“Infinito Vão”: i cambiamenti sociali nell’architettura brasiliana

Matosinhos, Portogallo. Da Lúcio Costa a Paulo Mendes da Rocha, una mostra alla Casa da Arquitectura indaga un archivio in espansione.

12 João Vilanova Artigas, FAU-USP, São Paulo, Brazil, 1961. Photo Leonardo Finotti. Courtesy Acervo Casa da Arquitectura

“O verdadeiro amor é vão
Estende-se infinito
Imenso monolito
Nossa arquitetura”



[Il vero amore è invano
Si estende, infinito
Immenso monolite
La nostra architettura]

da Drão di Gilberto Gil, 1982

“Infinito Vão: 90 Anos de Arquitetura brasileira” (1928-2018) è il risultato di più di due anni di lavoro della Casa da Arquitectura. A Matosinhos, Portogallo, luogo di nascita di Álvaro Siza, la ex vinheria ospita una mostra che, attraversando l’Atlantico, diviene un ponte tra Portogallo e Brasile.

“Infinito Vão” nasce dalla nuova collezione sull’architettura brasiliana oggi conservata nell’archivio dalla Casa da Arquitectura (il centro portoghese di architettura), un’operazione che ha coinvolto oltre 200 donatori e che conta attualmente 103 progetti e 50.000 pezzi, fra schizzi, fotografie, documenti, pellicole e modelli. I curatori della collezione sono i brasiliani Fernando Serapião e Guilherme Wisnik, che hanno concepito la mostra per raccontare l’architettura brasiliana a un pubblico ampio, in linea con l’approccio della Casa da Arquitectura. “Infinito Vão” è una selezione densa e coraggiosa che non si ferma ai grandi nomi dell’architettura brasiliana – che pure include –, ma privilegia invece la capacità del singolo progetto di raccontare lo spirito del tempo.

La mostra è divisa in sei sezioni cronologiche, ognuna associata a una canzone, in cui l’architettura si ritrova intrecciata alle espressioni culturali e al clima di ciascun periodo. Nel grande ambiente che ospita la mostra, l’allestimento di João Mendes Ribeiro scandisce queste sei sezioni attraverso tre archi blu, che sollevano da terra il dispositivo allestitivo. Proprio quest’ultimo è l’elemento che ordina il percorso e che con la forma rimanda a una trave a doppia T, in scala monumentale.

Ed è proprio nel voler dominare questo vão che nel corso della storia gli architetti brasiliani hanno proposto, attraverso le loro strutture, delle idee di società

I curatori Serapião e Wisnik spiegano così il titolo della mostra: “Quando si dice ‘L’ho fatto per niente’, significa che una cosa non funziona: è questo il senso dell’espressione in portoghese, nel linguaggio quotidiano. Ma  per l’architettura il concetto è inverso: è la trasformazione di qualcosa che in termini di linguaggio significa ‘fallimento’, che l’architetto trasforma in una scommessa. È quello che dice una canzone di Gilberto Gil [Drão]: l’amore vero si fa per niente, è un fallimento, ma è un ‘monolito infinito / la nostra architettura’. Il che significa che quando si pensa all’architettura si trasforma il fallimento in una costruzione, e quindi si può trasformare qualcosa di destinato al disastro in qualcosa di solido.” Vão significa inoltre ‘vuoto’ ma anche ‘campata’, quindi è una struttura che si estende e che, opponendosi alla gravità, sutura l’assenza e colma il vuoto, facendo di una porzione di infinito, uno spazio misurabile. Ed è proprio nel voler dominare questo vão che nel corso della storia gli architetti brasiliani hanno proposto, attraverso le loro strutture, delle idee di società. Emblematici in tal senso sono i 70 metri di vão livre che Lina Bo Bardi realizza per la sede del Masp, il museo d’arte di San Paolo. “Infinito Vão” evidenzia quindi come l’architettura brasiliana abbia saputo contribuire a dare forma all’identità culturale del paese attraverso lo spazio.

Oscar Niemeyer, Chiesa di San Francesco d'Assisi, Pampulha, Belo Horizonte, Brasile, 1942. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura
Oscar Niemeyer, Chiesa di San Francesco d'Assisi, Pampulha, Belo Horizonte, Brasile, 1942. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura

Il percorso di visita debutta con la formazione del Moderno brasiliano dal 1928, il rapporto fra la cultura indigena e la spinta al progresso, un momento che verrà poi coronato dalla mostra “Brazil Builds” al MoMA, nel 1943. Nel 1951, Lina Bo Bardi scrive nel suo saggio Beautiful Child che “la nuova architettura brasiliana ha parecchi difetti: è giovane, non ha avuto molto tempo per fermarsi a riflettere, ma è venuta al mondo all’improvviso, come un bel bambino” (1).

