E il mondo intero per cinquant’anni va avanti a ripetere: 'Sublime! Grand! Napoléon le grand! [...]'. E a nessuno viene in mente che ritenere grande un uomo che non tiene conto della misura del bene e del male, significa soltanto riconoscere la propria nullità e la propria incommensurabile bassezza. Per noi, con la misura del bene e del male che ci è stata data da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile. E non c'è alcuna grandezza là dove non vi sono la semplicità, il bene e la verità.
Questa folgorante osservazione di Lev Nikolàevič Tolstòj, tratta da Guerra e Pace, è una critica tagliente e universale che smaschera l'inganno di una venerazione acritica verso figure di potere e conquista, elevandole a “grandi” pur in assenza di ogni metro morale. Non è forse questa accettazione un'auto-confessione, una resa della nostra stessa inerzia etica e della nostra incommensurabile bassezza di fronte a una grandezza vuota? La vera grandezza, per l'autore russo, si annida nella semplicità, nel bene e nella verità, principi che trascendono la brutalità del potere materiale.

Il nostro presente si specchia in questa amara realtà. Troppi i conflitti che lacerano il mondo, troppe le nazioni coinvolte in tensioni che sembrano deliberatamente ignorare ogni “misura del bene e del male”. Dalle rovine dell'Ucraina ai drammatici scenari del Medio Oriente, dalle crisi dimenticate in Africa ad ogni latitudine, l'umanità è afflitta da guerre che non distinguono tra innocenti e colpevoli, calpestando dignità e annientando città, popoli e innocenti. La retorica della “grandezza” nazionale o del leader carismatico, quando disgiunta da un'etica profonda, si trasforma rapidamente in un mero pretesto per la violenza più cieca e la sopraffazione. In un'epoca dove la disumanizzazione del “nemico” è pratica corrente, la riflessione di Tolstoj ci interpella con urgenza: siamo davvero disposti a celebrare una “grandezza” che non si fonda sul rispetto per la vita e sulla ricerca della verità? È questa la misura che vogliamo dare alla nostra umanità?
È in questo contesto di perpetua interrogazione che l'arte ci offre le sue risposte.
Queste opere risuonano con una forza sorprendente e quasi profetica nel nostro tempo. Ci rammentano che la pace non è un concetto astratto o un'utopia irraggiungibile, ma una condizione concreta.
Luca Giordano, con la sua Allegoria della Pace e della Guerra (1680), ci immerge nel cuore pulsante di un barocco dinamico e intriso di pathos. Il dipinto si manifesta come un confronto viscerale, quasi un grido: da un lato, la Guerra, incarnata forse da un Marte irruente, che irrompe con una furia distruttiva, circondato da figure demoniache o allegorie dei vizi che ne amplificano il fragore. Dall'altro, la Pace, figura serena e rassicurante, che si presenta con simboli di abbondanza e concordia – cornucopie traboccanti, rami d'ulivo – quasi a suggerire la possibilità di una rinascita. La pennellata energica, le cromie intense e il sapiente gioco di luci e ombre di Giordano catturano non solo il dramma dello scontro, ma infondono, con sottile ma ferma determinazione, la speranza che la quiete possa infine prevalere sulla violenza, restituendo ordine e prosperità a un mondo sconvolto. È in questa dialettica, non nella celebrazione del vincitore, che si rivela la vera "misura".
Peter Paul Rubens, maestro indiscusso del Barocco fiammingo, ci consegna con Minerva protegge la Pace da Marte (Guerra e Pace) (1630) una delle sue allegorie più celebrate e complesse. Al centro della sontuosa composizione, la Pace viene articolata come una figura materna e nutritrice, che allatta un bambino – emblema di prosperità e delle future generazioni – circondata da putti festosi che tessono ghirlande e portano frutti, simboli inequivocabili di abbondanza e armonia. A proteggerla, maestosa e imponente, si erge Minerva, dea della saggezza e delle arti, che con la sua armatura e il suo scudo si frappone tra la Pace e il minaccioso Marte, dio della guerra, raffigurato nel suo aspetto più feroce, attorniato da figure allegoriche della furia e della discordia. L’uso sontuoso del colore, la plasticità dei corpi e la resa dinamica della scena creano un contrasto stridente tra l'orrore destabilizzante della guerra e la bellezza armoniosa e fertile della pace.
Rubens, con la sua retorica visiva, ci comunica un messaggio potente, un monito valido in ogni tempo: la pace non è un dono passivo, ma un bene prezioso che deve essere attivamente difeso dalle forze della distruzione; e in questa difesa, la saggezza, la cultura e il discernimento etico giocano un ruolo cruciale e insostituibile.
L’opera attribuita a Orazio e Artemisia Gentileschi, Allegoria della Pace e delle Arti (1635-1638), offre un'interpretazione particolarmente profonda del legame indissolubile tra la pace e la fioritura culturale. In quest’opera la Pace non è solo l'assenza di guerra, una mera quiete temporanea, ma una forza attiva e generatrice che nutre, protegge e incoraggia le Arti. Strumenti musicali, tavolozze, compassi, libri e sculture sono disseminati attorno a lei, simboli eloquenti della rinascita creativa che solo un periodo di stabilità e armonia può permettere.
La potenziale collaborazione tra padre e figlia Gentileschi, maestri del Caravaggismo, aggiunge un ulteriore strato di significato all'opera, suggerendo una trasmissione di conoscenza e un'eredità culturale che prosperano in un clima di concordia e collaborazione, non di conflitto. Questa allegoria svela la vera condizione della pace, fondamentale non solo per la sopravvivenza, ma per lo sviluppo stesso della civiltà, della bellezza e della conoscenza umana, i veri pilastri di una grandezza che non conosce “nullità" o “bassezza”.
Queste opere risuonano con una forza sorprendente e quasi profetica nel nostro tempo. Ci rammentano che la pace non è un concetto astratto o un'utopia irraggiungibile, ma una condizione concreta, una scelta etica che permette la fioritura della vita, della cultura e della prosperità. Oggi, di fronte a conflitti che generano sofferenza inaudita, distruggono patrimoni e seminano odio, il messaggio di questi artisti si carica di una nuova, urgente rilevanza. Riconoscere la vera grandezza in chi promuove la pace, la comprensione e la cooperazione, piuttosto che in chi semina discordia e distruzione, è un passo fondamentale e ineludibile verso un futuro più giusto, più umano e, in ultima analisi, più degno del nostro stesso essere.
(Take on me)
La pace viene dalla comunicazione.
Ezra Pound
Immagine di apertura: Peter Paul Rubens, Minerva protegge la Pace da Marte (Pace e Guerra), 1629-1630, National Gallery, Londra, Regno Unito. Courtesy Wikimedia Commons.