Arrivati alla fine dell’estate, si torna ad avere il calendario costantemente sott’occhio, per rimettersi al passo con il ritmo della vita di tutti i giorni.
Tutte le mostre da non perdere questo autunno
Fotografia, arte contemporanea e design: Domus ha selezionato le mostre da non perdere questo autunno, da Milano a Seoul, passando per Parigi, New York e Hong Kong.
Isaac Julien Metamorphosis I (All That Changes You), 2025. Stampa a getto d'inchiostro su alluminio. Per gentile concessione dell'artista e di Victoria Miro
Nan Goldin, Nikki in a box, Courtesy Gagosian
Unicoggetto Zihan Zhao, Khipu Chandelier ©delfino_sl ©piercarloquecchia
© Małgorzata Mirga-Tas. Foto Marcin Tas
Bertozzi & Casoni, La fine, 2015, ceramica policroma, 52 ×∅75 cm. Courtesy dell’artista
Christelle Oyiri e Neva Wireko, Hauntology of an OG, fotogramma dal video, 2025. Per gentile concessione degli artisti, LAS Art Foundation, Amant e Pinault Collection. © Christelle Oyiri e Neva Wireko
Sandra Mujinga, Touch Face 1-3, 2018. Installation view, Poetry for Revolutions, Instituto Svizzero, Rome, 2023. Foto: Daniele Molajoli
The Delusion, Danielle Brathwaite-Shirley, 2025. Commissionato e prodotto da Serpentine Arts Technologies. © Danielle Brathwaite-Shirley
Nils Dardel, Il dandy morente (The Dying Dandy), 1918, olio su tela, 140 × 180 cm (senza cornice), 163,8 x 204 x 5 cm (con cornice), Moderna Museet, Stoccolma
Gerhard Richter, Kerze [Candela], 1982 (CR 511-1) Olio su tela, 95 x 90 cm Collezione Institut d'art contemporain, Villeurbanne/Rhône-Alpes © Gerhard Richter 2025
Betty Tompkins, Women Words Painting (Artemisia Gentileschi #2), 2024. Per gentile concessione di Betty Tompkins e P.P.O-W, New York © Betty Tompkins. Foto: Ian Edquist
Sweet Solan Dreams by Liliane Lijn; Julien Gremaud for EPFL Pavilion
Tehching Hsieh, One Year Performance 1981–1982 (Outdoor Piece), 1981–82. Vista della performance, New York, 1981–82. © Tehching Hsieh. Foto: Tehching Hsieh
Antony Gormley, FIELD, 1984 – 1985. Piombo, fibra di vetro, gesso e aria. 196 x 551 x 42 cm. © Antony Gormley. © Antony Gormley. Fotografia di Antony Gormley, per gentile concessione dell'artista.
Tom Lloyd in piedi davanti a un'opera d'arte sconosciuta, 1968. Fotografo sconosciuto. Courtesy Studio Museum in Harlem
Robert Rauschenberg sulla strada per la cartiera più antica del mondo nell'Anhui, mentre scatta fotografie per la sua opera fotografica a colori di trenta metri Chinese Summerhall, 1982. Donald Saff records Rauschenberg Overseas Culture Interchange (ROCI). Archivi della Robert Rauschenberg Foundation, New York. Foto: Elyse Grinstein. © The Elyse Grinstein Estate. Immagine per gentile concessione della Robert Rauschenberg Foundation.
Delicate Cycle, 2016. [Scena della performance dal Yebisu International Festival for Art & Alternative Visions 2017: Multiple Futures] Foto: Takaaki Arai. Per gentile concessione del Tokyo Photographic Art Museum
Vista dell'installazione di Lee Bul: From 1998 to Now. Leeum Museum of Art, 2025. Foto: Jeon Byung-cheol. Per gentile concessione del Leeum Museum of Art.
Yang Fudong, Il Palazzo d'Estate, 1976 circa. Per gentile concessione dell'artista.
