Ogni nuovo anno porta una nuova stagione di mostre: alcune guardano al passato, altre si concentrano sul contemporaneo, altre ancora mettono in dialogo le due dimensioni. È in questa varietà – tra riletture storiche, attese monografiche e nuovi progetti site-specific – che si delinea la mappa delle esposizioni più interessanti del prossimo anno. Per orientarsi in un panorama ormai globale, abbiamo raccolto alcuni appuntamenti che, se non necessariamente da raggiungere, vale almeno la pena segnare in agenda. Dall’Europa alle Americhe fino all’Asia, abbiamo tracciato un percorso completo, mostra per mostra, per immaginare già da ora l’anno d’arte che verrà.
Tutte le mostre da non perdere nel 2026
Il nuovo anno si avvicina, e con lui la nostra guida alle esposizioni che definiranno il panorama culturale internazionale.
L’edizione di quest’anno, curata da Kitty Scott, Strategic Director di Fogo Island Arts, si terrà dall’8 novembre 2025 al 31 marzo 2026 alla Power Station of Art. Riunirà oltre 250 opere di 67 artisti e collettivi dalla Cina e dal resto del mondo, prendendo spunto dalle recenti scoperte scientifiche sulle interazioni tra diverse forme di vita.
In foto: Tania Candiani, Prologue II. Resonant Blossoms, 2025, supporti in metallo e bambù con altoparlanti. Per gentile concessione dell’artista e della Galleria Vermelho. Immagine per gentile concessione della Power Station of Art.
In foto: Hito Steyerl, Image CC 4.0
Courtesy l'artista, Fondazione Prada, Andrew Kreps Gallery, New York, and Esther Schipper, Berlin/Paris/Seoul.
Ogni modello riproduce in scala reale una delle campate della navata sud ed è realizzato con la tecnica del monotipo, spesso impiegata da Tabouret, arricchita da stencil per rosoni e motivi decorativi. Il progetto rispetta la luce neutra dell’edificio, creando una transizione morbida con le vetrate di Viollet-le-Duc, pur introducendo colori luminosi ed equilibrati.
In foto: Claire Tabouret circondata dai modelli a grandezza naturale realizzati per le sei vetrate della cattedrale di Notre-Dame de Paris. © Claire Tabouret / foto Bebel Matsumiya, 2025
In foto: Eva Jospin,Veduta dell'esposizione Palazzo, 2023, Palais des papes, Avignon
© Benoît Fougeirol
© Adagp, Paris, 2025
In foto: Daria Martin, Soft Materials, 2004 (still). 16mm film a colori, suono; 10:30 min. Courtesy l'artista. © Daria Martin
In foto; Mona Hatoum, Web, 2025
Sfere di vetro trasparente e filo metallico
Dimensioni variabili
Immagine della mostra presso Elleboogkerk, Amersfoort, The Netherlands, 2025
Foto Robin Meyer
© Mona Hatoum. Courtesy the artist and Kunsthal KAdE
In foto: Benni Bosetto, Jewels, 2019
Veduta dell’installazione, “Fallen empire and refound desire”, Asiat Vilvoorde, Belgio, 2019
Courtesy l’artista e Emanuela Campoli, Parigi/Milano
Foto Jeroen Verrecht
In foto: Bruce Conner, CROSSROADS (1976)
35mm, bianco e nero, sonoro, 37 min
Restauro digitale, 2013
Musica originale di Patrick Gleeson e Terry Riley
Restauro a cura della UCLA Film & Television Archive
Per gentile concessione della Conner Family Trust e Michael Kohn Gallery, Los Angeles
© Conner Family Trust
In foto: Tracey Emin, My Bed, 1998
Tate. Prestito della Duerckheim Collection, 2015, in deposito a lungo termine
© Tracey Emin. All rights reserved, DACS/Artimage
Immagini dell’installazione: Joshua White / JWPictures.com, per gentile concessione della Making Their Mark Foundation.
In foto: Bruce Nauman, 3 Heads Fountain (3 Andrews) (dettaglio), 2005
Resina epossidica, fibra di vetro, filo metallico, tubi in plastica, pompa dell’acqua, vasca in legno, telo in gomma
25,4 × 53,3 × 53,3 cm (scultura) / 20,3 × 365,8 × 365,8 cm (vasca)
Collezione Pinault
© Bruce Nauman / Adagp, Parigi, 2025
Foto: Tom Van Eynde
Courtesy Whitney Museum of American Art
La sua pratica, trasversale per materiali e approcci, si distingue per l’uso rigoroso di scala, colore e spazio, elementi che attiva per creare esperienze percettive capaci — come afferma lei stessa — di “aprire il mondo”.
In photo: Carol Bove, Vase Face I / The Ascent to Heaven on a Dentist’s Chair, 2022.
Stainless steel and laminated glass with heat-fused ink,
85 × 87 × 57 1/2 in. (215.9 × 221 × 146.1 cm).
Collection of the artist. © Carol Bove Studio LLC.
