5 pagine di meme sull’arte che dovresti seguire

Emblema della società contemporanea, i meme fanno politica, intrattenimento e anche cultura. Ecco cinque pagine Instagram da seguire che memano l’arte e la sua storia. 

Che società saremmo senza i meme? Prodotto esemplare di una contemporaneità che è scesa a patti con il poco tempo a disposizione e con la centralità dell’immagine, i meme sono oggi simbolo, per qualcuno ovvio, per altri controverso, di una cultura che si fonda su velocità, riproducibilità e diffusione capillare. Immediati, accessibili e digitali: il linguaggio perfetto per gli abitanti del ventunesimo secolo.  “Fenomeno virale che non mira semplicemente a riprodursi ma a reinventarsi” - così li definisce Alessandro Lolli in La guerra dei meme (effequ, 2017) -, alla portata di chiunque abbia un’idea da esprimere e dei pollici opponibili, i meme sono strumento che diffonde opinioni e visioni nell’arco di un click, creano comunità, disegnano tendenze. Sbagliato pensare si tratti sempre e solo di un passatempo, di uno scherzo o una battuta, perché l’arte di memare è in realtà qualcosa di sottile, che ha spesso a che fare con schiettezza ed essenzialità. Con i meme, insomma, si fa politica, gossip, informazione, critica, intrattenimento. Ma più di tutto, forse, si fa cultura. Talvolta, anche di alto livello. Accorciando sempre di più la distanza tra pubblico e autore fino a farla scomparire, “users become the editors, critics, translators, and (co-)authors of poor images” (Hito Steyerl, In Defense of the Poor Image, e-flux journal, novembre 2009, issue #10).

E i meme stessi sono cultura. Nel suo libro Memestetica. Il settembre eterno dell’arte (Nero Editions, 2020), Valentina Tanni nota come youtuber e instagrammer ci stanno “lasciando in eredità un insieme di pratiche e di estetiche che richiamano alla memoria i precetti delle avanguardie storiche, allegramente distorti in una chiave weird/strana/disturbante, selvaggia e disinibita”. Noi come Duchamp, dunque, noi come quei baffi che hanno dissacrato la Gioconda, in un filo rosso pulito e conciso che unisce il gesto rivoluzionario del 1919 ai nostri atti di ordinaria disobbedienza sul web. Gli intrecci tra meme e arte sono quindi più radicati di quanto si possa immaginare a un primo sguardo e soprattutto vanno in entrambe le direzioni. Ecco cinque pagine Instagram da seguire per ricordarsi che, anche per chi ama l’arte, Internet è un posto meraviglioso.

@medievalwounds

Pagina Instagram @medievalwounds

Si descrive come “un’innocente suora in giro su una piacevole crociera” la proprietaria dell’account da quasi 52 mila follower che diffonde e profana l’arte medievale. Ce li abbiamo presenti tutti quei corpi esili e sgraziati che affollano i timpani delle chiese gotiche e abitano le pagine di antichi manoscritti. Nelle mani della nostra “suora” diventano basi meme perfette, in cui quella sacra bruttezza si fonde con trend contemporanei, tra “what’s in my bag?” e oroscopo. L’autrice si rivolge spesso alle “girlies”, le sue ascoltatrici predilette che, in età medievale, sarebbero state certamente arse sul rogo.

@culturequota

Pagina Instagram @culturequota

Dietro il sarcasmo dell’account da 53 mila follower si nasconde Beatrice Levine, storica dell’arte specializzata in Holocaust and Genocide Studies (University of Kansas) e Nazi-era Provenance Research (University of Denver). Intrecciando cultura pop, femminismo e critica al capitalismo, Levine ha dato vita ad un progetto social che dal 2015 critica e deride la pomposa serietà del sistema dell’arte contemporanea a suon di meme con Kim Kardashian, Lady Gaga e Britney Spears. Complice un cinismo che solo chi ha lavorato nell’industria museale e delle aste americane può maturare, Levine ridimensiona ogni giorno l’ego di un sistema escludente, elitario e antidemocratico. 

@thegaze_art


Qualità grafica, storytelling incredibile e dialoghi perfetti: Matthijs Van Mierlo è il creator belga che racconta ai suoi 518 mila follower le opere d’arte lasciando parlare i personaggi che le abitano. Così la Cena di Emmaus di Caravaggio si trasforma in una discussione su chi debba andare a prendere il vino, e la Scuola di Atene di Raffaello diventa un “Reinassance boys club” in cui l’unica donna, Ipazia di Alessandria, è “la Beyonce della filosofia”.

L’immagine del profilo è un autoritratto di Louis-Leopold Boilly, artista francese del XIX secolo “che amava dipingere facce buffe”: un invito, da parte di Van Mierlo, a dimenticarsi per un attimo di quella rigidità accademica ancora molto spesso imposta a chi si avvicina alla storia dell’arte.

@nicsigni_writes

Pagina Instagram @nicsigni_writes

Con il suo account da 30 mila follower, Nicole Tersigni trasforma i dipinti del passato in scene di ordinario mansplaining. Opere randomiche e spesso poco conosciute fungono da base meme per raccontare gli uomini che spiegano cose alle donne: dall’origine dei sentimenti alle funzioni del corpo femminile. Così le protagoniste dei dipinti, nei loro bei vestiti ottocenteschi oppure completamente nude, a seconda delle preferenze dell’artista maschio che le ha ritratte, alzano gli occhi al cielo o fissano disperatamente il vuoto mentre si sentono dire di sorridere di più. Con un umorismo che gli americani definirebbero “sassy”, Tersigni parla di politica, società e attualità tramite il linguaggio universale della risata (amara). 

@mo_n_stre

Pagina Instagram @mo_n_stre

Meme brutti e divertenti sull’arte italiana: l’account da 25 mila follower commenta tutto, dal gossip alla politica, da Sanremo a Temptation Island, ma lo fa attraverso Piero della Francesca, Paolo Uccello e Filippo Lippi. “Temo siano di più le persone che hanno letto Vasari che quelle che sono andate a votare” si leggeva poco dopo il Referendum per la Cittadinanza dell’8 e 9 giugno, mentre in questi giorni la Medusa di Caravaggio in primo piano accompagna la scritta “Occhi spaccanti” in onore dell’ultimo gossip su Raoul Bova. Puntuali e mai banali, i meme di Mo[n]stre sono fatti per chi ha passato gli anni universitari a studiare sui manuali Briganti-Giuliani, Argan e De Vecchi-Cerchiari, per chi ora fa tutt’altro nella vita ma che non dimentica il tempo passato a cercare di distinguere un Mantegna da un Bellini.