Dopo un anno intero dedicato alla scoperta e alla ricerca della materia, dalla terra al tessuto, dal metallo al riciclo, questo numero di Domus chiude la nostra odissea materialista con la sua esatta antitesi: l'Immateriale. Non una negazione, ma una nuova frontiera, dove il design, l'architettura e l'arte si confrontano con il flusso invisibile che, in definitiva, modella il nostro mondo: dati, luce, coscienza, tempo. Il numero di Novembre di Domus è una sfida alla gravità concettuale.
Nell’ editoriale del guest editor Bjarke Ingels viene argomentato l'incontro che ha ispirato la copertina di questo mese. Su una spiaggia Ingels incontra l'arte di Refik Anadol che materializza il digitale: un monolito che simulava flussi di particelle. È Anadol, con i suoi Grandi Modelli Linguistici, che ha “coltivato” la nostra copertina con corallo artificiale, dimostrando che la computazione non è solo negli hardware, ma è intrinseca ai sistemi naturali, in un ossimoro tra l'algoritmo e l'organico.
Il viaggio prosegue in Bosnia, dove Elena Sommariva ci porta a Konjic per celebrare i dieci anni di Zanat, un marchio che difende il patrimonio immateriale dell'intaglio del legno (riconosciuto Unesco). Con voci come Michele De Lucchi e Yves Béhar, scopriamo come l'artigianato non sia reliquia del passato, ma strumento vivo di coesione sociale e sviluppo locale, un valore ribadito dal futuro museo Ars Aevi di Renzo Piano a Sarajevo. La stessa Elena Sommariva firma la recensione del nuovo libro di Jasper Morrison, A Book of Things, elogiando la sua “semplicità complessa” che unisce misura e funzionalità, e presenta Il design e il suo doppio, a cura di Marco Petroni e Giovanni Innella, che esplora l'archetipo del “doppio” nel design critico.
Nelle Letture globali, Loredana Mascheroni ci offre una riflessione sul rapporto tra arte e design con la monografia su Boris Berlin, mentre Paul Smith in Parchi-giochi confronta i playground di una volta con le nuove, avveniristiche strutture di Xisui Design in Cina, leggendole come una risposta all'urbanizzazione che cerca di dare senso di spazio e libertà. Valentina Croci presenta il volume Crossed Histories su Aulenti, Huxtable e Lambert, indagando le loro traiettorie professionali attraverso la storiografia incrociata.
Il filosofo e neuroscienziato Matteo Motterlini, intervistato da Valentina Petrucci nella rubrica “La mia città”, descrive Milano come una “sinapsi urbana” che lo sfida e celebra l'arte che “interrompe la stimolazione artificiale di dopamina” per offrire un'emozione autentica. La sezione Grafica vede Francesco Franchi analizzare l'identità visiva dell'olio Graza dello studio Gander, che rovescia i codici del lusso, dove la grafica è un'estensione del gesto. Valentina Croci torna a Oslo, a The Well, raccontando come l'illuminazione di Luce&Light trasformi la pineta in una foresta di sculture contemplativa. A Kiev, Alessandro Benetti esplora lo showroom Marsala di Zagrai Studio, un progetto che lavora sul concetto di soglie e dove le calzature sono esposte come sculture.
La storia torna in primo piano con Simona Bordone, che in Paesaggio e ideologia rilegge i dibattiti sul “verde” su Domus nel 1937, evidenziandone la connessione con l'ecologismo di matrice ideologica e l'idea di “miglioramento della razza”. A Vienna, Elena Sommariva celebra l'Elogio del dubbio della Design Week 2025 come strumento progettuale. Alberto Mingardi, in Salute e disuguaglianza, propone un'insolita chiave di lettura del lusso, vedendo la standardizzazione di McDonald's come un “lusso vero” di sicurezza e serenità per le famiglie a basso reddito. La sociologa Paola Carimati intervista Fabrizio C. sul tema dell'Eversione creativa dei centri sociali come “laboratori sociali” vitali. E ancora Elena Sommariva ci porta alla Triennale di Milano per scoprire Gioco, lo spazio di Smarin per i bambini che è un invito a costruire mondi, non oggetti.
Questo numero di Domus chiude la nostra odissea materialista con la sua esatta antitesi: l’Immateriale (...) Non una negazione, ma una nuova frontiera, dove il design, l’architettura e l’arte si confrontano con il flusso invisibile che modella il nostro mondo.