Photo: Maris Hutchinson
In foto: Jane Jin Kaisen, fermo immagine da Offering, 2023 © Courtesy of the artist
In foto: A Year in Normandie (dettaglio), 2020–2021, composizione realizzata su iPad © David Hockney. Per gentile concessione dell’artista e delle Serpentine Galleries
In foto: Mark Rothko, No. 3 / No. 13, 1949, olio su tela, 261,5 × 164,8 cm, New York, MoMA – The Museum of Modern Art, lascito di Mrs. Mark Rothko tramite la Mark Rothko Foundation, Inc. 428.1981. © Digital Image, The Museum of Modern Art, New York / Scala, Firenze © 1998 Kate Rothko Prizel e Christopher Rothko / Artists Rights Society (ARS), New York
In foto: Simon Fujiwara, Likeness, 2018
Veduta della mostra Simon Fujiwara, Hope House, Blaffer Art Museum, University of Houston, Texas, 2020–21
Foto: © Sean Fleming
In foto: Cecily Brown, The Serpentine Picture, 2024, olio su lino, 119,38 × 185,42 cm (47 × 73 in.), © Cecily Brown, 2025.
In foto: Franco Vaccari, Esposizione in tempo reale n.1, Maschere (1969), testo dattiloscritto, 2 fotografie vintage, maschera, 35 × 103 cm complessivi.
Courtesy Righi Collection, Bologna
Foto: Dario Lasagni
La mostra riunisce dipinti e disegni e si concentra sui temi centrali della sua pratica: il rapporto tra narrazione politica e individuale, le tradizioni mitiche e le questioni migratorie. Armitage costruisce così un percorso che unisce memoria, storia e immaginario simbolico, restituendo visioni insieme concrete e oniriche.
In foto: Ritratto di Michael Armitage, 2022
Foto di Tom Jamieson
© Michael Armitage
Per gentile concessione dell’artista e di David Zwirner
In foto: Francisco de Zurbarán, Una coppa d’acqua e una rosa, ca. 1630
olio su tela, 21,2 × 30,1 cm
© The National Gallery, London
Kasuba’s commitment to experimentation led her to imagine alternative ways of living and creating. This vision was central to her collaborations in the 1960s with Experiments in Art and Technology (E.A.T.), a pioneering group of artists, engineers, and scientists exploring new intersections between art and innovation.
In foto: Aleksandra Kasuba, Shell Dweller IV 1989
© Lithuanian National Museum of Art
Foto: Giulio Squillacciotti. Courtesy La Biennale di Venezia.
In foto: Stan Douglas, Doppelgänger, 2019
Dimensioni complessive variabili
Installazione video a due canali, quattro canali audio, colore, 25:32 minuti 32 secondi
In foto: Installation view Yoko Ono: Music of the Mind, Gropius Bau, Berlin 2025.
© Gropius Bau, photo: Diana Pfammatter. Artwork © Yoko Ono
In foto: Pierre Huyghe, Liminal, 2024-on-going
Courtesy l'artista, Galerie Chantal Crousel, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Esther Schipper, TARO NASU e Anna Lena Films
In foto: veduta dell’installazione, Made in L.A. 2016: a, the, though, only, 12 giugno – 28 agosto 2016, Hammer Museum, Los Angeles. Foto: Brian Forrest.
Per il nuovo spazio di Place du Palais-Royal ha ideato The Harvest Season, un ambiente che riflette il ciclo della creazione e il valore del lavoro collettivo, ispirato ai centri d’arte che ha fondato dal 2019 a Tamale, nel nord del Ghana. La mostra occuperà interamente lo spazio con opere site-specific e nuove versioni di installazioni emblematiche.
© Ibrahim Mahama, Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
In foto: Allison Katz (born in 1980), Gradiva, 2024. Private collection. © Allison Katz. Photo Eva Herzog
Organizzata con il Guggenheim Museum di New York, è la prima grande esposizione dell’artista in Giappone dal 2002 e include anche materiali d’archivio inediti. L’insieme offre un viaggio immersivo che invita a riflettere sul rapporto tra umanità, tecnologia e ambiente.
In foto: Mariko Mori, Wave UFO, 1999–2002
Interfaccia delle onde cerebrali, cupola di proiezione, proiettore, sistema informatico, fibra di vetro, Technogel®, acrilico, fibra di carbonio, alluminio e magnesio
528 × 1134 × 493 cm
Veduta dell’installazione: Mariko Mori: Wave UFO, Kunsthaus Bregenz, Austria, 2003
Foto: Richard Learoyd
In foto: Vanessa Bell, Self-Portrait c.1915
Yale Center for British Art, Paul Mellon Fund B1982.16.2
© Estate of Vanessa Bell. All rights reserved, DACS 2025
In foto: Julian Charrière, Midnight Zone (still), 2024, video 4K, formato 16:10, soundscape ambisonico 3D, 56 min, loop continuo. © 2025 ProLitteris, Zürich; Copyright dell’artista.
In foto: Cecilia Vicuña, Quipu de Encuentros Juncal-Aconcagua, 2024, performance rituale, still da video. Valle dell’Aconcagua, Cile. Foto: Nicolas Amaro. Per gentile concessione dell’artista. © 2025 Cecilia Vicuña.
In foto: Jan van Eyck, Ritratto di Giovanni (?) Arnolfini e della moglie – titolo breve: I coniugi Arnolfini, 1434
Olio su tavola
82,2 × 60 cm
© The National Gallery, Londra
Attraverso un uso raffinato del suono, della tecnologia e dello spazio, il duo costruisce scenari intimi e narrativi, popolati di echi cinematografici e memorie collettive, che invitano il visitatore a riconsiderare tempo, spazio e ricordo.