Zohra Opoku, Zohra Opoku, Ho realizzato..., 2023. Foto Aurélien Mole. Per gentile concessione di Mariane Ibrahim
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- Carla Tozzi
- 16 settembre 2025
L’autunno 2025 si conferma di grande vitalità per l’arte contemporanea: tra retrospettive e mostre personali, progetti espositivi collettivi che vogliono raccontare storie ai margini che meritano di essere portate al centro dell’attenzione, e installazioni che continuano a interrogare il rapporto tra realtà fisica e digitale, tra umano e non umano, i musei e le istituzioni internazionali propongono percorsi che attraversano geografie, pratiche e medium.
In Europa, da Mantova a Londra, passando per Parigi, Berlino, Düsseldorf e Amsterdam, spiccano esposizioni che esplorano i temi della metamorfosi nella contemporaneità e dell’identità queer, tra fotografia, pittura e installazioni video, offrendo una visione ricca e polifonica del presente, ma anche della memoria storica. Isaac Julien reinventa Palazzo Te con un film a dieci schermi in cui il capolavoro di Giulio Romano da sfondo diventa protagonista, mentre a Milano arrivano gli slideshow di Nan Goldin al Pirelli HangarBicocca, in una rilettura intima e intensa della sua vita e della sua produzione fotografica.
Negli Stati Uniti, New York, Boston e Dallas ospitano retrospettive di artisti iconici come Tehching Hsieh, Antony Gormley e Robert Rauschenberg, mentre il MIT Museum in collaborazione con l’EPFL Pavilions di Losanna presenta il progetto Lighten UP!, punto d’incontro tra arte, scienza e percezione sensoriale.
In Asia, Tokyo e Seoul, in occasione delle rispettive Art Week, diventano places to be per entrare in contatto con pratiche performative, sperimentazioni e contaminazioni culturali, con i progetti di artiste come Aki Sasamoto e Lee Bul. A Hong Kong invece, la retrospettiva dedicata a Robert Rauschenberg in dialogo con artisti locali all’M+, mette in luce punti di contatto inattesi tra oriente e occidente.
Domus ha selezionato venti mostre da non perdere durante gli ultimi mesi del 2025, per chiudere l’anno al meglio in attesa di scoprire le novità per il 2026.
In occasione del Cinquecentenario di Palazzo Te, l’artista e regista britannico Isaac Julien presenta in anteprima mondiale All That Changes You. Metamorphosis, installazione filmica a dieci schermi curata da Lorenzo Giusti, ospitata negli spazi rinnovati delle Fruttiere di Palazzo Te. Girato a Palazzo Te con Sheila Atim e Gwendoline Christie nei ruoli di entità divine, il film esplora i temi della metamorfosi, della filosofia, e dell’ecologia, partendo dall’immaginario degli affreschi rinascimentali di Giulio Romano, e portando avanti la narrazione in diversi scenari: dalla Cosmic House di Charles Jencks, alle foreste californiane e altre architetture simboliche. Ispirata dagli scritti di autrici come Donna Haraway, Naomi Mitchison e Octavia E. Butler, l’opera propone un immaginario alternativo che sfida l’antropocentrismo e restituisce alla natura un ruolo attivo.
Dopo la tappa alla Neue Nationalgalerie di Berlino, finalmente arriva al Pirelli HangarBicocca This Will Not End Well, la prima retrospettiva dedicata alla fotografa americana Nan Goldin in veste di filmmaker, organizzata in collaborazione con il Moderna Museet e altre istituzioni internazionali. Protagonista dell’esposizione, il più vasto corpus di slideshow mai riunito, realizzati nel corso dei decenni da Nan Goldin, che include The Ballad of Sexual Dependency, The Other Side, Sisters, Saints, Sibyls, Memory Lost e Sirens, oltre a due lavori più recenti, You Never Did Anything Wrong e Stendhal Syndrome, presentati per la prima volta in Europa. Allestita in padiglioni progettati da Hala Wardé, la mostra include anche un’opera sonora site specific di Soundwalk Collective.
