L'arte non dovrebbe provare vergogna.
L'arte dovrebbe suscitare estasi nella sua esposizione
della frizione tra due estremi opposti: da un lato
l'attrazione verso l'irraggiungibile, la spinta verso
il divino, e dall'altro la zavorra della condizione
umana e dei suoi limiti più infimi. Se l'arte dovesse
esprimere senza pudore questa tensione,
Kara Walker sarebbe colei che detta le regole di
comportamento. La sua opera esprime senza alcuna
vergogna il conflitto estetico che agita lo spazio in cui
si incrociano i concetti di razza, genere, sessualità,
e ha il potere di liberare quei ricordi che desideriamo
rimuovere e quei desideri che al tempo stesso ci
spaventano e ci intrigano. La Walker insinua che
vergogna e senso di colpa si celano ovunque e
stanno alla base delle disfunzioni sociali, storiche
e individuali. La sua esplorazione del Vecchio Sud,
il suo uso tagliente di stereotipi ormai consunti, che
sconfina nell'abuso, e la sua raffigurazione simbolica
dei flussi corporei, del decadimento fisico; il modo in
cui nella sua opera le citazioni dei romanzi romantici
tormentati si scontrano con la promiscuità sessuale,
tutto questo concorre nella sua strategia di
dissacrazione di un presente che trova le sue radici in
un passato innominabile. Le opere di Kara Walker, le
sue figure, i disegni, film e testi sfidano ogni possibile
obbligo per l'artista a dover essere un contenitore di
aspettative che scivolano dall'esterno verso l'interno,
e viceversa: partendo dalle pressioni sociali fino alle
fessure in cui si cela l'inconscio represso.
Search for ideas supporting the Black Man as a work
of Modern Art/Contemporary Painting; a death
without end: an appreciation of the Creative Spirit of
Lynch Mobs- è un'installazione realizzata
appositamente per la Biennale di Venezia del 2007,
ed è composta da cinque schermi sui quali vengono
proiettate visioni torride e allucinate di abusi che
si perdono nella notte dei tempi. Questa opera, che
sembra uscita da un incubo, è abitata da mostri
che escono strisciando fuori da una mente in cui
la ragione è intorpidita, e vanno a toccare, come
direbbe Freud, il totem dei tabù, che comprende
anche il primo tabù dell'umanità: il terrore
dell'incesto "dei selvaggi", considerato il pericolo
più estremo per una società civilizzata.
L'arte della Walker espone al pubblico la barbarie
civilizzata. La sua crudele eleganza suggerisce
che quando le parole diventano troppo pesanti per
la nostra mente, la forma diventa consapevolezza.
Search for ideas è una serie composta da
cinquantadue opere a inchiostro su carta in cui
non vi è altro che la scrittura a mano dell'artista,
e ci dimostra che il suo stile mordace si esprime
altrettanto bene con le parole che con le immagini.
Tuttavia, se le sue parole risultano pesanti,
è solo perché il mondo potrebbe essere troppo
pesante per le nostre menti.
Taglia via il clitoride di una ragazza/per farla pensare
meglio/incidile la vulva per/controllare il desiderio.
Io e/le regole del mio rasoio arrugginito/figa pulita,
passera nera/brava moglie, marito
rispettoso/sodomita a quattro zampe.
Considera per un minuto il delizioso/crimine di una
ragazzina irachena di quattordici anni violentata/la
famiglia uccisa da soldati americani/è solo una
questione di necessità. Uno stupro di gruppo/è
sempre una questione di necessità/Il codice d'onore
militare. Non parlare, non/chiedere. L'ultima parola
incomprensibile/di un bambino invisibile.
Mischiare gli umori/della sua dolce giovane figa con/la
saliva di un cane morto non è/solo salutare ma rende
la tua/erezione dura da morire.
I culi nudi dei prigionieri impilati/in una piramide che
simulava sesso di gruppo perché/una piramide di vero
sesso avrebbe/scatenato una rivolta.
Passando dall'evocazione degli abusi più reconditi a
quelli più pubblicizzati e familiari, questa sorta di poesia
'haiku' della Walker potrebbe costituire un rimando
estetico ai primi dipinti ironici di Richard Prince. Ma se
le battute di Prince si riferivano al pubblico, nel lavoro di
Kara è proprio il pubblico, con la sua ignoranza,
arroganza e con il suo rifiuto a costituire la burla.
Scorrendo i suoi testi si riscontra che quello che hanno
in comune la geopolitica e i comportamenti personali è
solo un'idea di fondo: sono entrambi motivati dal
desiderio di qualcuno di forzare un altro (una società,
una nazione o un individuo) ad accettare qualcosa
(amore, piacere o democrazia) che quest'ultimo non
desidera, e che comunque neppure il primo possiede.
E quando la paura dell'ignoto aumenta, violenza fisica
e psicologica, umiliazioni sessuali e assalti cruenti
sembrano essere le strategie migliori per degradare
e annientare l'altro che ci incute paura. Kara Walker
fa luce su questo passato storico di violenze, e ci invita
a dare il nostro contributo individuale a memoria
e responsabilità collettive, poiché crede che, anche se
non lo si ammette, la nascita di una cultura
e di una nazione coincida proprio con il loro momento
di massima vergogna.
La vergogna di una nazione
La catarsi purificatrice della violenza, del passato e del presente, nel lavoro di Kara Walker. Testo Philippe Vergne. Foto courtesy of Sikkema Jenkins & Co.
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- 23 gennaio 2008