Al mio arrivo, l'opera, in mezzo ai prati, era già circondata da skater di ogni età che commentavano tra loro gli espedienti per tentare di domare le curve della nuova pista. Un intervento d'artista per interagire con il paesaggio. Una scultura progettata per i freestyler urbani. Un'agorà cittadina in mezzo alla campagna.
Sul finire di un pomeriggio di sole, ci si è messa di mezzo la pioggia. Un temporale ha disperso la folla. E poi la grandine. Un forte acquazzone ha creato rivoli di fango sulla scintillante struttura mentre le autorità locali (nonché la EDF, la società elettrica che ha la responsabilità del lago) hanno allestito dei fuochi d'artificio. I botti notturni non avranno magari svelato i sognati effetti di fosforescenza di queste forme ricurve, ma un bel panorama di piste da sci sul finire della primavera (l'anello mancante tra skateboard e snowboard?). Il mattino dopo pareva di essere alla scena finale di Lost in La Mancha. Sul set restavano solo pochi accessori. Koo Jeong-A ha immaginato un'opera d'arte integrata nel paesaggio che avrebbe interagito con mutare della luce. La sua collaborazione con lo studio l'Escaut Architectures e con alcuni esperti skateboarder ha creato una curiosissima pista, una bella scultura, un incisivo intervento sul paesaggio; o, come dicono gli autori, un invito a "correre sullo skateboard nel paesaggio". "Si è giovani una volta sola": la citazione su questa vecchia tavola dei tempi della scuola era una profezia di questa giornata di contrasti. Il connubio di skater e meteorologia ha creato una performance che nessuno si aspettava, in cui gli elementi esterni (quello umano e quello naturale) hanno cambiato la forma dell'opera d'arte. Ogni creazione vive la propria vita. Otro ne ha avuta una breve, e presto vivrà una resurrezione, dato che ne è previsto il restauro per l'inaugurazione ufficiale dopo l'estate. Nei giorni seguenti ho scambiato qualche messaggio e-mail con Claude Queyrel, esponente del FOSSJ (French Old School Skate Jam), la riunione che ha inaugurato Otro.

Gli elementi hanno remato contro… Dal ritardo del treno fino a questo gran finale. Non ho mai visto un'atmosfera cosi entusiasta per una pista di skate. È un peccato non aver avuto più tempo per parlare, tra questo video e le foto, la riunione di skater e i tuoni. Hai visto il film Lost in La Mancha? Era una cosa così.
fossj – 9 luglio 2012 11:08:13 AM GMT+02:00
Certo che ho visto Lost in La Mancha. Quel che ci ha evitato il disastro è il fatto che non c'erano produttori a mangiarsi tutto il budget. E il fatto, in realtà, che la stessa idea di disastro e di caos a noi skater ci solletica, ci eccita… A dir la verità fin dalla prima edizione del FOSSJ non abbiamo fatto altro che cercare di mettere insieme gli elementi giusti per far succedere qualcosa. Siamo un movimento globale, sappiamo che cosa vogliano, ma i modi per riuscirci sono sempre imprevedibili.
gbasdevant – 9 luglio 2012 2:32:28 PM GMT+02:00
Mi è proprio piaciuto il lato apocalittico della faccenda. Gli architetti erano abbastanza depressi. Sono quasi riuscito a raccontare l'intera storia della (breve) vita di un'opera d'arte.
(…)

La pista di skate è stata concepita come una scultura. La sua forma non risponde esclusivamente a un'attività sportiva. L'oggetto estetico è stato strutturato nel modo migliore per rispondere alle esigenze degli skater, ma il suo valore d'uso veniva al secondo posto, innestato su un'altra intenzione. Siamo in un duplice campo d'attrazione: l'estetica si sovrappone alla prassi. Possiamo anche pensare di essere tornati alle origini. Queste forme creano una forza d'attrazione che fa venir voglia di provarle. Le emozioni danno impulso al movimento. Stiamo ritrovando le radici di un modo di fare skateboard sulle superfici curve che rivoluzionò questa pratica negli anni Settanta, quando le piscine vuote della California attiravano irresistibilmente gli skater. Non erano forme progettate appositamente per loro, ma gli skater proiettavano su di esse i loro desideri… E oggi riviviamo questo momento, trent'anni dopo. Che emozione!
gbasdevant - 9 luglio 2012 23:41:15 AM GMT+02:00
È interessante l'idea che una prospettiva estetica innovativa possa avere questo valore di riferimento, di omaggio alle prime sperimentazioni. Ed è ancor più sorprendente se si pensa che dietro tutto questo c'è un'artista che è – credo – completamente estranea alla cultura dello skate. Il suo processo creativo nasce dalla scoperta di quest'isola, della sua naturalità nel bel mezzo della stagione turistica invernale. Voleva proporre un gioco, un'interazione con il paesaggio e dare la percezione di questo ambiente naturale tramite un genere di attività urbana. Usa l'attività degli skater come strumento per comunicare le sue sensazioni su questo spazio, sul bosco, sui prati… In questo preciso momento si è vista apparire l'opera d'arte, proprio all'incrocio tra sensazioni e attività che sono estremamente diverse le une dalle altre. L'uso della pista da skate (e i problemi tecnici) si sono dimostrati così forti da farci raggiungere una specie di punto di annullamento dell'estetica iniziale. In che stato abbiamo lasciato la pista, domenica scorsa!
Otro ha offerto un palcoscenico originale a una performance spontanea. Sopravvivrà come scultura e diventerà decisamente un luogo senza paragoni per la comunità degli skateboarder.

Il confronto, la sovrapposizione, l'incrocio (chiamalo come vuoi) di questi due atteggiamenti ha decisamente creato qualcosa di unico. Abbiamo assistito a una duplice creazione dello spazio. Prima quella dello spazio dell'opera d'arte in sé, naturalmente. E poi l'appropriazione da parte degli skater (inventata dagli skater) era quasi una forma di commento al proprio gesto. Indubbiamente, a dispetto di qualche problema tecnico, la forma e il suo potenziale di desiderio non ne hanno sofferto, anzi, ne sono stati esaltati, se oggi possiamo contarne parecchie tracce: tracce reali, ma anche fotografate, filmate o raccontate e via dicendo. Ciò che abbiamo fatto ha arricchito questo desiderio. Uso spesso questa metafora del desiderio quando penso a questa scultura e in particolare al fatto che siamo stati invitati a entrare e uscire da un buco! Anch'io l'ho fatto e posso assicurarti che non è per niente un'esperienza banale. Per finire non do valore alle aggressioni subite dalla scultura, dobbiamo rimetterle nella giusta prospettiva: pensa al deterioramento di una pedana pubblica o di una parete di marmo sotto la miriade di assalti degli skater. Alla fine della giornata è una cosa normalissima!

Questo processo (il deterioramento) è stato cronologicamente molto rapido. L'abbiamo vissuto in modo estremo, letteralmente anima e corpo. È accaduto di fronte a tutti, come un'intensa esperienza collettiva. Mentre stiamo parlando dico a me stesso che dovremmo parlare di più di questo fatto e documentare questo processo. È davvero un caso esemplare.
fossj – 10 luglio 2012 9:17:37 AM GMT+02:00
Tutto ciò ci riporta al tuo punto di partenza: Lost in La Mancha, quando il documentario diventa il vero film.




