L’arte di No Curves: crescere nella terra del design e credere nella geometria

Solo linee dritte e assoluta coerenza per il tape artist italiano più corteggiato dai brand: così si passa dalla Brianza alla torre di Gehry ad Arles, dai magazzini del fai da te ai tram, dal metaverso alla mostra appena inaugurata a Milano. In linea retta, lavorando tanto, tantissimo.

No Curves è l’artista del nastro adesivo che modda i videogiochi, mette le mani sulla bici di una sei volte campionessa del mondo e progetta l’ancoraggio di un’opera murale. Indifferentemente. Se può farlo – se sa farlo – è perché prima di stendere nastri adesivi, ed essere riconosciuto come uno molto bravo dai brand che lo chiamano perché immagini qualche progetto per loro, ha raccolto segatura, usato la piallatrice e imparato a prendere le misure.

“No Curves viene dalla terra dei trucioli, dove la gente lavora tanto e paga le tasse”, hanno detto di lui il giorno in cui ha aperto la mostra a Palazzo Pirelli, a Milano (“Movimento Geometrico”, fino al 16 febbraio), nello Spazio eventi della Regione Lombardia. Nelle sale, le opere più significative degli ultimi 15 anni. Per le strade, i tram personalizzati di fresco per Maxi Sport, il gruppo di retailing sportivo che festeggia il suo nuovo store con una nuova identità grafica; quella dell’artista.

  

No Curves corregge il tiro: “Arrivo dalla Brianza, sì, ma quei trucioli significano altro: aver compiuto un percorso dal basso verso l’alto, dove l’alto non è il punto di arrivo del successo, ma quello che hai imparato strada facendo, su di te e sulla capacità di realizzare materialmente le tue visioni”. We believe in angles and straight lines, crediamo negli angoli e nelle linee dritte: il suo motto interiore, che è anche dichiarazione d’intenti, attraversa sempre i suoi discorsi. È una forma mentis, è il suo tratto artistico. 

Se uso il nastro adesivo il protagonista è lui, io resto un passo indietro, sono la mano e il corpo che servono a tirarlo.

No Curves, con l’aspetto tagliente di chi ha radici nei Paesi dell’Est, è cresciuto in una di quelle piccole aziende che rendono grande il design district. “Se inizi dove le cose si guadagnano con fatica, impari che i risultati arrivano solo con il lavoro. Quello duro. La creatività è innata, è vero, ma se non la alleni con la pratica, non cresce”. L’esercizio è quello del contatto con la sostanza: “Bello parlare di filosofia, ma bisogna conoscere la natura dei materiali che usi, qual è la loro densità, con cosa abbinarli, qual è la durata. Quanta energia ci vuole per vedere un risultato. E quando la stanchezza avrà la meglio, perché anche lei fa parte del gioco”.

No Curves. Tape Art a Shanghai
No Curves. Tape Art a Shanghai

Fissato con i magazzini di forniture edili e di fai da te, dove è capace di passare intere giornate a scoprire le ultime texture dei guanti in gomma, ragiona su quanto siano importanti i consigli di chi si confronta con cementi, collanti e resine tutti i giorni: più che gli architetti, gli operai. “Curo sempre gli allestimenti dei miei lavori: disegno e realizzo modellini in scala, come i designer di interni, inserendo ogni dettaglio nei mock up. Sono istintivo solo nell’aspetto performativo; nell’ideazione invece ho la mentalità del progettista”.

Cumuli di fogli e pezzi unici – per esempio la scrivania in legno realizzata anni fa per la mostra Bunkerhaus, allo spazio Seminato Arte – lo aspettano in studio, tra i taglierini e le decine di scatole di nastri adesivi. Molti sono da pochi centesimi, altri li riceve dai produttori che gli chiedono di testarli. Considera: “Guarda le mie mani: mi sono ferito duemila volte, ma sono perfette. È incredibile: taglio nastro adesivo tutto il giorno e ho una pelle su cui non resta traccia delle cicatrici”. Poi riprende il discorso, tra etica della fatica ed estetica della pignoleria: “Pensavo: adesso c’è questo totale impazzimento per gli NFT. Bene, bello. Però è meglio sapere che tra tanti pregi, hanno anche un difetto: fanno credere che il guadagno facile sia lì a disposizione, che basti saperlo cogliere. Ma è vero anche il contrario: come compare, si può dissolvere”.

