Nel cuore del centro storico di Basilea, il Domushaus è un raro esempio di modernismo svizzero: un cubo di vetro e cemento progettato nel 1958 da Max Rasser e Tibère Vadi, che unisce rigore razionale e trasparenza strutturale. In occasione di Art Basel 2025, l’edificio si trasforma in uno spazio di sospensione e raccoglimento, una parentesi meditativa nella settimana più frenetica dell’anno.
Qui, tra facciate continue, pilastri regolari e luce diffusa, la pittura tonale di Lenz Geerk trova un’eco naturale. Geometrie essenziali e atmosfere silenziose si riflettono l’una nell’altra, dando forma a “Lautlos”, la sua prima mostra personale a Basilea – visitabile fino al 22 giugno – che presenta una nuova serie di opere in dialogo con lavori precedenti.
Ne abbiamo parlato direttamente con l’artista, che racconta:
“È strano essere tornato. Ho lasciato Basilea quando avevo 13 anni, quindi non è il luogo della mia adolescenza, ma piuttosto della mia infanzia. Basilea è molto tranquilla, ordinata e graziosa, ma la mia infanzia non è stata esattamente facile, quindi la bellezza della città si intreccia a ricordi piuttosto cupi, rendendo l’esperienza piuttosto ambigua…”
Ma in modo interessante, è proprio l’ambiguità a essere sempre fondamentale nel mio lavoro.
Lenz Geerk

Nato a Basilea nel 1988 e oggi residente a Düsseldorf, Lenz Geerk indaga attraverso la pittura la dimensione della solitudine, intesa non tanto come stato di isolamento quanto come pausa introspettiva.
“Ho passato gran parte dell’anno scorso a lavorare a una mostra completamente in bianco e nero, realizzata per lo più su carta, che ha inaugurato a gennaio a Los Angeles”, racconta. “Per me è sempre importante esplorare approcci diversi e pormi nuove sfide. Dopo aver sperimentato le molte sfumature del grigio, ho voluto provare a lavorare con le tonalità del blu, del rosso, dell’arancione, ecc.”
Nelle sale luminose della Domushaus si susseguono sei nuove piccole tele, caratterizzate da nette monocromie che segnano una svolta rispetto ai lavori precedenti. Avvolte in colori pastello o toni così saturi da sembrare quasi elettrici, queste atmosfere pittoriche sembrano evocare stati psichici più che condizioni luministiche naturali. “È interessante osservare come l’atmosfera di un’opera cambi quando avvengono variazioni molto sottili di tono”, conferma lo stesso artista.
Il titolo scelto è “Lautlos”, che in tedesco significa “senza suono”, una parola semplice ma densa, che amplifica e definisce l’atmosfera sospesa che avvolge la mostra e ne orienta la lettura: scene domestiche spogliate di narrazione, interni statici, presenze umane solitarie appena animate da minimi gesti, oggetti inerti.

Un progetto che sembra pensato su misura per il cubo di vetro della Domushaus, eppure Geerk racconta: "in realtà non sapevo dove sarebbero state esposte le opere quando ho iniziato a lavorarci. In modo interessante, è proprio l’ambiguità a essere sempre fondamentale nel mio lavoro."
Un aspetto che riaffiora nella serie A Lover’s Hair, dove il centro dell’attenzione non è la figura, come potrebbe sembrare a un primo sguardo, ma un suo frammento minimo: un capello. Lasciato su un materasso, adagiato su uno sgabello, in bilico tra due dita. Così leggero e fragile da sembrare sul punto di svanire con un soffio, diventa traccia di un’assenza, segno di un passaggio, di un legame interrotto.

Situato all’angolo tra Pfluggässlein e Weisse Gasse, nel cuore del centro storico di Basilea, il Domushaus si distingue tra le pittoresche casette medievali per la sua forma netta e modernista: un cubo alto sei piani progettato nel 1958–59 dagli architetti Max Rasser e Tibère Vadi per ospitare il negozio Domus, specializzato in arredi scandinavi. Una vera e propria “vetrina urbana” incastonata nei vicoli storici, definita da pilastri cilindrici, facciata continua modulare e ampie superfici vetrate a nastro che riflettono lo spirito del Neues Bauen e i principi strutturali del sistema Domino di Le Corbusier.
Nel 1984, per evitarne la demolizione, l’edificio fu riconvertito nella prima sede dello Schweizerisches Architekturmuseum (SAM): un intervento minimale firmato dallo studio Diener & Diener che ne ha preservato la struttura originaria, introducendo pareti mobili per adattare gli spazi alle esposizioni temporanee. Nonostante il trasferimento della collezione permanente alla Kunsthalle nel 2004, il Domushaus continua a essere un centro pulsante di attività: oggi ospita studi di architettura, una comunità curatoriale attiva e nuovi progetti pubblici promossi da Domushaus EG.
Il contrasto tra le sue geometrie nitide e l’architettura storica circostante lo rende un landmark discreto ma potente. Un luogo ideale per “Lautlos”, un allestimento in cui la pittura silenziosa e introspettiva di Geerk entra in risonanza con lo spazio, rendendo palpabile il sottile equilibrio tra forma, luce e silenzio.

Presentare il progetto durante Art Basel è la scelta dichiaratamente controcorrente firmata da Galleria Massimo De Carlo. Tra installazioni immersive, opere monumentali e ritmi accelerati, la mostra di Geerk propone l’esatto opposto: superfici quiete, volumi chiusi, tensioni emotive minime ma persistenti. In un luogo storico della città, simbolo dell’unione tra arte e architettura, la mostra si afferma come spazio di discontinuità: non urla, non distrae, non compete. Non chiede di vedere, ma di ascoltare meglio; di leggere tra le righe, di ritagliarsi il tempo necessario per prestare attenzione, anche quando il rumore di sottofondo sembra farsi assordante.