Sui Talenti, Silvana Annicchiarico presenta Marco Ciacci e la sua collezione ACE di apparecchi acustici, un progetto che combatte lo stigma trasformando la protesi in un oggetto di desiderio etico ed estetico.
Nelle sezioni specialistiche, Antonio Armano racconta l'ascesa di Diviana, il brand di lusso di Kapil Chopra che mira alla rinascita del made in India nel design globale, unendo artigianato millenario e linee contemporanee. Loredana Mascheroni analizza il progetto di Patrick Jouin, Ta.Tamu, una sedia stampata in 3D che è un vero e proprio manifesto dell'algoritmo come co-autore, mentre in Minimalismi descrive il paralume GT02 di Gio Tirotto, unendo 3D e “clic analogico”.
Il fisico Roberto Battiston, in Energia e coscienza, ci porta al limite della conoscenza con l'ipotesi del panpsichismo, suggerendo che la coscienza possa emergere nel “collasso della funzione d'onda” dei sistemi quantistici. Sull'Architettura dello spazio, Valentina Sumini esplora le Intelligenze condivise, vedendo l'IA come co-autrice di habitat spaziali e la biologia generativa come nuova frontiera. Javier Arpa Fernández, in Rotterdam, Tashkent: due città, una sola atmosfera, solleva un imperativo politico: progettare la città è progettare l'aria, denunciando la disuguaglianza nell'inquinamento invisibile.
L'arte e l'architettura entrano nel campo del sublime. Matt Shaw descrive Sphere a Las Vegas, la sfera di Populous dove l'architettura si dissolve in un campo di trasmissione digitale. CRA – Carlo Ratti Associati e Höweler + Yoon con AquaPraça materializzano l'intangibilità dell'innalzamento dei mari con una piazza galleggiante che è un esercizio di equilibrio. Fran Silvestre Arquitectos con Casa Camiral crea una scultura abitabile antitettonica che integra i ritmi circadiani. Mariko Mori nella sua Yuputira House unisce modellazione 3D e mito, creando un guscio trascendente di cemento bianco a forma di corallo. Carlos Bañón in Terreni immateriali usa l'IA generativa per progettare ambienti dove gli elementi senza massa – luce, aria, riflessi – sono la priorità. Daeho Lee in Architettura generativa spiega come l'IA espanda i confini dell'ideazione architettonica.
Il portfolio di Delfino Sisto Legnani ci mostra i nodi fisici del virtuale: le architetture dei data center, svelando la materialità e la logistica che reggono l'astrazione digitale. Oki Sato (Nendo) con la sua Magia monocromatica ci invita a percepire valori invisibili eliminando le informazioni superflue. Retinaa con il nuovo passaporto svizzero crea un'identità grafica che unisce elementi reali e artificiali attraverso la cartografia immaginaria. Humans since 1982(Bastian Bischoff, Per Emanuelsson) con i loro orologi cinetici trasformano il tempo in una sinfonia meccanica, dove “la forma segue l'incanto”. TeamLab nelle sue installazioni interattive cerca l'immersione immateriale, sfumando i confini tra opera e spettatore. Reuben Wu con i suoi droni disegna Presenze effimere di luce sul paesaggio.
Nell'Ossimoro finale, Lonneke Gordijn di Studio Drift riflette sulla Libertà controllata, vedendo nei suoi droni che mimano gli storni la disciplina necessaria per far emergere il sublime. Daniela Brogi in Finzioni analizza il film Frankenstein di Del Toro come un inno al diritto all’imperfezione contro il discorso coloniale. Arrivando alle “Ispirazioni” del direttore Editoriale incontriamo il Doshi Retreat di Balkrishna Doshi, uno spazio contemplativo che usa il suono per il viaggio interiore. Il modello Planeta, dove in Sicilia un'antica storia trova la sua radice più profonda in un sistema di ospitalità che è puro design territoriale viene narrato ancora da Mariotti.
L'immateriale non è assenza, ma massima densità di significato. È lo spazio delle possibilità, il luogo dove la coscienza, il dato e il design si incontrano. Un gran finale per il viaggio di Domus 2025 insieme a Bjarke Ingels. Buona lettura.
