, sinora, circa cinquanta opere.

Non mancano elementi autobiografici, seppur filtrati e reinterpretati. In questo senso la memoria del Genocidio Armeno è fondante, e in alcune opere, quali Ritorno a Khodorciur, dedicata al padre di Gianikian, si fa esplicita. Tra i loro temi ricorrenti, e tuttora in fase di elaborazione, anche la sofferenze dell’avanguardia russa in epoca sovietica.

Sebbene risiedano a Milano, in Italia, fatta eccezione per una bella mostra dedicata loro dall’HangarBicocca, le loro opere sono state viste soprattutto nel circuito del cinema sperimentale. Grande importanza è invece riconosciuta loro negli Stati Uniti e in diversi paesi europei, primo tra tutti la Francia; quest’ultima, in particolare, ne sostiene da tempo le produzioni; così è stato, tra l’altro, per Pays Barbare, un film dedicato al Fascismo, che inizia con immagini della folla radunata in piazzale Loreto il 29 aprile 1945.

Gli episodi dell’ultimo mese confermano questa attenzione.

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