Dal 24 settembre 2025 al febbraio 2026, Delvis (Un)Limited presenta Dark Times, Bright Signs, mostra di design curata da Valentina Ciuffi con Studio Vedèt e Space Caviar. Opere di Panorammma, Room-File, Diaphan Studio, Duccio Maria Gambi, Joy Herro, Natalia Triantafylli, Unicoggetto/Zihan Zhao e Wei Xiaoyan riflettono sugli scenari apocalittici che permeano l’immaginario contemporaneo, trasformandoli in linguaggi di speranza e nuove forme di equilibrio. Tra armature medievali, vasi-missili, lampade cosmiche e superfici lunari, gli oggetti oscillano tra estetiche primitive, cyber e postumane, creando un universo inedito e inquieto. La mostra si apre con una performance di Room-File e segna una tappa centrale del progetto Delvis (Un)Limited, laboratorio di ricerca sul collectible design.
Małgorzata Mirga-Tas, artista rom-polacca già protagonista del padiglione della Polonia alla Biennale d’Arte di Venezia 2022, torna in Italia con una personale ospitata a Reggio Emilia dalla Collezione Maramotti. Il progetto nasce dall’incontro con la comunità sinta della città emiliana e intreccia storie, memorie e figure legate alla tradizione degli spettacoli itineranti e delle giostre, simbolo della cultura romaní in Italia. L’artista trasforma tessuti e oggetti recuperati da familiari, amici o mercatini in un’installazione ispirata al mondo dei luna park, in cui i materiali diventano presenze vive, portatrici di esperienze, memorie e resistenza. L’opera si configura come un racconto corale che rivendica libertà e dignità, opponendosi a pregiudizi e stereotipi, e riaffermando la forza identitaria e universale della cultura rom.
Fino al 6 gennaio 2026, Fondazione Perugia presenta EXTRA. Segni antichi/Visioni contemporanee, mostra a cura di Marco Tonelli, che mette in dialogo circa cento pergamene medievali della Collezione Albertini con oltre quaranta opere di diciotto artisti contemporanei, tra cui Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Maria Lai, David Tremlett. Le pergamene, datate tra XIII e XV secolo e un tempo usate come copertine di registri comunali e documenti giuridici, rivelano stemmi, motivi, scritture e simboli che diventano tracce vive nel confronto con linguaggi artistici attuali. Divisa in cinque sezioni (Figurazioni, Astrazioni, Motivi, Simboli, (Ri)scritture), la mostra esplora il rapporto tra parola e immagine, antico e presente, restituendo vitalità e un senso di superamento della finitezza temporale alla memoria storica attraverso un allestimento che evidenzia rimandi e assonanze tra reperti antichi e arte contemporanea.
Con Dead God Flow Christelle Oyiri debutta a Berlino presentando a CANK Neukölln un’installazione immersiva che intreccia video, suono e spazio. Al centro, il film Hauntology of an OG (realizzato con Neva Wireko a Memphis), dove memorie di conflitto, architetture simboliche e la voce del rapper-poeta Darius Phatmak Clayton delineano una genealogia di lutto e resistenza. Accanto, Hyperfate (2022) esplora la sacralizzazione postuma delle icone rap, trasformandole in santi contemporanei. L’artista indaga così i temi di martirio, memoria e resilienza, concependo il rap come architettura sonora e dispositivo critico. Parallelamente, il collettivo CEL attiva Foundations, programma di DJ set, performance, workshop e talk che mette in dialogo pratiche artistiche e attivismo Black, per immaginare spazi culturali alternativi.
