Montecarlo. Il giardino meccanico delle mille e una notte di Latifa Echakhch

Curata da Célia Bernasconi l’installazione site-specific dell’artista marocchina Latifa Echakhch trasforma Villa Sauber a Monaco in un magico giardino della memoria.

Latifa Echakhch

Supponiamo l’esistenza di un giardino, un giardino della memoria e magico, come nelle Mille e una notte, nato – ciò nonostante – all’interno di un museo, la Villa Sauber al Nuovo Museo Nazionale di Monaco che presto chiuderà per restauri. Un giardino romantico. Supponiamo che gli sguardi di noi spettatori s’incontrino, come per incantesimo, nelle sale circolando tra 40 pannelli dipinti che creano un’atmosfera insolita riprendendo motivi paesaggistici e architettonici dei décordi Alphonse Visconti, capo decoratore dell’Opera di Montecarlo tra il 1903 e il 1924. 

Oggi sono i nostri stessi corpi a orientare e modificare giocando con le ombre i colori delle stanze nella mostra che Latifa Echakhch ha voluto intitolare “Il giardino meccanico”. I movimenti si sovrappongono: la luce filtra dalle grandi finestre che lasciano intravvedere in un indefinito al di là alberi e mare. Tra confiseriesvieilles automobilesè difficile descrivere in un luogo architettonicamente e paesaggisticamente complesso quanto il Principato, quali e quante linee uniscano l’immaginazione alla natura esaltando nella percezione l’idea umana di essere parti sensibili di un complesso meccanismo che sfugge a chi voglia soltanto osservare. L’impressione che in seno alla natura ci sia passaggio e rifugio in quanto percepiamo, proprio anche attraverso tutto quello che vi troviamo di artificiale, ossessiona da sempre l’artista. 

Tutto è fantasma e Latifa Echakhch procede così facendo vivere cieli e montagne, alterando, ingrandendoli a mano, dettagli delle maquette originali di produzioni antiche quali il Moise o Pompei che le ricordano a quanto racconta un’infanzia passata nelle coulisse del teatro di Aix-les-Bains, suo punto d’approdo bambina in Europa. Dappertutto è posta una delle più antiche domande dell’arte: cosa davanti a un panorama ci fa all’improvviso sentire parte di un décore cosa al tempo stesso potrebbe mantenerci lontani in un altro immaginario ferico? In una sezione assai riuscita della mostra è la costruzione stessa del giardino esotico del Principato a finire al centro di un’analisi pittorica che ritrova le tinte del cemento che nasconde, ma soprattutto siamo noi spettatori a perdere piano piano ogni riferimento presi tra reminiscenze artificiali di opere passate e a venire (dal celebre film di Philippe Parreno sugli automi alle cartoline di Thomas Demand, dalle pitture meccaniche di Nick Mauss ai balletti della stagione d’oro di Montecarlo), in undécor in perenne evoluzione quanto lo è lo spazio sempre paradossale del Principato.

La stessa storia del museo in cui ci troviamo è lì a parlarcene: un tempo museo d’automi e negli ultimissimi anni grazie ad alcune mostre curate come questa da Celia Bernasconi uno dei più interessanti musei d’Europa (Nick Mauss e Leon Bakst, Saadane Afif, Kasper Akhoi hanno segnato le stanze e la memoria e pur scomparsi nell’allestimento attuale chi se li ricorda li ritrova). Quando si è al cuore delle installazioni di Latifa per la Villa Sauber a Monaco grazie alla sua straordinaria capacità di evocare senza dover dire qualcosa spinge a pensare a una foresta di segni, qualcos’altro a un contorno tracciato senza continuità nei cieli.

E al tempo stesso che cosa ci colpisce nel reale che ci porta ad accelerarne all’improvviso la comprensione, ad astrarlo nei colori e nelle trasparenze sino a farne paesaggio mentale? Le ombre larghe del nostro osservare disegnano lo spazio ed ecco emergere il capolavoro degli automi da schermi situati in modo assai discreto in cinque piccoli film-gioiello. Sono singolarmente prossimi a esseri umani che appartengono alla collezione storica del museo di Monaco, ma sono stati filmati da Latifa accanto alle loro repliche elettriche create da un mastro orologiaio per il museo che precedette il museo d’arte alla Villa Sauber. Tutto, va sottolineato, accade con la più grande discrezione. Certo la loro velocità non corrisponde del tutto alla nostra, ma lo scarto è piccolissimo e tale da spingerci a interrogarci. Tra loro sono simili, ma non uguali e rispetto a noi: ci sono vicini o lontani? Nulla evoca toni spettacolari. Attraverso il loro statuto di semplici figure in movimento che ricorda quasi le meccaniche di alcuni balletti storici, ma anche per esempio in tempi recenti le sperimentazioni di Cunningham e Forsythe, l’idea di originale e di copia comincia a perdere contorno e pervadere lo spazio uscendo dall’opera.

Eccoci emergere diversi, paradossali copie di noi stessi, quasi come personaggi spiati e prigionieri di sguardi proiettati su un secolo passato che rivivrà – ci dice Latifa – con forza in un ritorno perenne vero e artefatto di quel che muove ogni nostra passione.

Titolo mostra:
Latifa Echakhch, le jardin mécanique
Date di apertura:
20 aprile – 28 ottobre 2018
Sede:
Nouveau Musée National de Monaco
Curatrice:
Célia Bernasconi

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