Il meglio di BIM2018, la biennale dell’immagine in movimento

La Biennale de L’Image en Mouvement mostra una serie di pellicole, performance e concerti con venti nuovi lavori commissionati e prodotti dal CAC Genève.

Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic No history in a room filled with people with funny names 5, 2018, video Installazione a tre canali

A Ginevra, fino al 3 febbraio 2019, quasi 2.500 metri quadrati di superficie sono stati preparati e dedicati a sostenere una tesi ambiziosa: le immagini in movimento potrebbero vivere ed essere estese al di fuori dello schermo, persistendo in una sorta di universo a-geografico dove quel che si vede può anche essere plasmato dal suono.

L’edizione del 2018, della Biennale de l’Image en Mouvement intreccia una serie di dialoghi fra seconda e terza dimensione, attraverso una precisa selezione generazionale di artisti; provenienti da diverse parti del mondo e appartenenti a numerosi ambiti formativi.

Nove pellicole e video ad un solo canale, sono stati realizzati per creare una programmazione di proiezioni installative, commissionate a: Sarah Abu Abdallah, Neïl Beloufa, Irene Dionisio, James N. Kienitz Wilkins, Tobias Madison, Florent Meng, Bahar Noorizadeh, Eduardo Williams con Mariano Blatt e James Richards & Leslie Thornton.

Lungometraggi e video, che, come tutte le installazioni presentate, sono state seguite e prodotte dalla Biennale stessa, offrendosi al pubblico per la prima volta. Mentre, in parallelo, alcuni artisti hanno lavorato alla strutturazione di veri e propri interventi espositivi, come: Meriem Bennani, Lawrence Abu Hamdan, Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic, Ian Cheng, Tamara Henderson, Kahlil Joseph e Fatima Al Qadiri & Khalid al Gharaballi.

Ognuno di loro è stato supportato dalla Biennale ed è stato portato a proporre un lavoro come una singola unità, mentre Andreas Angelidakis ha lavorato su un progetto che oggi unisce, attraverso un singolare trait  materico, tutte le installazioni, circoscritte dai riflessi metallici all’interno di un unico, ma collettivo, corpus.

Una biennale generativa dunque, costruita sull’idea che l’era della proiezione sugli schermi stia arrivando ad una giusta fine e che questo fenomeno di chiusura debba diventare rivelatore di ambienti in grado di riverberare l’eco splendente della loro implosione.

Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic, No history in a room filled with people with funny names 5

Oltrepassando i propri limiti, BIM2018 travalica le linee guida curatoriali affidate alla scorsa edizione, dettami tracciati da Andrea Bellini, attuale direttore artistico della kermesse, che in questa occasione ha lavorato assieme ad Andrea Lissoni, Senior Curator, International Art (Film) alla Tate Modern.

La sedicesima Biennale de l’Image en Mouvement consiste, dunque, espressamente nella tramatura di lavori inediti prodotti e commissionati per l’evento, ma con un tema curatoriale pre-stabilito, da introitare: Il suono degli schermi che implodono.

Sebbene il focus di processo e il centro concettuale della Biennale rimanga il suo svolgimento produttivo, piuttosto che la riunione e la selezione di lavori già esistenti, poi adattati da un tema onnicomprensivo.

Come risultato generale, i percorsi dell’esposizione in sé possono apparire non tanto in qualità di sequenze logiche di elementi, quanto, piuttosto, un montaggio basato su iconografie e associazioni, affidate ad una sorta di composizione non-lineare.

Una fra le più oscure, teatrali e palpitanti installazioni video (denominate Exhibition, lungo i percorsi di BIM2018) è stata realizzata e composta da Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic. Un’intera sala è stata oscurata per riflette una serie di registri surreali sulle conversazioni tra l’artista e il proprio personaggio alter-ego: in parte attivato dalla videocamera di un drone e in parte spirito, dal nome Chantri.

Questo video, intitolato No history in a room filled with people with funny names 5 e messo in scena, nello spazio, attraverso linee laser color smeraldo e un terreno naturale riprodotto artificialmente, prova a rappresentare la pluralità e la metafisica dell’esperienza dell’essere umano, processando numerose informazioni che si stratificano fra tradizione e tecnologia.

Il video si sviluppa sull’idea di ridefinizione rituale della consapevolezza umana, come ricognizione sul proprio sé, attraverso il respiro, e sulla consapevolezza evolutiva dell’Homo Sapiens che si estende verso un luogo dove, invece, il respiro non esiste più.

Ligia Lewis, Water Will

Fra le più brillanti rivelazioni della Biennale ci sono Meriem Bennani (nata a Rabat nel 1988) e la sua estesa installazione video a tre canali. Al CAC, le sue fantasmagorie che sovrappongono linguaggi dei reality televisivi, documentari, filmati registrati con il cellulare ed estetiche della pubblicità, esplora un roboante potenziale narrativo dal realismo magico e ludico.

Al terzo piano del museo, Party on the CAPS trova luogo nello spazio, componendo tre diverse stazioni, in un mondo che è stato rimodellato dal progresso biotecnologico e dal teletrasporto come nuovo mezzo di dislocazione.

Un coccodrillo chiamato Fiona ci racconta della vita su CAPS, un’isola nel mezzo dell’Oceano Atlantico, dove rifugiati e immigrati non legali attraversano le onde, mentre i confini sono controllati dallo stato. Nel corso di tre generazioni, quel che era iniziato come una sorta di campo per internati sull’isola di CAPS si sviluppa come una megalopoli, geograficamente isolata nel mezzo del flutti.

Esteticamente e formalmente, il CAC offre scenari in opposizione, da un piano all’altro: a partire dal rilucente sistema modulare di seduta in similpelle dorata, con fogli metallici affissi lungo le pareti (Demos Bar) di Andreas Angelidakis; attraverso l’approccio concettuale e collaborativo al reportage giornalistico contemporaneo dell’artista americano Kahlil Joseph (BLKNWS); per arrivare alle forme antropomorfiche e non strutturali che ancora lavorano, su diversi livelli, a vari stadi della produzione cinematografica tipica dello script (Womb Life) di Tamara Henderson.

Le proiezioni dei film, così come il Live program, in questa edizione di BIM2018, rivelano noccioli umani essenziali, inaspettati, pulsanti; finestre spalancate su numerose tipologie di umanità. Dalla conversazione tra due membri transgender di un collettivo artistico, tra interazioni di sceneggiatura e improvvisazioni (O Vermelho do Meio-Dia di Tobias Madison); alle esplorazioni di un tunnel abbandonato che attraversa le montagne della Cantabria, dove prigionieri politici e contadini avevano costruito una ferrovia (The Lost Line di Florent Meng); al film intitolato Parsi di Eduardo Williams, che osserva in un movimento perpetuo gli spazi e le persone per creare un’altra poesia che è accarezzata, accartocciata e spinta vicino al non essere (No es).

Titolo :
Biennale de l’Image en Mouvement 2018
Date di apertura:
Dal 9 Novembre, 2018 al 3 Febbraio, 2019
A cura di:
Andrea Bellini & Andrea Lissoni
Sede principale:
Centre d’Art Contemporain Genève
Indirizzo:
Rue des Vieux-Grenadiers 10, 1205 Genève

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