Per la loro prima grande retrospettiva italiana degli ultimi vent’anni, le Navate ospiteranno installazioni monumentali e nuovi lavori concepiti per Pirelli HangarBicocca, offrendo un’esperienza multisensoriale insieme coinvolgente e straniante.
In foto: Janet Cardiff & George Bures Miller, The Killing Machine , 2007
Veduta dell’installazione, MACBA Museu d’Art Contemporani de Barcelona, 2007
Courtesy gli artisti e Luhring Augustine, New York
Foto: Seber Ugarte & Lorena López
La mostra — la sua prima grande personale istituzionale a Pechino — riunisce serie fondamentali dell’ultimo decennio insieme a lavori recenti, con particolare attenzione al ciclo Sharp, Sharp, Smart, che ha segnato una svolta nei suoi processi e nel suo modo di costruire il quadro. L’esposizione offre così una rilettura concentrata di una fase cruciale della sua ricerca, evidenziando il suo continuo confronto con i limiti e le possibilità della pittura.
In foto: Duan Jianyu, A Good Guy, 2017
olio su tela, 140 × 180 cm
Courtesy dell’artista e di Vitamin Creative Space.
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- Giorgia Aprosio
- 16 dicembre 2025
Inverno 2025/2026
Il 2026 si apre nel segno di alcune grandi mostre già avviate a fine 2025: in Cina continua la Biennale di Shanghai; in Italia, da Fondazione Prada, è in corso la prima mostra personale di Hito Steyerl, un progetto che intreccia fisica quantistica, fantascienza e politica per interrogare le fragilità del presente. In Francia, il Grand Palais ospita le personali di Claire Tabouret, che presenta modelli e studi per le nuove vetrate di Notre-Dame, ed Eva Jospin, che trasforma gli spazi in un paesaggio di grotte, radici e foreste immaginarie.
Mostre che chiudono l’anno precedente e definiscono già il clima culturale del nuovo: un inizio segnato da pratiche ibride, riflessioni sulla memoria e un ritorno alla materialità del paesaggio.
A Milano, Fondazione Prada inaugura la stagione con la mostra personale di Mona Hatoum, un percorso in tre atti sulla fragilità e l’instabilità dello spazio, mentre Pirelli HangarBicocca presenta un progetto immersivo di Benni Bosetto, che porta nel museo ritualità, corporeità e immaginazione domestica. A Los Angeles, una retrospettiva su Bruce Conner ripercorre l’invenzione del found footage e del montaggio come strumento critico, rivelandone la sorprendente attualità nell’era dell’algoritmo.
La Tate Modern dedica una grande mostra a Tracey Emin, che attraversa quarant’anni di pratica e riafferma il ruolo centrale della pittura, mentre a Washington il National Museum of Women in the Arts presenta Making Their Mark, una delle più ampie esplorazioni sull’astrazione al femminile dal dopoguerra a oggi.
Primavera
La primavera si annuncia come una stagione densissima, segnata da uno degli appuntamenti più attesi del 2026: la riapertura del New Museum di New York. L’istituzione presenterà il suo ampliamento con una grande collettiva dedicata ai rapporti tra tecnologia e condizione umana; la data esatta non è ancora stata resa pubblica, ma segnerà un momento chiave per la scena internazionale del prossimo anno.
Nel frattempo a Parigi inaugura Claire Obscur alla Bourse de Commerce, mentre il Guggenheim di New York ospita la nuova personale di Carol Bove. In parallelo si moltiplicano progetti in tutta Europa: Lugano dedica una collettiva alla videoarte coreana; la Serpentine presenta David Hockney e Cecily Brown in due mostre complementari dedicate al paesaggio come archivio emotivo; il Mudam di Lussemburgo accoglie la monografica di Simon Fujiwara; mentre al Museion di Bolzano una grande mostra sui “ambienti” di Franco Vaccari rilegge la sua pratica partecipativa.
In Italia, Palazzo Strozzi apre una delle rassegne più attese: la retrospettiva dedicata a Mark Rothko, costruita in dialogo con la storia artistica di Firenze. A Venezia, alla vigilia della Biennale, Palazzo Grassi presenta la personale di Michael Armitage, che intreccia Africa orientale, storia dell’arte europea e mitologie contemporanee. A Londra, la National Gallery dedica una rassegna a Zurbarán, approfondendo la sua capacità di trasformare il sacro in visione intima.
Ad aprile torna uno degli artisti italiani più attenzionati sulla scena internazionale, Diego Marcon che presenterà alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Krapfen, una nuova grande mostra realizzata in collaborazione con il New Museum di New York, The Renaissance Society di Chicago, The Vega Foundation e Lafayette Anticipations di Parigi (che gli dedicherà allo stesso modo un appuntamento nel suo programma). Presentato nell’ambito di Biennale Tecnologia in partnership con il Politecnico di Torino, il progetto esplora le ambiguità dell’immagine in movimento e la tensione tra artificiale e umano che caratterizzano da tempo la sua ricerca.
La Biennale Arte, sotto il titolo In Minor Keys, apre a fine primavera: i nomi dei padiglioni nazionali sono già noti, ma resta forte l’attesa per gli interventi che animeranno i Giardini, l’Arsenale e la città.
