Una squadra si muove furtiva nei corridoi di un museo, schiva le telecamere, elude i sistemi di sicurezza. I loro movimenti ricordano Tomb Raider e le meccaniche stealth Assassin’s Creed, ma questo non è un furto: è un ritorno.
Si tratta di Relooted, videogioco sviluppato dal collettivo sudafricano Nyamakop, che trasforma la restituzione dei manufatti africani trafugati durante l’epoca coloniale in un’esperienza interattiva, immersiva, afrofuturista. Ambientato tra musei e collezioni private ispirate realmente esistenti, il gioco propone al giocatore di vestire i panni di un team di “ladri giusti”, protagonisti di una missione di recupero culturale.
Presentato al Day of the Devs e sostenuto da Epic Games, Relooted unisce storytelling politico e coinvolgimento emotivo, proponendo una narrazione interattiva che sovverte le logiche tradizionali dell’esposizione museale. Non più spettatori passivi, ma agenti attivi, chiamati a intervenire sul corso della storia dei beni culturali.
Ogni missione si articola in tre fasi (esplorazione, azione e fuga) ambientate in spazi ispirati a musei occidentali.
"Abbiamo cercato manufatti con storie interessanti riguardo a come sono stati saccheggiati" ha spiegato Ben Myres, Direttore creativo del gioco, in un post. Come nel caso del tamburo sacro Ngadji del Kenya, originariamente utilizzato per annunciare l'inizio di un nuovo regno, confiscato dagli inglesi nel 1902 e da allora custodito al British Museum.
Abbiamo cercato manufatti con storie interessanti riguardo a come sono stati saccheggiati
Ben Myres
La missione consiste nel recuperare 70 oggetti realmente esistenti, attualmente conservati in collezioni museali internazionali. Una volta “liberati”, gli artefatti vengono trasferiti in un rifugio digitale all’interno del gioco, dove il giocatore può esplorarne la storia, i significati simbolici, i contesti culturali e spirituali di provenienza.
Ogni opera o manufatto presente in Relooted è stato ricostruito in 3D a partire da fotografie o scansioni d’archivio disponibili. Per molti di questi oggetti, il videogioco rappresenta oggi l’unico modo per essere visti: nella realtà, infatti, pochi sono esposti al pubblico. La maggior parte giace da anni nei depositi dei musei, invisibile e inaccessibile, sottratta non solo al luogo d’origine, ma anche allo sguardo.
I primi kenioti a vederlo negli ultimi 100 anni sono stati nel 2010
Ben Myres, sul tamburo Ngadji

Ma quello della restituzione non è solo un tema caldo nel gioco: è un processo reale, in corso, che sta ridefinendo il rapporto tra Europa e Africa. I Paesi Bassi sono solo l’ultimo tra gli Stati europei ad aver avviato una restituzione ufficiale verso la Nigeria. Il 21 giugno 2025, a Lagos, si è tenuta la cerimonia di rimpatrio di 119 opere, note come i Bronzi del Benin, trafugate in epoca coloniale e fino a poco tempo fa conservate in collezioni olandesi, tra cui quelle del Museo di Leiden. Si tratta del più ampio ritorno di beni culturali nella storia del paese: 113 provenienti da collezioni statali, 6 dal Comune di Rotterdam.
Allo stesso modo, la Finlandia ha riconsegnato un sgabello cerimoniale kataklé del XVII secolo, parte del tesoro reale di Abomey, trafugato dalle truppe francesi nel 1892. L’oggetto, conservato nel Museo Nazionale finlandese dal 1939, rappresentava l’ultimo tassello mancante del gruppo di 26 opere già parzialmente restituite dalla Francia tra il 2021 e il 2024.

Il Benin, inteso sia come Stato contemporaneo sia come erede storico del Regno del Dahomey, è oggi uno dei principali protagonisti di questo processo. Ma non si tratta solo di ricevere: il paese sta promuovendo nuovi modelli museali, alimentando immaginari alternativi e attivando forme di attivazione culturale che vanno oltre il semplice ritorno fisico delle opere.
A Benin City, per esempio, stanno prendendo forma due istituzioni fondamentali per questa nuova fase: il Museum of West African Art (MOWAA) e l’Edo Museum of West African Art (EMOWAA). Il primo, già parzialmente operativo, è concepito come un campus multidisciplinare con laboratori di conservazione, archivi e programmi formativi pensati per rafforzare le competenze locali. Il secondo, progettato per accogliere i Bronzi del Benin, era stato inizialmente affidato allo studio di David Adjaye, che si è ritirato dal progetto nel 2023. Attualmente EMOWAA è in fase di ripensamento, con l’obiettivo di integrare la funzione espositiva con quella educativa e comunitaria.
Prima ancora del videogioco, questo movimento ha trovato espressione nel cinema. Anche il film Dahomey di Mati Diop, vincitore dell’Orso d’Oro alla Berlinale 2024, racconta il ritorno in Benin di 26 oggetti sacri custoditi fino a poco tempo fa al Musée du Quai Branly di Parigi.
Diop non si limita a documentare un trasferimento materiale, ma interroga il senso profondo della restituzione: non solo cosa restituire, ma anche a chi, come e con quali conseguenze. Proprio come Relooted, sposta l’attenzione dall’oggetto in sé all’intelligenza simbolica, politica e affettiva che esso incarna, e a tutto ciò che il suo ritorno è in grado di riattivare.