Modernismo

Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, in ambito statunitense e particolarmente in California, si sviluppa una scena totalmente autonoma del Moderno, dove innovazione costruttiva, distributiva e paesaggistica si combinano a generare i progetti di autentiche icone dell’architettura residenziale.

Già dagli anni prebellici in America, specificamente negli Stati Uniti, si sviluppa un discorso autonomo di innovazione architettonica, che parte dal discorso europeo dei CIAM (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne) per staccarsene con proposte capaci di incarnare la peculiarità di un contesto geografico.
Già l’iconica Modern Architecture: International Exhibition del 1932, curata da Henry Russell Hitchcock e Philip Johnson per il MoMA di New York — comunemente ritenuta momento simbolico della nascita di un “International Style”, un Modernismo dal valore globale — presentava in realtà sezioni decisamente statunitensi per partecipanti e per temi, in particolare quelli legati all’abitare. Si aprono infatti molti percorsi differenti, a partire dal fatto che diverse sono le condizioni di partenza in America rispetto all’Europa dove il Movimento Moderno si origina. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli USA non subiscono distruzioni sul loro territorio, ma tutti gli sforzi dell’economia così come della ricerca nel design con le sue giovani risorse sono impegnati nell’industria bellica o dell’emergenza. Per le stesse ragioni, un grande avanzamento tecnologico rende disponibili nuovi materiali e tecniche: plastiche, pannelli isolanti, saldature per l’acciaio e così via.
Una spinta a riportare questo progresso nel campo dell’architettura civile segnerà presto l’apertura di una vera e propria epoca.

Nel gennaio del 1945, il direttore della rivista losangelena Arts and Architecture, John Entenza, lancia il programma delle Case Study Houses, con una prima serie di 8 progetti di abitazione affidati ad altrettanti studi americani. Scopo del programma, che durerà fino al 1966, è di progettare e costruire case-prototipo che sappiano dare una risposta efficace, economica e innovativa all’esplosione di domanda residenziale in arrivo colla fine del conflitto: innovare quindi la tipologia della casa individuale americana, fondamento di un’intera cultura dell’abitare. È in questo contesto che crescono figure come Craig Ellwood, Pierre Koenig, Rafael Soriano; nella prima fase compaiono peraltro nomi già celebri quali Charles e Ray Eames, Eero Saarinen, Richard Neutra.

Pierre Koenig, Case Study House #22 (Stahl House), Los Angeles, 1960. In Domus n.711, Dicembre 1989

Le prime sperimentazioni — che diventano rapidamente icone del cosiddetto Modernismo Californiano — lavorano sulla combinazione di pianta e soluzione strutturale (principalmente in legno o in acciaio); ancora parzialmente eredi di un retaggio europeo, si distinguono in questo gruppo le realizzazioni alle Pacific Palisades, la Eames House (Case Study House #8, 1945-49)  e la Entenza House (Case Study House #9, 1949) progettata dagli Eames con Saarinen, e l’approccio di inclusione nel paesaggio della casa #20 di  Neutra (1948). Dal 1950 le Case Study Houses diventano più definite come tipologia, quasi tutte con struttura in acciaio, e compaiono i progetti più famosi che incarnano l’archetipo della casa modernista californiana, come la Stahl House di Koenig con le sue vetrate a tutta altezza e le snelle strutture metalliche a sbalzo sulla città, o le abitazioni di Ellwood che combinano sequenze di aperture e chiusure, trasparenze ed opacità sempre nell’ottica di esaltare semplicità e leggerezza dei volumi e delle strutture, e la linearità della loro realizzazione. È il caso della casa #17B (1956) e della Fields House ( CSH #18, 1958), entrambe a  Beverly Hills.

Albert Frey e John Porter Clark, Frey House I, Palm Springs, 1941. In Domus n.213, settembre 1946

Altre figure che si uniscono al discorso del Modernismo statunitense provengono invece da traiettorie diverse.
Albert Frey
, già collaboratore di  Le Corbusier stabilitosi negli USA dal 1928, negli anni 40 sposta le sue attività da New York (dove aveva lavorato sull’edificio del MoMA) a Palm Springs in California, dove in una partnership intermittente con John Porter Clark, diventerà lungo gli anni ’50 il protagonista del cosiddetto Desert Modernism con edifici pubblici (Palm Springs Aerial Tramway station, 1963),  e abitazioni (Frey House I, 1941, e II, 1963) caratterizzati da quei valori di leggerezza e innovazione tecnologico-formale tipica del contesto modernista nordamericano.
Richard Neutra
, austriaco, in un percorso parallelo a quello del suo compatriota Rudolph Schindler, emigra a Los Angeles prima della guerra e ne fa il centro della propria attività e ricerca. Dal lavoro col dr. Lovell — per il quale progetta la Lovell Health House nel 1927 — trae la sua teoria di un biorealismo che arricchisce i principi dell’International Style con quelli della combinazione tra edificio, ambiente ed elementi contestuali come fondamento di una salute psicofisica integrale  dell’individuo. La Kaufmann Desert House a Palm Springs (1946-47) è ritenuta la massima espressione di questo pensiero.

John Lautner, Schaffer Residence, Los Angeles, 1949. In Domus n.1014, giugno 2017

Neutra aveva fatto il suo tirocinio americano presso Frank Lloyd Wright; col grande architetto delle Prairie Houses si era formato anche John Lautner, che si unirà al discorso del California Modern in un percorso peculiare, frutto della sua educazione a Taliesin — la scuola—comunità fondata da Wright in Arizona. Attraverso cinque decenni, Lautner farà evolvere i principi wrightiani di interazione tra nucleo abitativo (possibilmente centrato attorno a un cuore più solido e opaco), ambiente e forme di derivazione naturale, facendole nei progetti di case divenute anch’esse icone. In queste abitazioni, spesso ville, viene esaltato l’impiego accorto della tecnologia costruttiva come principio estetico e distributivo al tempo stesso. Succede a Los Angeles per lo Schaffer Residence (1949) dove l’apparente esposizione della struttura serve a creare un continuum tra interno e ambiente circostante attraverso il legno dei tamponamenti, nella Casa Malin, la Chemosphere (1960) sospesa attorno a un unico pilastro centrale, o nella Sheats-Goldstein Residence (1961-63) che riunisce l’abitare e l’esperienza del panorama urbano sotto un’unica lastra monolitica a cassettoni triangolari di calcestruzzo armato.

John Lautner, Sheats-Goldstein residence, Los Angeles, 1961-63. fotogramma da "The Modernist", di Catherine Opie.
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