Con la costruzione di Brasília per volontà del Presidente Juscelino Kubitschek nel 1960, su progetto urbanistico di Lúcio Costa, si racconta la fondazione mitologica del paese. Il colpo militare del 1964 vede la dittatura prendere possesso della nuova capitale e si avvia un’ estensiva infrastrutturazione del paese. Nel 1969 viene interdetta la possibilità a João Vilanova Artigas e a Paulo Mendes da Rocha di lavorare nel settore pubblico, sia in qualità di progettisti sia di docenti. Dalla caduta della dittatura nel 1985, nella fragilità della democrazia ritrovata, si apre un periodo di ricerca di un progetto sociale condiviso: sono gli anni delle sperimentazioni di João ‘Lelé’ Filgueiras Lima, ma anche dell’arrivo del Postmoderno in un paese altrimenti “condannato alla modernità”, come affermato nella mostra, che cita il critico brasiliano Mário Pedrosa.

Lina Bo Bardi, Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand – MASP, San Paolo, Brasile, 1959. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura
Lina Bo Bardi, Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand – MASP, San Paolo, Brasile, 1959. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura

Il ‘diritto alla città’ [Henri Lefebvre] è il tema della megalopoli brasiliana dal 2001 ad oggi, che racchiude il mandato dell’ex presidente, Luiz Inácio Lula da Silva. Attraverso il lavoro di architetti come spbr arquitetos, Brazil Arquitectura, Grupo SP e Vigliecca & Associados, il Brasile contemporaneo viene raccontato nella sua complessità, come luogo dove l’architettura è lo strumento che dà senso a una società, raccordandone le parti e gli individui attraverso lo spazio. La mostra sembra proprio voler rivendicare il ruolo che l’architettura ha saputo ritagliarsi in Brasile negli ultimi 90 anni, in quanto agente della (tras)formazione degli spazi della dimensione pubblica – e quindi politica – del paese, nell’eterogeneità dei suoi esiti formali.

Parallelamente, “Duas Casas de Paulo Mendes da Rocha” curata da Nuno Sampaio – direttore della Casa da Arquitectura – espone due progetti dell’architetto, Casa Gerassi (1989) a San Paolo e Casa Quelhas (2017) a Lisbona. Viene da pensare che non sia casuale che questi novant’anni presi in esame da “Infinito Vão” coincidano con il novantesimo compleanno del maestro brasiliano.

Eduardo Longo, Casa Bola, San Paolo, Brasile, 1974. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura
Eduardo Longo, Casa Bola, San Paolo, Brasile, 1974. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura

Recentemente, in vista delle elezioni, molti progettisti brasiliani si sono ritrovati nel movimento “Arquitetxs pela Democracia”: il gruppo ha raccolto in un canale YouTube le testimonianze degli architetti del paese contro il leader di estrema destra Jair Bolsonaro, eletto presidente lo scorso 28 ottobre. Fra questi compaiono Paulo Mendes da Rocha, Angelo Bucci, Marcio Kogan, Carla Juaçaba e lo stesso Guilherme Wisnik, co-curatore di “Infinito Vão”. Ciò suggerisce chiaramente che l’architettura brasiliana non intende abdicare a un ruolo politico attivo nel dibattito sullo spazio antropizzato e sulla città, intesi come costruzione collettiva.

Paulo Mendes da Rocha, museo brasiliano di scultura – Mube, San Paolo, Brasile, 1986. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura
Paulo Mendes da Rocha, museo brasiliano di scultura – Mube, San Paolo, Brasile, 1986. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura

Nelle ultime righe del saggio Beautiful Child (1951) Bo Bardi scrive: [la nuova architettura brasiliana è nata come un bel bambino.] Oggi non possiamo saperlo, ma dobbiamo comunque continuare a costruirla, coltivarla, nutrirla, seguirne lo sviluppo. Siamo stati testimoni del miracolo della sua nascita ma oggi la direzione in cui procede – la continuazione della sua vita, il dispiegarsi di un intento coerente – dipende dalla nostra forza di volontà, dalla nostra prontezza nell’affrontare la lotta, dalla nostra decisione. Questo occorre riaffermare”(2).

Carla Juaçaba, Pavilhão Humanidades2012, Copacabana, Rio de Janeiro, Brasile, 2011. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura
Carla Juaçaba, Pavilhão Humanidades2012, Copacabana, Rio de Janeiro, Brasile, 2011. Foto Leonardo Finotti. Courtesy Casa da Arquitectura

(1, 2) in Lina Bo Bardi, Stones Against Diamonds, AA Publications, Londra 2013

Titolo della mostra:
Infinito Vão: 90 Anos de Arquitetura brasileira
Date di apertura:
28 settembre 2018 – 28 aprile 2019
Curatori:
Fernando Serapião, Guilherme Wisnik
Allestimento:
João Mendes Ribeiro
Sede:
Casa da Arquitectura – Centro Português de Arquitectura
Indirizzo:
Avenida Menéres 456, Matosinhos, Portogallo

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