  

Figlio di una specie abituata agli scontri frontali, più che alle smargiassate sui social, torna alla legge del nastro: “Nella geometria non ci sono vie di fuga ma solo regole: per me, l’unico strumento per stare correttamente al mondo”. Lui se n’è date, nel lavoro e nella vita: “Porsi dei limiti serve a evitare le incongruenze”, che nella pratica significa “mai tradire. Le proprie idee, le persone, la propria arte. Se uso il nastro adesivo il protagonista è lui, io resto un passo indietro, sono la mano e il corpo che servono a tirarlo. Anche quando lo trasferisco in un ambiente digitale: senza riconoscibilità non c’è stile, qualunque sia la destinazione d’uso”. Attieniti al piano, si ripete ogni giorno. Venga a lavorare con noi, gli chiedono Adidas, BMW e Mercedes, Red Bull, il museo della scienza e della tecnologia di Milano e il Barbican di Londra.

Nella geometria non ci sono vie di fuga ma solo regole: per me, l'unico strumento per stare correttamente al mondo.

Come si mantiene un equilibrio tra libera arte e committenze private?
“Metto tutto sullo stesso piano. Con l’età ho capito che l’importante è semplificare: cerco di garantire la stessa qualità, sia sul piano visivo che pratico, qualunque cosa faccia”. Cita Daniel Arsham, l’artista che fa incrociare Pikachu con una scultura di se stesso in una campagna realizzata per Uniqlo, e poi trasforma una Porsche 930 Turbo del 1986, mantenendo lo stesso identico sguardo. “In certi casi il termine artista diventa riduttivo: nella pratica siamo andati ben oltre”, riflette. “Quando hai scelto il tuo mezzo di espressione e gli sei fedele, non esistono l’arte, le gallerie o le fondazioni; ci sono solo il tuo mondo e le contaminazioni che genera”.

No Curves. Foto Federico Laddaga
No Curves. Foto Federico Laddaga

Tira fuori dal cellulare la copertina di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd e fantastica: “Prendiamo quel prisma con il fascio di luce: tutto ciò che passa da quella porta, sbuca dalla parte opposta, dritto nell’universo No Curves. Un filtro trasformativo? Non esattamente. Mi piace la dimensione dell’attraversamento, di qualcosa che migra da una giacca agli occhiali, al wrapping delle macchine, persino ai piatti. Quando inizi, non ti puoi fermare: Keith Haring lo sapeva bene”.

In effetti No Curves si muove su binari che lo portano in direzioni molto diverse. Da dove parte quando pensa a un progetto? Dai materiali, dall’immagine o dal luogo dove verrà contestualizzata l’opera? “La verità?”, chiede a sua volta. “Dalla visione: in pochi minuti ho già chiaro in testa cosa voglio fare. È un flash. La fase complicata è quella della progettazione: possono volerci mesi per concretizzare l’idea, per capire come realizzarla”. Ha in mente la torre di Frank Gehry per Luma Arles, il campus creativo progettato in Provenza e inaugurato l’anno scorso. “Quello è risultato definitivo, ma qual è stato il percorso per arrivarci? Sono andato a osservare i primi bozzetti, i materiali scelti. Incredibile come una cellula diventi un corpo. Ma credo che alla base ci sia sempre una fulminazione. Come farla splendere è la seconda parte del lavoro”.

Mostra:
Movimento geometrico
Artista:
No Curves
Luogo:
Palazzo Pirelli
Indirizzo:
Via Fabio Filzi 21, Milano
Apertura:
19 gennaio – 16 febbraio 2022

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