Estate
L’estate porta con sé nuove traiettorie. Al MACBA di Barcellona, la retrospettiva dedicata a Stan Douglas riattiva la sua indagine sulle narrazioni possibili, sulla storia come struttura instabile e sui punti in cui un evento avrebbe potuto deviare verso un altro futuro. A Los Angeles, il MOCA presenta i due progetti vincitori dell’Eric and Wendy Schmidt Environment and Art Prize: Julian Charrière, con un’immersione negli abissi e nei sistemi idrici del pianeta, e Cecilia Vicuña, che intreccia acqua, rituale e attivismo in un quipu collettivo tra Cile e California. In Svizzera, la Fondation Beyeler dedica una grande personale a Pierre Huyghe, che continua a spingere i confini tra organico, digitale e biotecnologico, costruendo ecologie in cui la percezione diventa un sistema in evoluzione.
Autunno
Ad ottobre, la Fondation Cartier ospita a Parigi l'artista Ibrahim Mahama che in linea con la sua pratica artistica, ha deciso di condividere l'occasione della mostra invitando a partecipare artisti e architetti esterni, trasformando la sua personale in un dispositivo collettivo. A Montréal, il MMFA celebra Allison Katz e la sua rilettura di temi legati all'identità, la psiche e la memoria attraverso un linguaggio pittorico inafferrabile e stratificato. A Tokyo, il Mori Art Museum presenta una retrospettiva di Mariko Mori, che promette di rilevare la straordinaria attualità dell'artista che — già dagli anni ’90 — univa scienza, cosmologia e tecnologia per ripensare il concetto di “onnità” e vita interconnessa. A Londra, infine, la Tate Britain dedica una grande esposizione a Vanessa Bell & Duncan Grant, restituendo uno dei sodalizi più influenti della modernità britannica. L’autunno culmina con uno degli appuntamenti museali più importanti dell’anno: la National Gallery di Londra riunisce per la prima volta i ritratti attribuiti a Jan van Eyck, un’occasione irripetibile per osservare da vicino la rivoluzione dello sguardo naturalistico inaugurata dal maestro fiammingo. E mentre l’anno si chiude, lo sguardo si sposta già al 2027: Cardiff & Miller arriveranno a Milano con le loro installazioni immersive, dove il suono costruisce mondi, memoria e presenza fisica.
La lista completa degli appuntamenti con date, sedi e dettagli completi è disponibile nella gallery.
Fondata nel 1996, la Shanghai Biennale è la prima biennale internazionale di arte contemporanea in Cina e una delle più influenti in Asia. Dal 2012 si svolge stabilmente alla Power Station of Art, mantenendo un forte legame con la città, promuovendo innovazione culturale e osservando i cambiamenti sociali e le nuove forme di produzione del sapere. Oggi rappresenta una piattaforma centrale per il dialogo e lo scambio internazionale nell’arte contemporanea.
L’edizione di quest’anno, curata da Kitty Scott, Strategic Director di Fogo Island Arts, si terrà dall’8 novembre 2025 al 31 marzo 2026 alla Power Station of Art. Riunirà oltre 250 opere di 67 artisti e collettivi dalla Cina e dal resto del mondo, prendendo spunto dalle recenti scoperte scientifiche sulle interazioni tra diverse forme di vita.
Courtesy l'artista, Fondazione Prada, Andrew Kreps Gallery, New York, and Esther Schipper, Berlin/Paris/Seoul.
The Island è il progetto site-specific di Hito Steyerl per gli spazi dell’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II. La mostra intreccia narrazioni segnate dal tema dell’inondazione per riflettere su derive autoritarie legate all’intelligenza artificiale, crisi climatica e pressioni sulla ricerca scientifica. Al centro vi è un nuovo film concepito per il progetto, da cui prende forma un’installazione video articolata in oggetti, strutture e interviste. Combinando documentario, fantascienza e riferimenti alla fisica quantistica, Steyerl riorganizza tempo e spazio per esplorare nuove modalità percettive e narrative.
Claire Tabouret presenta, nella mostra D’un seul souffle, modelli a grandezza naturale, bozzetti e materiali preparatori dei sei nuovi vetri istoriati realizzati per la cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Vincitrice nel dicembre 2024 del concorso indetto dal Ministero della Cultura in collaborazione con l’Atelier Simon-Marq, l’artista apre al pubblico il dietro le quinte di questo progetto eccezionale.
Ogni modello riproduce in scala reale una delle campate della navata sud ed è realizzato con la tecnica del monotipo, spesso impiegata da Tabouret, arricchita da stencil per rosoni e motivi decorativi. Il progetto rispetta la luce neutra dell’edificio, creando una transizione morbida con le vetrate di Viollet-le-Duc, pur introducendo colori luminosi ed equilibrati.
© Benoît Fougeirol
© Adagp, Paris, 2025
Con Grottesco, Eva Jospin trasforma la Galerie 9 in un percorso immersivo composto da oltre quindici opere, alcune nuove e altre reinterpretate per l’occasione. Il titolo rimanda alle “grotte” della Domus Aurea, da cui nacque il gusto grottesco: un immaginario in cui natura, architettura e fantastico si intrecciano. Da anni la grotta, insieme alla foresta, è un motivo centrale nel lavoro dell’artista, che indaga cavità nascoste, profondità e forme in proliferazione. L’esposizione si attraversa come un mondo: promontori, cenotafi, grotte cupolate, rovine e abitazioni scavate conducono fino a una grande foresta, sempre diversa a seconda del punto di vista. Le opere, in equilibrio tra vegetale e architettonico, tra minerale e tessile, dialogano tra loro attraverso motivi ricorrenti. Tra le novità spiccano i bassorilievi ricamati, in cui la broderie diventa volume e architettura: un nuovo passo nella ricerca di Jospin verso forme ibride e in continua trasformazione.
