Nel bel mezzo della primavera, i programmi per le vacanze estive occupano una buona fetta del nostro tempo libero: qualunque sia la meta, ogni viaggio richiede un’organizzazione puntuale nella costruzione di un itinerario, tra musei, ristoranti, e luoghi imperdibili, per non ripartire con l’amara sensazione di aver dimenticato qualcosa.
Ma la bella stagione in arrivo porta con sé anche la chiusura di molte mostre in attesa che inizi la programmazione estiva, e c’è molto da vedere in giro nelle grandi città europee: dalle opere dell’artista invisibile Luigi D’Eugenio nella mostra curata da Roberto Cuoghi da Ordet a Milano, alla fotografia che “rende felici” in mostra a Villa Medici sotto la guida di Maurizio Cattelan, fino alle artiste pioniere dell’arte digitale a Vienna: le mostre in corso in Europa in questo periodo spaziano nei temi della contemporaneità, tra poesia, tecnologia, memoria personale e collettiva, e attivismo.
Da non perdere Anselm Kiefer allo Stedelijk Museum di Amsterdam, in attesa della mostra che arriverà a Palazzo Reale a Milano nel 2026, l’installazione di Alfredo Jaar a Berlino, e i paesaggi interiori di Precious Okoyomon a Bregenz.
Domus ha selezionato dieci mostre che vale la pena vedere in Europa nelle prossime settimane prima che chiudano, perfette occasioni per organizzare un weekend fuori porta e chiudere il pc per qualche giorno.
Immagine di apertura: Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari, Toiletpaper. Courtesy of Toiletpaper

1. LGUDGN71R23D341C, Curated by Roberto Cuoghi, Ordet, Milano, fino al 14 giugno
“Questa è la mostra di uno che non ha un curriculum, che non ha un mercato e che non lo cerca, la mostra di uno che non esiste”: dopo la personale di Cosima Von Bonin, che ha inaugurato il nuovo spazio in via Filippino Lippi, Ordet ospita la mostra curata da Roberto Cuoghi e Oppy de Bernardo, dedicata a Luigi D’Eugenio. Artista invisibile, mai apparso in pubblico, i curatori raccontano che lavorerebbe e vivrebbe in venticinque metri quadrati, e di lui conosciamo solo il codice fiscale, che è anche il titolo della mostra. Tele ampie di recupero su cui il colore è steso per fasce, come seguendo il ritmo di un fax, e i soggetti, volti, paesaggi, interni, sono suggeriti dal web – unica finestra che D’Eugenio avrebbe sul mondo.
LGUDGN71R23D341C, curated by Roberto Cuoghi, Ordet, 2025. Courtesy Luigi D’Eugenio e Ordet, Milano. Foto: Nicola Gnesi

2. Chromotherapia. La fotografia a colori che rende felici, Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, Roma, fino al 9 giugno
Curata da Maurizio Cattelan, che ci ha preso gusto a vestire i panni del curatore, insieme a Sam Stourdzé, “Chromotherapia” è una mostra che esplora un’altra storia della fotografia a colori nel XX secolo attraverso lo sguardo di diciannove artisti. Percorrendo sette sezioni tematiche, si viaggia in mondi saturi e vividi dove il colore stimola i sensi e la mente. Storicamente sottovalutata, la fotografia a colori ha invece contribuito alla liberazione della creatività, intrecciando connessioni con pop art, surrealismo, kitsch e barocco. Dal primo procedimento autochrome del 1907 a oggi, il colore si è evoluto in quanto strumento narrativo, ridefinendo estetiche e significati.
Juno Calypso, Chicken Dogs, 2015, Archival Pigment. © Courtesy l'artista e TJ Boulting

