Quest'estate il Museo Boijmans van Beuningen invita alla mostra del duo danese-norvegese Elmgreen & Dragset al porto di Rotterdam. Nella loro enciclopedica installazione The One and The Many gli artisti continuano la loro ricerca sui non-luoghi e sulla storia della sessualità. Il padiglione del cantiere navale di sommergibili, utilizzato come spazio espositivo, è la cornice adatta per proporre un'esperienza ai limiti del senso di disagio e dello stupore.
Quasi nascosto nell'ombra di barili di metallo, un fisarmonicista accoglie chi si addentra nel porto. Mentre nulla lascia intendere che il musicante di strada seduto a terra stia chiedendo l'elemosina, lo sguardo si posa prima sulla sua camicia a quadri e poi si spinge alla ricerca istinto istintiva di un cappello o di una scritta che chieda soldi.
Arte nel porto
Elmgreen & Dragset mettono in scena a Rotterdam un set cinematografico che denuncia le derive populiste della società di oggi.
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- Gabrielle Schaad
- 02 luglio 2011
- Rotterdam
Davanti all'ingresso di un misterioso tunnel in lamiera ondulata, quest'uomo diventa il segno precursore tangibile di una mostra che costringe i suoi visitatori a fare i conti con i propri pregiudizi, le proprie speranze e le proprie aspettative deluse. Si capisce presto che buona parte del privilegiato mondo dei collezionisti d'arte che girava alla Biennale del 2009 non si spingerà in questi luoghi.
Chi ha il coraggio di avventurarsi nel tunnel illuminato a stento da luci al neon passerà freddamente oltre il neonato abbandonato senza scrupoli davanti a un bancomat e sicuramente proverà anche subito il desiderio di scapparsene via quando si troverà di fronte a cartelloni sulla prevenzione della violenza e cercherà di evitare l'attacco di ragazzotti che se ne vanno in giro a zonzo.
Seguendo il principio in base al quale la miglior difesa è l'attacco, i visitatori cercheranno di fuggire da questo spazio angusto per ritrovarsi nella tetra terra di mezzo di uno scenario notturno. È qui che si materializza la figura tridimensionale di un prefabbricato della DDR ricostruito a grandezza naturale all'interno del padiglione espositivo. Le finestre illuminate del civico 6 trasmettono un ambiente familiare piccolo-borghese, mentre gli interni, rappresentati con estrema cura secondo un'impostazione multiculturale, raccontano dei sogni e della vita quotidiana dei loro abitanti, assenti. Personaggi famosi raffigurati nei poster, schermi di computer scintillanti e programmi televisivi animano gli appartamenti abbandonati con i miti del quotidiano, invitando a proiezioni sceniche. Il tempo si dilata in maniera strana. È possibile scoprire qualcosa di più di questo palazzo? È possibile ricomporre i mobili Ikea con i piatti da collezione o il "Gay Romeo" in chat fino a formare una storia?
Il singolo e il gruppo intero mettono in scena la sfera mentale e sociale dell’esperienza come uno scenario surreale
Dietro, in lontananza, oltre il tetto del massiccio blocco di case, si erge la bianca costruzione in metallo di una gigantesca ruota panoramica. Mentre identifichiamo come simulacri dello spazio pubblico un container in metallo funzionante da toilette, i lampioni, i cassonetti dell'immondizia e le panchine, lampeggia la scritta a caratteri cubitali "The One & The Many", che getta la sua luce accecante a mo' di un bagliore di speranza sia sulla triste facciata sia sul desolante cortile. Mentre una ragazza madre culla il suo bimbo nel passeggino al ritmo della musica dell'iPod che ha nelle orecchie, alcuni giovani uomini mangiano con gli occhi i passanti, sfinendoli con sguardi lascivi che invitano a seguirli nei bagni pubblici. In questa performance, ciascuno acquisisce la consapevolezza del proprio doppio ruolo di attore e di spettatore. Condividendo il destino del momento, infatti, il singolo e il gruppo intero mettono in scena la sfera mentale e sociale dell'esperienza come uno scenario surreale: formule vuote quali l'edificio inaccessibile, l'enorme ruota panoramica o la limousine bianca parcheggiata trasmettono vacuità. Sulla vita quotidiana dell'uomo medio balena per un attimo la possibilità di sfuggire una fuga: che sia attraverso il flirt con il giovane marchettaro, oppure grazie alla possibilità di salire ciclicamente in alto sulle cabine a forma di gabbia per gli uccelli della scintillante ruota panoramica, o ancora attraverso il quarto d'ora di celebrità di cui godono i partecipanti a uno show televisivo.
L'edificio, esposto da Elmgreen & Dragset per la prima volta in Germania, è stato riadattato al contesto olandese curando con cura tutti i dettagli, collazionando elementi di Powerless Structures o riferimenti alla mostra Celebrity – The One & The Many (ZKM Karlsruhe, 2010) e a Welfare State (Serpentine Gallery London, 2006), per creare così l'ultima parte di una trilogia. Basata su progetti concettuali, la produzione artistica del duo nordico si è spostata dallo White Cube a un palcoscenico di grande atmosfera in un'area suburbana sin dalla fine degli anni Novanta. Qui le promesse funzionalistiche della modernità si sono dissolte all'interno della cultura del consumo. Gli oggetti concreti, trasformati in segni, al pari delle connessioni riecheggianti ovunque e dell'isolamento dell'individuo nella società della comunicazione tecnologizzata producono un sistema di cose avulso da ogni spirito accademico, nel quale gli artisti inseriscono anche costrutti sociali come la pubblicità, la funzionalità o l'assembramento/collezione di oggetti codificati con il tema dell'omosessualità.
Se nella novella romantica Nicholas Crabbe – Or The One & The Many Frederick Rolfe racconta di come il suo alter ego cerchi un curatore per i suoi scritti intellettuali, omoerotici – mostrandosi come una persona che si distingue dalla massa alla ricerca di riconoscimento –, The One & The Many è, nel senso migliore del termine, una tautologia grondante di riferimenti e di collegamenti non solo in sè, ma anche rispetto all'intera opera del duo. Infine, la messinscena risulta particolarmente efficace non solo grazie ai suoi monumentali oggetti, ma ancor più grazie ai poco appariscenti gesti artistici che spingono il visitatore a interrogarsi sui concetti di norma e di presunzione in uno spazio sociale fortemente regolato.
Gabrielle Schaad
(c) Elmgreen & Dragset – The One & The Many (2011). Museum Boijmans Van Beuningen. Foto: Tot en met ontwerpen