Un paesaggio oscuro e disorientante accoglie i visitatori dello Stedelijk Museum di Amsterdam: Skin to Skin (2025) è la nuova installazione di Sandra Mujinga. Nel cuore della galleria sotterranea del museo, cinquantacinque figure identiche, moltiplicate da specchi e immerse in una luce verde, fluttuano in uno scenario sospeso tra realtà e fantascienza. Queste presenze ibride, a metà tra avatar, corpi postumani e creature abissali, suggeriscono un’idea di metamorfosi, di comunità segrete o nuove specie, e possono essere percepite allo stesso tempo come figure di protezione e minaccia. Attraverso la strategia della moltiplicazione, Mujinga esplora identità replicate e digitalizzate, indagando il confine tra ciò che è visibile e ciò che è occulto. Lo spazio, attraversato da composizioni sonore elettroniche e da luci cangianti, trasforma l’esperienza in una narrazione liminale, in cui trovarsi sospesi senza punti di riferimento riconoscibili.
Con The Delusion Danielle Brathwaite-Shirley firma la sua opera più ambiziosa: un’installazione immersiva e un’esperienza multiplayer che fonde videogame, teatro partecipativo e satira per indagare polarizzazione, censura e connessione sociale. Ambientato in un futuro post-apocalittico segnato dal “Day of Division”, il progetto immagina fazioni chiuse e radicalizzate, ciascuna arroccata sulla propria verità. Realizzato con un team di artisti, ricercatori e membri della comunità Black Trans e Queer, l’opera prosegue il lavoro dell’artista di archiviazione di storie Black Trans attraverso il medium del videogame, sfruttando sia tecnologie avanzate che obsolete, come l’engine open-source UPGBE. Danielle Brathwaite-Shirley vede il pubblico come medium attivo, incoraggiando i visitatori a relazionarsi con le dinamiche di visibilità, resistenza e sopravvivenza del nostro tempo, caratterizzato da sistemi al collasso e realtà distorte.
La Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen presenta Queer Modernism. 1900–1950, prima grande mostra europea dedicata al ruolo centrale degli artisti queer nel modernismo. Con oltre centtotrenta opere di trentaquattro autori internazionali tra pittura, scultura, fotografia, film e materiali d’archivio, l’esposizione racconta una storia alternativa del modernismo, incentrata su desiderio, genere, sessualità e politica della rappresentazione. Dai salotti di Parigi ai network transnazionali dell’avanguardia, dai miti omoerotici alla resistenza antifascista, fino all’epilogo negli anni Cinquanta con le repressioni del maccartismo, la mostra restituisce vite e pratiche artistiche spesso cancellate dalla storiografia, evidenziando la rilevanza attuale dei temi queer e la necessità di una storia dell’arte più inclusiva.
La Fondation Louis Vuitton celebra l’artista tedesco Gerhard Richter con una retrospettiva monumentale che riunisce oltre duecentosettanta opere dal 1962 al 2024. Dipinti, sculture in vetro e acciaio, disegni, acquerelli e fotografie dipinte delineano un corpus che ha ridefinito i confini della pittura contemporanea, oscillando tra figurazione e astrazione, tradizione e sperimentazione. Curato da Dieter Schwarz e Nicholas Serota, l’allestimento adotta un taglio cronologico che mette in luce continuità e fratture: dalle prime tele fotografiche ai paesaggi e ritratti, dai celebri “Color Charts” fino alle ultime opere, testimoni di un linguaggio sempre in trasformazione.
Il Museum of Modern Art di Varsavia presenta The Woman Question: 1550–2025, a cura di Alison M. Gingeras, una grande mostra che ribalta il mito dell’assenza femminile nella storia dell’arte. Con oltre centotrenta artiste e otto capitoli tematici, l’esposizione attraversa cinque secoli di creatività, dal Rinascimento ad oggi, rivelando la forza di un percorso segnato da tenacia e perseveranza. Da Artemisia Gentileschi a Frida Kahlo, da Cindy Sherman a Yoko Ono, le opere affrontano temi come autorappresentazione, maternità, misticismo, erotismo e guerra. Non una semplice ricognizione storica, il progetto espositivo vuole essere un vero e proprio manifesto per ripensare il canone in chiave femminista, portando alla luce storie di lotta e resistenza attraverso l’arte.