3. Precious Okoyomon. One Either Loves Oneself or Knows Oneself, Kunsthaus Bregenz, Bregenz, fino al 25 maggio
Fino al 25 maggio Kunsthaus Bregenz ospita la personale di Precious Okoyomon, artista che nella sua pratica unisce arte, poesia e performance, affrontando temi come identità, spiritualità e storia coloniale. Diversi i nuovi lavori esposti: gli ambienti ispirati agli studi dello psicanalista Carl Gustav Jung, al piano terra, dove soffermarsi sui sogni, i ricordi e i sentimenti nascosti; al secondo piano, un enorme orso di peluche abbandonato su un morbido tappeto rosa, con i suoi occhi a forma di lacrima, e i cuori sulle zampe invita a momenti di smarrimento e sogno a occhi aperti. Al terzo piano, i visitatori entrano in un giardino chiuso dove farfalle svolazzano tra crisalidi in metamorfosi. All’esterno dell’habitat umido e caldo, un film mostra un volo sopra i sobborghi dell’Ohio, stato natale di Okoyomon, in cui l’artista pilota l’aereo leggendo le proprie poesie al cielo.
Vista della mostra al secondo piano della Kunsthaus Bregenz, 2025. in the belly of the sun endless, 2025 Foto: Markus Tretter © Precious Okoyomon, Kunsthaus Bregenz. Courtesy l'artista e Kunsthaus Bregenz

4. Radical Software: Women, Art & Computing 1960–1991, Kunsthalle Wien, Vienna, fino al 25 maggio
Con oltre cento opere di cinquanta artiste, tra pittura, scultura, installazione, performance “Radical Software: Women, Art & Computing 1960–1991”, alla Kunsthalle di Vienna fino al 25 maggio, esplora il ruolo pionieristico delle donne nell’arte digitale. Il nucleo dell’esposizione, curata da Michelle Cotton, ruota attorno ad artiste che dagli anni Sessanta furono tra le prime a usare computer mainframe e minicomputer, o a lavorare con sistemi algoritmici e matematici per realizzare opere d’arte. In un contesto segnato anche dalla seconda ondata femminista, la mostra ricostruisce una storia poco nota dell’arte digitale, includendo nomi come Dara Birnbaum, Agnes Denes, Gretchen Bender e molti altri.
Veduta dell'installazione Radical Software: Women, Art & Computing 1960-1991: Charlotte Johannesson, Untitled, 1981-85, Kunsthalle Wien 2025, Courtesy l'artista, Hollybush Gardens, London, e Croy Nielsen, Vienna. Foto: kunst-dokumentation.com

5. Richard Wright, Camden Art Centre, Londra, fino al 22 giugno
Richard Wright fino al 22 giugno è al Camden Art Centre di Londra con la sua prima mostra personale in un'istituzione londinese, e la più grande esposizione istituzionale nel Regno Unito da oltre vent’anni. Una nuova opera monumentale site-specific, dipinta direttamente all’interno dell’edificio, insieme a opere su carta, in vetro e oggetti tridimensionali che rivelano aspetti meno noti del suo lavoro: la mostra è concepita come una serie di momenti che dialogano con l’architettura vittoriana e del dopoguerra dell’edificio. Tra le opere, due grandi pannelli in vetro colorato sospesi nell’atrio centrale e oltre cinquanta disegni realizzati nell’arco di trent’anni. In mostra anche opere in foglia d’oro, che richiamano il lavoro vincitore del Turner Prize nel 2009.
Veduta dell'installazione di Richard Wright, Camden Art Centre, 2025. Foto: Rob Harris

6. Paris Noir. Artistic circulations and anti-colonial resistance, 1950–2000, Centre Pompidou, Parigi, fino al 30 giugno
Dagli anni Cinquanta, artisti afroamericani, caraibici e africani trovano a Parigi terreno fertile per contribuire al rinnovamento nell’arte contemporanea. “Paris Noir. Artistic circulations and anti-colonial resistance” è un’immersione in quella Parigi cosmopolita diventata crocevia di resistenza, creazione e identità transculturali, con le opere di centocinquanta artisti, molte delle quali mai esposte in Francia prima d’ora. Attraverso movimenti come astrazione afro-atlantica, surrealismo e figurazione libera, la mostra esplora il contributo degli artisti di origine africana alla ridefinizione dei modernismi, ripercorrendo oltre cinquant’anni di lotte per l’emancipazione e contro il razzismo, dall’indipendenza africana alla caduta dell’apartheid.
Gerard Sekoto, « Self-portrait », 1947 - The Kilbourn Collection - © Estate of Gerard Sekoto/Adagp, Paris, 2025 - Foto © Jacopo Salvi

