Tra i finalisti del Premio Furla, Meris Angioletti, classe 1977, è affascinata dai meccanismi della memoria: la mostra Ginnastica Oculare, ora in corso alla GAMeC di Bergamo, ruota attorno a un maestro di mnemotecnica che ha ideato un metodo che gli permette di memorizzare 200 cifre dopo averle ascoltate una sola volta. Mentre in Paradigma indiziario, video su Milano in mostra a Careof fino al 27 luglio, l'artista traccia il ritratto di una porzione di città che nessuno conosce davvero, ma di cui tanti spesso fantasticano: la Milano sotterranea. Gli oscuri recessi del Castello Sforzesco (tra l'altro visitabili con guida Ad Artem ogni giovedì e venerdì alle 19.30 e 21, prenotando allo 02.6586937), dei sotterranei dell'Istituto Moreschi in Via S. Michele del Carso, del ricovero antiaereo sotto Piazza Grandi e del Tempietto massonico del parco di Villa Finzi a Gorla sono filmati dall'artista che guida lo spettatore nel buio misterioso di questi luoghi attraverso le voci e i ricordi di chi i sotterranei li ha abitati davvero, per sfuggire alle bombe durante la guerra alcuni, per motivi religiosi altri e altri ancora, come una speleologa intervistata, per ragioni di studio. Alla fine, nella testa dello spettatore si compone un'immagine, più o meno nitida, più o meno realistica o ricca di particolari di una città sotterranea, perché "l'opera", dice Meris Angioletti "si svolge nella mente di chi la osserva".

Giulia Guzzini: In Paradigma indiziario hai filmato i sotterranei di Milano e hai raccolto la testimonianza di chi ha vissuto questi luoghi. Quale metodologia hai utilizzato nel video?
Meris Angioletti: Quella propria della metastoria: partire da indagini su fenomeni secondari per ricostruire un'altra storia, quello che fa Carlo Ginzburg ne Il Formaggio e i vermi dove, partendo dagli atti del processo a un mugnaio per eresia, riesce a ricostruire la visione religiosa e filosofica di quel momento storico.
Quando Chiara Agnello mi ha chiesto di fare un video su Milano ho pensato di lavorare sui luoghi sotterranei, un progetto che già volevo affrontare a Parigi, nel corso della residenza al Pavillon del Palais de Tokyo. Pensando alla stratificazione geologica che caratterizza il sottosuolo, è stato naturale affrontare questi luoghi sotterranei attraverso un metodo storico, procedendo per indizi che poi erano indizi della memoria. Ho voluto ricostruire un'immagine mentale attraverso i ricordi delle persone che ho intervistato che sono persone che hanno attraversato questi luoghi. Da questa serie di frammenti, indizi, si può ricostruire un luogo che per me ha lo stesso valore del luogo reale, per il fatto che l'opera si svolge nella mente di chi la osserva.
Sono partita dall'idea di lavorare su un luogo marginale e su una traccia secondaria di una città. Questo metodo mi ha portato a imbattermi in diverse aspetti che sono emersi, ma di cui non volevo parlare, come il legame con la Guerra, che ho cercato di evitare, ma che continuamente ritornava, come una specie di rimosso della città, che è l'emblema del sotterraneo.

G. G.: Guardando il video non sembra di vedere un luogo fisico definito, sembra si tratti di un'astrazione del concetto di luogo sotterraneo, una sorta di un non luogo…
M. A.: Abbiamo visitato il Castello, il Moreschi, Piazza Grandi e il cosiddetto Tempietto della Notte a Gorla, avrei voluto anche la Stazione Centrale, ma non abbiamo ottenuto il permesso. Nel montaggio tutti questi luoghi sono stati cuciti come se si trattasse di un unico luogo. Sono luoghi che nessuno conosce, ma di cui si raccontano tante storie. Ho cercato di far emergere il rapporto che esiste tra un luogo a cui non si ha accesso, ma che nello stesso tempo esiste perchè è pensato.