Il MIT Museum inaugura la nuova stagione con Lighten Up!, una mostra che indaga il ruolo dei ritmi circadiani e della luce sul benessere quotidiano, attraverso installazioni luminose, ambienti immersivi, paesaggi sonori e opere site-specific di sedici artisti internazionali. Tra questi, Liliane Lijn, Colin Fournier, James Carpenter e Carsten Höller, che propone un progetto inedito sviluppato con l’alumnus MIT Adam Haar Horowitz e il MIT Museum Studio, reinterpretando lo spazio espositivo attraverso la luce e l’interazione con il pubblico. Curata da Anna Wirz-Justice, Marilyne Andersen e altri curatori di EPFL Pavilions, la mostra combina nuove produzioni e lavori riadattati, esplorando le modalità in cui la luce sia in grado di modulare percezione, comportamento e ritmi biologici, in un percorso ibrido tra arte e scienza.
Dal 4 ottobre 2025, Dia Beacon ospita le opere dell’artista statunitense Tehching Hsieh, in un’attesa retrospettiva: per la prima volta saranno esposte insieme tutte e cinque le One Year Performances, con la prima assoluta di Rope Piece e No Art Piece. Accanto al progetto del Thirteen Year Plan, queste opere costituiscono una testimonianza straordinaria dei cosiddetti “lifeworks” dell’artista, offrendo uno sguardo unico sulla sua pratica performativa. La mostra, che segue la donazione di undici opere da parte di Hsieh alla Dia Foundation, restituisce la forza radicale e poetica di un percorso che fonde arte e vita, indagando tempo, isolamento, lavoro e relazioni sociali, confermando Hsieh come uno degli artisti più visionari e rigorosi della sua generazione. La retrospettiva è curata da Humberto Moro, vice direttore dei programmi di Dia, insieme al curatore Adrian Heathfield.
Il Nasher Sculpture Center presenta dal 13 settembre 2025 al 4 gennaio 2026 SURVEY: Antony Gormley, prima grande retrospettiva museale dell’artista britannico negli Stati Uniti. La mostra ripercorre oltre quarant’anni di ricerca, dagli esperimenti degli anni Ottanta alle opere più recenti, indagando il rapporto tra corpo e spazio. Le sculture dialogano con l’architettura luminosa del museo e con l’esterno, grazie a un nuovo progetto site-specific che colloca figure sui tetti dei grattacieli del centro di Dallas, trasformandole in sistemi energetici di luce riflessa. In parallelo, modelli e taccuini dell’artista documentano più di sessanta progetti pubblici, tra cui l’iconico Angel of the North (1998).
Lo Studio Museum di Harlem dedica una retrospettiva a Tom Lloyd (1929–1996), artista, attivista e organizzatore comunitario, tra i primi pensare alla luce elettrica come linguaggio artistico. Negli anni Sessanta, in collaborazione con un ingegnere della RCA, sviluppò una pratica sperimentale che sfidava le idee convenzionali sul ruolo degli artisti Black. Le sue opere furono al centro della mostra inaugurale dello Studio Museum, Electronic Refractions II (1968). L’esposizione odierna, frutto di nuove ricerche e interventi conservativi, ripercorre vent’anni di carriera, evidenziando il contributo di Lloyd nel rapporto tra arte e tecnologia, e il suo impegno politico e culturale con l’Art Workers’ Coalition e con la fondazione nel 1971 dello Store Front Museum, primo museo d’arte nel Queens.