7. Htein Lin. Escape, Ikon Gallery, Birmingham, fino al 1 giugno
Ikon presenta una grande mostra personale di Htein Lin, artista multidisciplinare birmano, dedicata alla sua esperienza umana e politica. In esposizione oltre quarantacinque opere della serie “000235” (1998–2004), realizzate su uniformi e tessuti trovati durante la sua permanenza in carcere in quanto prigioniero politico, insieme a disegni, sculture, video e nuove creazioni. Tra queste, “Fiery Hell” (2024), che racconta il dramma della guerra civile in Myanmar, e “A Show of Hands” (2013–), con calchi in gesso delle mani di ex prigionieri politici. Htein Lin ha inoltre lavorato con i detenuti della prigione HMP Grendon, esplorando i materiali, gli strumenti e i soggetti dell’arte carceraria tra Regno Unito e Myanmar.
Htein Lin, Fiery Hell (2024). Acrylic on canvas. © Courtesy the artist and Richard Koh Fine Art.

8. Alfredo Jaar. The End of the World, Kindl, Berlino, fino al 1 giugno
Da oltre quarant’anni l’artista, architetto e regista Alfredo Jaar affronta temi sociopolitici complessi, indagando i limiti dell’etica e della rappresentazione. Fino al 1° giugno Kindl a Berlino ospita “The End of the World” (2024), un’installazione site-specific che denuncia l’avidità legata alle risorse naturali, questione che l’artista ha a cuore dagli anni Ottanta. Il progetto si concentra su dieci metalli strategici – tra cui cobalto, litio e terre rare – fondamentali per tecnologie digitali e militari, ma la cui estrazione causa devastazioni ambientali e gravi violazioni dei diritti umani. L’opera nasce da cinque anni di ricerche condotte con il geologo politico Adam Bobbette e riflette sull’impatto ecologico e geopolitico dello sfruttamento delle risorse.
Alfredo Jaar. The End of the World, 2024, veduta dell'installazione, Kesselhaus, KINDL, © Alfredo Jaar / VG Bild-Kunst, Bonn, 2024, foto: Jens Ziehe

9. Hans-Peter Feldmann: 100 Jahre, Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk, fino al 1 giugno
La serie fotografica “100 Jahre” (100 anni) di Feldmann è composta da centouno ritratti in bianco e nero di persone di età compresa tra le otto settimane e i cento anni, tutti appartenenti alla cerchia familiare o amicale dell’artista. Ogni immagine, centrata e nitida, mostra un volto accompagnato da nome ed età, rappresentando simbolicamente un anno di vita. Disposte in ordine cronologico, le fotografie formano una linea temporale che invita lo spettatore a confrontarsi con il tempo, riconoscendosi nei volti coetanei, osservando il passato e immaginando il futuro.
Hans-Peter Feldmann: 100 Jahre, Courtesy Louisiana Museum of Modern Art

10. Anselm Kiefer. Sag mir wo die Blumen sind, Stedelijk Museum, Amsterdam, fino al 9 giugno
La mostra che lo Stedelijk Museum dedica ad Anselm Kiefer, in collaborazione con il Van Gogh Museum, evidenzia il profondo legame tra l’artista tedesco e i Paesi Bassi, in particolare con il museo stesso, che lo ha sostenuto sin dagli inizi, acquisendo alcune sue opere, e dedicandogli una mostra personale nel 1986. Oggi, lo Stedelijk riunisce per la prima volta tutta la sua collezione di Kiefer, affiancandola a lavori recenti e a due nuove installazioni immersive, tra cui “Sag mir wo die Blumen sind” (2025), opera che dà il titolo della mostra, e che ha origine da una celebre canzone pacifista del 1955, interpretata da Marlene Dietrich, portatrice di temi cari alla pratica di Kiefer, come quelli della caducità, del destino umano e del ciclo della vita e della morte.
Anselm Kiefer, Sag mir wo die Blumen sind, 2024. Courtesy of the artist and White Cube. In Anselm Kiefer - Sag mir wo die Blumen sind, Stedelijk Museum Amsterdam & Van Gogh Museum, 2025. Foto: Peter Tijhuis