New Humans: Memories of the Future inaugurerà il nuovo edificio ampliato del New Museum con un’esplorazione del modo in cui gli artisti hanno affrontato, nel tempo, la domanda su cosa significhi essere umani di fronte a profondi cambiamenti tecnologici. La mostra ripercorre una storia trasversale tra XX e XXI secolo attraverso le opere di oltre 150 artisti, scrittori, scienziati, architetti e cineasti internazionali, mettendo in luce i momenti in cui trasformazioni tecnologiche e sociali hanno generato nuove concezioni dell’umanità e nuove visioni dei suoi futuri possibili.
Sfere di vetro trasparente e filo metallico
Dimensioni variabili
Immagine della mostra presso Elleboogkerk, Amersfoort, The Netherlands, 2025
Foto Robin Meyer
© Mona Hatoum. Courtesy the artist and Kunsthal KAdE
Over, under and in between è un progetto site-specific di Mona Hatoum per Fondazione Prada, articolato in tre installazioni che riflettono su instabilità, vulnerabilità e precarietà. Utilizzando tre motivi ricorrenti della sua pratica — la ragnatela, la mappa e la griglia — Hatoum trasforma gli spazi della Cisterna in ambienti che evocano tensione, fragilità e movimento. Un intreccio sospeso di sfere di vetro, una mappa del mondo composta da perle rosse non fissate e una struttura metallica oscillante mettono in relazione corpo, spazio ed esperienza.
Veduta dell’installazione, “Fallen empire and refound desire”, Asiat Vilvoorde, Belgio, 2019
Courtesy l’artista e Emanuela Campoli, Parigi/Milano
Foto Jeroen Verrecht
Benni Bosetto (Merate, 1987; vive a Milano) sviluppa una ricerca che unisce disegno, scultura, installazione e performance per indagare l’identità come qualcosa di fluido e in continua trasformazione. Il suo lavoro attinge a fonti letterarie, antropologiche, popolari e psicoanalitiche, esplorando gesti, rituali e stati di percezione alterata legati al sogno o alla meditazione. Al centro c’è sempre il corpo, osservato nelle sue vulnerabilità e possibilità immaginative, insieme a temi come intimità, cura, riposo e sensualità. Per la sua prima grande mostra istituzionale, Bosetto trasforma lo Shed in un ambiente domestico reinventato, ispirato al romanzo Rebecca di Daphne du Maurier.
35mm, bianco e nero, sonoro, 37 min
Restauro digitale, 2013 Musica originale di Patrick Gleeson e Terry Riley
Restauro a cura della UCLA Film & Television Archive
Per gentile concessione della Conner Family Trust e Michael Kohn Gallery, Los Angeles
© Conner Family Trust
Bruce Conner (1933–2008), figura centrale della controcultura americana e precursore del montaggio contemporaneo, è al centro di una mostra che riunisce sette dei suoi film più significativi. L'esposizione mette in luce il suo uso pionieristico del found footage, evidente in opere come A MOVIE (1958) e CROSSROADS (1976), dove le immagini d’archivio diventano riflessioni taglienti sulla violenza, lo spettacolo e il potere delle immagini. Accanto ai grandi classici compaiono film costruiti intorno alla musica — Breakaway, Looking for Mushrooms, Mongoloid, America Is Waiting — che anticipano l’estetica del videoclip molto prima della sua diffusione. Il percorso si conclude con THREE SCREEN RAY (2006), travolgente trilogia visiva montata su tre schermi sincronizzati. La mostra rivela un artista che ha saputo trasformare materiali scartati in visioni nuove, interrogando con lucidità la cultura americana e la nostra relazione con le immagini.
Tate. Prestito della Duerckheim Collection, 2015, in deposito a lungo termine
© Tracey Emin. All rights reserved, DACS/Artimage
Questa importante mostra ripercorre quarant’anni di pratica di Tracey Emin, riunendo lavori simbolo della sua carriera insieme a opere mai esposte prima. Attraverso pittura, video, tessuti, neon, scrittura, scultura e installazione, Emin continua a spingere i limiti della rappresentazione, usando il corpo femminile come strumento per indagare passione, dolore e guarigione. Figura centrale dell’arte contemporanea britannica, Emin è emersa sulla scena negli anni Novanta con opere iconiche come My Bed, che mise in discussione i confini dell’arte e il rapporto tra sfera privata e pubblica. La mostra amplia il racconto della sua ricerca, evidenziandone la forza autobiografica e il confronto diretto con temi come amore e trauma, e sottolineando la centralità della pittura nella sua produzione più recente.
Il National Museum of Women in the Arts di Washington presenta Making Their Mark: Works from the Shah Garg Collection (27 febbraio – 26 luglio 2026), una grande mostra dedicata al contributo delle artiste all’astrazione dal secondo dopoguerra a oggi. Con 80 opere di 68 protagoniste – tra cui Magdalena Abakanowicz, Cecily Brown, Sheila Hicks, Julie Mehretu, Joan Mitchell, Wangechi Mutu, Faith Ringgold, Sarah Sze e Kara Walker – l’esposizione mette in luce innovazioni formali, sperimentazioni materiche e dialoghi intergenerazionali che hanno ridefinito il linguaggio astratto. Attraverso dipinti, sculture, tessili, ceramiche e lavori multimediali della Shah Garg Collection, la mostra evidenzia come le artiste abbiano ampliato i confini dell’astrazione affrontando temi di identità, rappresentazione e potere. Dopo le tappe a New York, Berkeley e St. Louis, questa sarà la prima presentazione all’interno di un’istituzione interamente dedicata alle donne.