Robert Rauschenberg e l’Asia: un dialogo intenso e creativo al centro della mostra al M+ di Hong Kong, che celebra il centenario dell’artista. Il progetto espositivo mette in luce come i viaggi in Giappone, India e Cina abbiano influenzato il suo approccio a materiali, colori e tecniche, trasformando la pratica artistica in un laboratorio di sperimentazione. Al centro, il progetto ROCI (Rauschenberg Overseas Culture Interchange, 1984–1991) con le esposizioni a Pechino, Lhasa, Tokyo e Kuala Lumpur, che hanno lasciato un’impronta duratura sugli artisti locali. In mostra, le opere di Rauschenberg dialogano con quelle di diversi artisti asiatici, raccontando un percorso di scambi culturali e contaminazioni artistiche che ha ridefinito il linguaggio visivo dell’arte contemporanea.
Il Museum of Contemporary Art di Tokyo dedica ad Aki Sasamoto la sua prima retrospettiva mid-career, fino al 24 novembre 2025, ripercorrendo vent’anni di attività della performer e artista giapponese. Nota per le azioni improvvisate in spazi costruiti ad hoc, Sasamoto intreccia performance, installazione, danza e video, trasformando oggetti e sculture in dispositivi narrativi. La mostra presenta lavori dagli esordi, più incentrati sui gesti del quotidiano e sull’individualità, fino alle recenti indagini su ecosistemi naturali e meteorologia. In programma quattro performance chiave (Strange Attractors, Skewed Lies, Spirits Cubed, Sounding Lines) e una riflessione sul rapporto tra museo e performance. L’esposizione sarà accompagnata dalla prima monografia dedicata all’artista.
Una grande retrospettiva celebra Lee Bul, una delle figure centrali dell’arte contemporanea coreana, con circa centocinquanta opere dal 1998 a oggi. Il percorso, che va dai celebri Cyborg e Anagram alle installazioni e performance che l’hanno imposta sulla scena internazionale, esplora il corpo nell’era postumana e le tensioni tra utopia e disillusione. La mostra, ospitata dal Leeum Museum of Art di Seoul, vede al centro del progetto espositivo la serie Mon grand récit (dal 2005), installazioni architettoniche che intrecciano memoria autobiografica, avanguardie storiche, utopie architettoniche e storia coreana, componendo paesaggi allegorici complessi.
UCCA Pechino presenta la più ampia mostra istituzionale mai dedicata a Yang Fudong, figura centrale della produzione visiva contemporanea cinese. Dal debutto con An Estranged Paradise (Documenta XI, 2002) al ciclo monumentale Seven Intellectuals in Bamboo Forest, l’artista ha saputo tradurre in immagini poetiche l’inquietudine di una generazione. La sua ricerca, che si è evoluta dalla pratica cinematografica alle installazioni, espande la dimensione narrativa in spazi multi-temporali. La mostra include l’esordio del Library Film Project, avviato dopo Seven Intellectuals, un film infinito che intreccia realtà e costruzione. Ispirata all’infanzia nei sobborghi rurali di Pechino, l’esposizione, curata da Philip Tinari e Chelsea Qianxi Liu, fonde la memoria personale dell’artista e storia collettiva.
We Proceed in the Footsteps of the Sunlight celebra Zohra Opoku (1976, Altdöbern), artista ghanese-tedesca residente ad Accra, ripercorrendo un decennio di ricerca su identità, memoria e genealogie culturali attraverso tessuti, fotografie, incisioni e installazioni. Con i suoi studi di moda e fotografia in Germania, Opoku intreccia nella sua pratica autobiografia e patrimonio ancestrale, dando vita a un linguaggio visivo stratificato. La prima grande rassegna museale dedicata all’artista, ospitata dallo Zeitz MOCAA e curata da Beata America e Phokeng Setai, si articola attorno a tre elementi simbolici — acqua, respiro, terra — e riflette sulla continuità dei legami, dal rituale del quotidiano alla dimensione cosmica. Il titolo, tratto dal Libro dei Morti, antico testo funerario egizio che guida l’anima oltre il mondo fisico, diventa dichiarazione di resilienza e passaggio.