“Lavoravamo in due studi di lighting design molto tradizionali. Quando ci siamo incontrati abbiamo capito che avevamo un’occasione: li abbiamo lasciati”. Così Alberto Saggia e Stefania Kalogeropoulos raccontano la nascita di Anonima Luci. Si conoscono nel 2018 e danno vita a uno degli studi di lighting design italiani più interessanti degli ultimi anni.
Fanno suonare il lighting design: perché tutti parlano di Anonima Luci
“La luce per noi è come una traccia sonora: non c’è niente di automatico, è un lavoro di scrittura”: dal dancefloor ai musei, la luce coreografica di Anonima Luci è diventata un nuovo linguaggio. Li abbiamo incontrati.
© Anonima Luci
Foto Vincenzo Parlati
© Anonima Luci
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- La redazione di Domus
- 21 novembre 2025
Dalle prime scenografie luminose per le feste di Macao – centro autogestito e occupato, tra le esperienze più folgoranti della Milano anni ’10 – ai progetti per gallerie indipendenti, fino agli allestimenti immersivi della Milano Design Week e dei brand internazionali, Saggia e Kalogeropoulos costruiscono un linguaggio che intreccia luce, architettura, arte e colore, attraversando istituzioni culturali, palazzi storici e festival musicali con installazioni temporanee e progetti permanenti.
Il suono è un elemento narrativo: è come ridisegnare con la musica qualcosa che non esiste.
Anonima Luci
L’ultimo li vede protagonisti di Milano City Echoes, nuova costola milanese del festival Polifonic, dedicata a esplorare come la musica possa espandersi verso luce, arti visive e architettura. Dal 20 al 23 novembre talk, workshop e performance tracceranno un’identità sonora della città. Lo studio ha tenuto una lecture all’Adi Design Museum e Domus li ha incontrati in quell’occasione.
Quando la luce si attacca al suono: le feste al Macao
Il cuore del lavoro di Anonima Luci è il dialogo tra luce e suono. Un legame nato quasi per istinto: Kalogeropoulus suonava come DJ nella scena milanese, sviluppando una sensibilità ritmica che diventerà centrale nel lavoro del duo, una sorta di “traduzione visiva di quello che ascoltiamo”.
Macao, lo spazio occupato più controverso della Milano degli anni Dieci, chiuso nel 2021, è il loro primo terreno di sperimentazione. Lavorano all’illuminotecnica delle feste con l’idea che “innovazioni e linguaggi emergano dalle sottoculture”. Nel 2019 realizzano Neuroscopia: trenta laser verdi formano una griglia immaginaria tra i due piani della sala liberty, deformando la percezione dell’altezza e della profondità.
“Macao è stata un’esperienza chiave”, ricordano, “quella che ci ha permesso di trovare la nostra direzione”.
La luce come partitura: coreografie dello spazio
Nel 2021, per la loro prima personale nella chiesa del borgo delle Colonne a Parma, introducono movimento e modularità in installazioni fino ad allora statiche. Per il vernissage di 444 Linee piccoli LED e laser monodirezionali si sincronizzano con un sample di venti minuti realizzato con Katatonic Silentio. “Il suono è un elemento narrativo”, spiegano, “è come ridisegnare con la musica qualcosa che non esiste”.
Da lì questo principio diventa la cifra dello studio, riconoscibile nelle installazioni modulari viste a C2c, Terraforma e in vari festival di elettronica e sperimentazione.
La tecnologia al nostro servizio
Alla base c’è un approccio tecnico minuzioso, quasi analogico, che privilegia il Diy. Anonima Luci non utilizza componenti standard ma progetta circuiti e supporti ad hoc. “Non lavoriamo con prodotti sul mercato… il tipo di programmazione è molto più vicino alla scrittura”.
“Negli spazi lavoriamo con matrici architettoniche: prendiamo punti luce singoli, ci attacchiamo piccoli laser, stampiamo in 3d gli snodi”. Sono elementi leggerissimi, invisibili a installazione spenta. “La tecnologia deve essere al nostro servizio, non viceversa”, dicono.
4 km di cavo: l’anatomia nascosta del C2C
All’edizione 2023 del C2c la stessa tecnologia minimale si traduce in chilometri di cavi nascosti. “Sono sempre le stesse componenti minime”, spiegano, “solo che quando le scali in grande lavori con quattro chilometri di cavo”.
Volevamo che la luce respirasse con la musica: non un visual, ma una presenza fisica che si muovesse come un corpo.
Anonima Luci
La collaborazione con il festival dura tre anni e culmina in “555 nm”: un cono di luce rovesciato sospeso al centro dello spazio, che muta forma in base alla musica. “Volevamo che la luce respirasse con la musica”, dicono. “Non un visual, ma una presenza fisica che si muovesse come un corpo”. Il perno centrale dei laser diventa un “battito visivo”. “È un lavoro di scrittura: niente è automatico”.
Un software di luce per rinnovare il Palazzo dell’Arte
L’ultimo progetto museale li porta alla Triennale di Milano, nel Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio. L’obiettivo per Voce era creare una piattaforma modulare capace di ospitare performance, DJ set e band, dialogando col sound system di Giorgio Di Salvo.
La sala, divisa in cinque campate da colonnati, viene ripensata installando più di 25.000 punti luce programmabili singolarmente, così da “scorporare” Voce per settori e creare gradienti complessi. “Con questo software puoi sfumare un Led dall’azzurro al bianco suddividendo i gradienti sui vari soffitti”, spiegano, citando Dan Flavin come riferimento.
La piattaforma si basa su un software proprietario con interfaccia sviluppata da un ingegnere informatico. “Abbiamo selezionato preset modificabili che permettono di fare tantissime cose”, anche se il potenziale non è ancora del tutto sfruttato.
Finestre degli altri, studi sul colore
Accanto ai club, Anonima Luci lavora a interventi urbani e open-air. Tra questi, il percorso di gradienti per l’edizione 2022 di Terraforma, nel parco di Villa Arconati: un giardino monumentale trasformato in un varco meditativo di ingresso al festival.
“Ci sono sempre piaciuti i gradienti del tramonto e dell’alba. E l’effetto delle finestre tutte diverse nei palazzi, quei colori caldi e freddi che sembrano il cielo: è un po’ questo effetto che cerchiamo nel colore”.