Resina epossidica, fibra di vetro, filo metallico, tubi in plastica, pompa dell’acqua, vasca in legno, telo in gomma
25,4 × 53,3 × 53,3 cm (scultura) / 20,3 × 365,8 × 365,8 cm (vasca)
Collezione Pinault
© Bruce Nauman / Adagp, Parigi, 2025
Foto: Tom Van Eynde
Clair-Obscur riunisce una selezione di artisti moderni e contemporanei della Collezione Pinault per esplorare come il chiaroscuro continui a modellare l’arte di oggi. La mostra trasforma il museo in un paesaggio di luci e ombre, interrogando – anche attraverso riferimenti ad Agamben – ciò che nel presente resta nascosto o in penombra. Tra i lavori in evidenza figurano opere di Bruce Nauman, Victor Man, Bill Viola e Pierre Huyghe, insieme a un progetto site-specific di Laura Lamiel.
La Whitney Biennial — la grande ricognizione dedicata all’arte americana contemporanea — torna al Whitney Museum nel marzo 2026 per la sua ottantaduesima edizione. Istituita nel 1932 dalla fondatrice del museo, Gertrude Vanderbilt Whitney, la Biennale segue da quasi un secolo gli sviluppi dell’arte negli Stati Uniti ed è la rassegna di questo tipo più longeva al mondo, con oltre 3.700 artisti che vi hanno partecipato nel corso degli anni.
Stainless steel and laminated glass with heat-fused ink,
85 × 87 × 57 1/2 in. (215.9 × 221 × 146.1 cm).
Collection of the artist. © Carol Bove Studio LLC.
Photo: Maris Hutchinson
La mostra in apertura il 5 marzo 2026 sarà la più ampia presentazione museale del lavoro di Carol Bove. Ripercorre venticinque anni di carriera, dai primi disegni alle nuove sculture monumentali in metallo e tubi d’acciaio. Bove interverrà anche sulla rotunda di Frank Lloyd Wright con modifiche di design che ne alterano la percezione.
La sua pratica, trasversale per materiali e approcci, si distingue per l’uso rigoroso di scala, colore e spazio, elementi che attiva per creare esperienze percettive capaci — come afferma lei stessa — di “aprire il mondo”.
La mostra esplora la scena contemporanea della Corea del Sud attraverso il linguaggio della videoarte. Tra sperimentazione tecnologica e urgenza narrativa, artisti e artiste di una nuova generazione affrontano temi legati all’identità, alla memoria e alla trasformazione sociale di un Paese sospeso tra tradizione e ipermodernità.
Per la sua prima mostra alla Serpentine, David Hockney presenta nuovi dipinti realizzati su iPad durante la pandemia, invitando a rallentare lo sguardo e a riscoprire la bellezza del quotidiano. Cuore dell’esposizione è A Year in Normandy, il fregio lungo novanta metri ispirato all’arazzo di Bayeux e mostrato per la prima volta a Londra: un racconto delle stagioni attorno al suo studio normanno, ora in dialogo con il paesaggio dei Kensington Gardens.
La mostra dedicata a Mark Rothko offre un percorso che collega Palazzo Strozzi a due luoghi chiave del Rinascimento fiorentino — il Museo di San Marco e la Biblioteca Medicea Laurenziana — mettendo in luce il dialogo tra la visione dell’artista e la tradizione italiana. Curata da Christopher Rothko ed Elena Geuna, l’esposizione riunisce opere dagli anni Trenta al 1970, molte delle quali mai viste prima in Italia, grazie a prestiti dalla famiglia e da importanti collezioni internazionali.
Veduta della mostra Simon Fujiwara, Hope House, Blaffer Art Museum, University of Houston, Texas, 2020–21
Foto: © Sean Fleming
Simon Fujiwara trasformerà il Mudam in un mondo immersivo, collocando le sue opere all’interno di un allestimento ispirato al design dei parchi tematici. Riunendo progetti realizzati negli ultimi diciassette anni, questa survey di metà carriera offre una panoramica approfondita sulla sua pratica. Attraverso narrazioni personali e fenomeni culturali, l’artista riflette sui meccanismi della storia, della storia dell’arte e dell’architettura, rivelandone con umorismo e lucidità critica le connessioni con la pubblicità, l’intrattenimento e la cultura digitale. La mostra ripercorre l’evoluzione del suo linguaggio visivo complesso, mettendo in evidenza la capacità di Fujiwara di svelare le assurdità e le contraddizioni del mondo contemporaneo.
Cecily Brown presenta dipinti ispirati ai Kensington Gardens, luogo per lei significativo. Natura, vita nel parco e motivi ricorrenti della sua ricerca — dalle coppie ai boschi alle passeggiate inquietee — ritornano in opere nuove e in una selezione di lavori dal 2001. Picture Making è la sua prima grande mostra personale di pittura in un’istituzione britannica dal 2005, segnando un ritorno simbolico per l’artista dopo trent’anni a New York.
