Un prodotto democraticissimo, forse il più democratico di questo secolo, le serie tv arrivano ovunque e a chiunque: nelle loro trame non serve essere critici d’arte o architetti per fruire di mondi progettati con cura, spazi che ci raccontano come abitiamo, come progettiamo, come viviamo insieme – o come ci confrontiamo con paure e tensioni collettive.
In queste produzioni televisive i luoghi e gli oggetti sono sempre importanti e mai casuali. Così importanti che ce li siamo fatti raccontare più volte dai loro progettisti, dal regista Luca Guadagnino che nel 2022 intervistavamo su Domus a proposito di design degli interni, allo scenografo Stefano Baisi che ha trasformato le case di After The Hunt in palchi per conflitti sociali e generazionali.
Tra produzioni Netflix, Amazon Prime, Disney+ e Apple TV+, Domus ha curato un percorso tra 15 serie tv per fare un rewatch di quello che è successo nel mondo negli ultimi cinque anni.
C’è il grande tema dell’apocalisse che, oggi, non esplode più: si consuma in silenzio. Lo mostra la nuova serie di Alien su Disney+, che abbandona lo spazio profondo per esplorare un futuro interiore e claustrofobico — lo stesso che anima Black Mirror e Squid Game (Netflix), dove il controllo è diventato invisibile, interiorizzato.
C’è anche il microcosmo degli ultraricchi: yacht, resort di lusso, case isolate e uffici open space — come quelli di Scissione — spazi un tempo borghesi che diventano luoghi di inquietudine e straniamento. In parallelo, serie come Cristóbal Balenciaga o Beef affrontano in modo diretto il mondo del design, dei designer e dell’architettura, lo fanno con uno sguardo critico, spesso impietoso. Altre, invece, rileggono architetture storiche e spazi iconici in chiave dissacrante, come accade in The Studio, su Apple TV+.
E infine, c’è l’urbanistica: la trasformazione delle città in scenari di gioco e sopravvivenza, un immaginario che trova la sua espressione più compiuta in The Last of Us e Paradise.
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