Courtesy Righi Collection, Bologna
Foto: Dario Lasagni
Per celebrare i novant’anni dalla nascita di Franco Vaccari (Modena, 1936), Museion presenta una grande personale che mette per la prima volta al centro i suoi ambienti immersivi. La mostra indaga la forza concettuale e la dimensione internazionale della sua ricerca, sottolineando quanto le sue opere partecipative — veri dispositivi aperti all’intervento del pubblico — restino oggi straordinariamente attuali. Vaccari parlava di “occultamento del lavoro”: l’opera prende forma attraverso le azioni spontanee dei visitatori, che ne diventano parte attiva. Basato su una ricerca di Luca Panaro, che cura il progetto insieme a Frida Carazzato, il percorso occupa due piani del museo con un allestimento firmato da Fosbury Architecture.
Foto di Tom Jamieson
© Michael Armitage
Per gentile concessione dell’artista e di David Zwirner
A Palazzo Grassi, la Pinault Collection presenta un insieme significativo di opere di Michael Armitage (Kenya, 1984) realizzate negli ultimi dieci anni. Nei suoi dipinti, riferimenti all’Africa orientale si intrecciano con mitologie e iconografie occidentali, dando vita a composizioni intense che affrontano anche aspetti della storia recente del Kenya.
La mostra riunisce dipinti e disegni e si concentra sui temi centrali della sua pratica: il rapporto tra narrazione politica e individuale, le tradizioni mitiche e le questioni migratorie. Armitage costruisce così un percorso che unisce memoria, storia e immaginario simbolico, restituendo visioni insieme concrete e oniriche.
olio su tela, 21,2 × 30,1 cm
© The National Gallery, London
La National Gallery presenta, da maggio 2026, la prima grande mostra nel Regno Unito dedicata a Francisco de Zurbarán (1598–1664). Riunendo circa 50 dipinti provenienti da importanti collezioni internazionali, l’esposizione ripercorre l’intera carriera del maestro spagnolo — dai monumentali santi agli intensi pale d’altare, fino alle celebri nature morte. Celebrato per il suo intenso naturalismo ed equilibrio emotivo, Zurbarán emerge come una figura centrale della pittura del XVII secolo. La mostra viaggerà successivamente al Louvre e all’Art Institute of Chicago.
© Lithuanian National Museum of Art
Tate St Ives presents the first UK museum exhibition devoted to Aleksandra Kasuba. After fleeing Lithuania following the Second World War, Kasuba settled in the United States, where she developed a six-decade practice that evolved from painting and mosaics to sculpture and architectural environments. Her works draw on the shapes and structures of the natural world — from shells and rocks to vegetation and marine life — reflecting her interest in rethinking how humans relate to their surroundings.
Kasuba’s commitment to experimentation led her to imagine alternative ways of living and creating. This vision was central to her collaborations in the 1960s with Experiments in Art and Technology (E.A.T.), a pioneering group of artists, engineers, and scientists exploring new intersections between art and innovation.
La 61. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, curata da Koyo Kouoh, si articolerà attorno al tema In Minor Keys, che invita a ripensare il ruolo del sottile, del marginale e dell’inatteso nell’arte contemporanea. L’edizione del 2026 metterà in luce voci e pratiche che operano lontano dai grandi racconti dominanti, privilegiando un ascolto attento e sensibile di ciò che solitamente resta in secondo piano.
Dimensioni complessive variabili
Installazione video a due canali, quattro canali audio, colore, 25:32 minuti 32 secondi
In un contesto in cui certezza e oggettività lasciano spazio all’interpretazione, il lavoro di Stan Douglas assume una rilevanza crescente. Dagli anni Ottanta l’artista esplora, attraverso film, fotografia e progetti multidisciplinari, il modo in cui tecnologia e media influenzano la percezione e la memoria collettiva, mettendo in discussione le narrazioni lineari della storia. La mostra ha un taglio retrospettivo e mette in evidenza il suo contributo all’analisi del cinema, la sperimentazione con diversi linguaggi e l’impatto esercitato su più generazioni di artisti. La musica — in particolare il jazz — è spesso un elemento centrale per affrontare temi legati a razza, classe e disuguaglianza. Nel nuovo progetto Birth of a Nation, Douglas indaga i legami tra flamenco e politica spagnola, mostrando come una tradizione possa essere riletta o appropriata da forze esterne. La mostra è una co-produzione con il Jeu de Paume, dove sarà presentata da febbraio a maggio 2027.
© Gropius Bau, photo: Diana Pfammatter. Artwork © Yoko Ono
Yoko Ono: Music of the Mind celebra oltre settant’anni di ricerca dell’artista, musicista e attivista, nella sua prima grande personale in un museo della California del Sud. La mostra, organizzata con Tate Modern, invita il pubblico a partecipare a molte delle sue opere, tra cui Wish Trees for Los Angeles, che trasforma gli ulivi del Broad in un’installazione collettiva dedicata al desiderio e alla speranza. In mostra le celebri “instruction works”, con bozze originali di Grapefruit (1964) e attivazioni dal vivo di opere partecipative. Sono presenti anche materiali delle campagne pacifiste realizzate con John Lennon e una selezione di film e video iconici, da Cut Piece a BOTTOMS. Installazioni recenti come Helmets (Pieces of Sky) e My Mommy is Beautiful completano il percorso, ribadendo la visione di Ono: l’arte come gesto condiviso, capace di costruire immaginazione, solidarietà e nuove possibilità.
Courtesy l'artista, Galerie Chantal Crousel, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Esther Schipper, TARO NASU e Anna Lena Films
La Fondation Beyeler presenta una grande mostra dedicata a Pierre Huyghe (1962, Parigi), tra gli artisti contemporanei più innovativi e influenti. Concepite appositamente per il museo, nuove opere si affiancano a lavori recenti che testimoniano la sua pratica radicale, in cui finzione e realtà si intrecciano. Huyghe crea situazioni viventi che combinano elementi cinematografici, tecnologici, biologici e digitali, dando luogo a mondi in continua trasformazione. La mostra invita il pubblico a immergersi nel suo universo affascinante e imprevedibile, dove possono emergere nuove forme di sensibilità e soggettività.
Per cinquant’anni Kenzi Shiokava ha trasformato materiali scartati in sculture che uniscono intaglio, assemblage e una profonda attenzione alla forza vitale degli oggetti. La sua prima personale museale riunisce oltre cinquanta opere dagli anni Settanta agli anni Duemila, tra totem lignei e installazioni in scatola animate da elementi naturali e trovati. La mostra mette in luce la natura transculturale della sua pratica, che intreccia tradizioni giapponesi, linguaggi del South Los Angeles e riferimenti spirituali diversi.
Ibrahim Mahama presenta alla Fondation Cartier una mostra concepita in modo collaborativo, invitando Dorothy Akpene Amenuke, Gideon Appah, James Barnor, CATPC, Courage Dzidula Kpodo con Postbox Ghana, Zohra Opoku, Tjaša Rener e Feda Wardak a prendere parte al progetto. Considerato tra gli artisti più influenti della sua generazione, Mahama lavora con materiali di scarto e frammenti industriali trasformati in nuove installazioni.
Per il nuovo spazio di Place du Palais-Royal ha ideato The Harvest Season, un ambiente che riflette il ciclo della creazione e il valore del lavoro collettivo, ispirato ai centri d’arte che ha fondato dal 2019 a Tamale, nel nord del Ghana. La mostra occuperà interamente lo spazio con opere site-specific e nuove versioni di installazioni emblematiche.
Nata a Montréal, Allison Katz è tra le pittrici più rilevanti della sua generazione. Per la sua prima mostra istituzionale in Québec, presenta al MMFA un nucleo di opere recenti insieme a nuovi dipinti, all’interno di un allestimento progettato appositamente per gli spazi del museo. Katz elabora un linguaggio visivo personale che intreccia psicoanalisi, cultura pop e storia dell’arte per indagare temi legati all’identità, alla rappresentazione e alla dimensione psicologica. Anche la disposizione delle opere è parte integrante della sua pratica: Jeu d’esprit si articola come un percorso a incastri, dove i dipinti dialogano tra loro creando associazioni e rimandi. Il pubblico è invitato a ricomporre questi indizi, tra riferimenti biografici dell’artista e interrogativi più ampi su memoria, influenze e costruzione del sé.
Interfaccia delle onde cerebrali, cupola di proiezione, proiettore, sistema informatico, fibra di vetro, Technogel®, acrilico, fibra di carbonio, alluminio e magnesio
528 × 1134 × 493 cm
Veduta dell’installazione: Mariko Mori: Wave UFO, Kunsthaus Bregenz, Austria, 2003
Foto: Richard Learoyd
Il Mori Art Museum presenta una retrospettiva dedicata a Mariko Mori, che da trent’anni intreccia arte, scienza e spiritualità. La mostra riunisce ottanta opere tra installazioni, sculture, video e fotografie, ripercorrendo una ricerca che dalle identità postumane degli anni ’90 si apre a filosofie antiche e alle più recenti teorie scientifiche.
Organizzata con il Guggenheim Museum di New York, è la prima grande esposizione dell’artista in Giappone dal 2002 e include anche materiali d’archivio inediti. L’insieme offre un viaggio immersivo che invita a riflettere sul rapporto tra umanità, tecnologia e ambiente.
Yale Center for British Art, Paul Mellon Fund B1982.16.2
© Estate of Vanessa Bell. All rights reserved, DACS 2025
Questa grande mostra riunisce le opere di Vanessa Bell e Duncan Grant, tra i protagonisti più influenti dell’arte britannica del Novecento. Ripercorrendo oltre cinquant’anni di collaborazione, l’esposizione indaga la loro relazione artistica e il ruolo che entrambi hanno avuto all’interno del Bloomsbury Group, il cui spirito libero e sperimentale ha inciso profondamente sulla cultura visiva e letteraria del Regno Unito. In mostra oltre 250 lavori: ritratti, nature morte, paesaggi, insieme a mobili decorati, ceramiche, tessuti e altre opere applicate. Un momento particolarmente significativo è la ricostruzione dello studio di Duncan Grant, trasferito per l’occasione da Charleston, la loro casa nel Sussex. Pur mettendo in evidenza le loro creazioni comuni, l’esposizione mostra anche come ciascuno abbia sviluppato un proprio percorso. Ne emerge un racconto vivace e articolato, che rende omaggio all’eredità duratura di due figure fondamentali per l’arte britannica.
Per la prima edizione dell’Eric and Wendy Schmidt Environment and Art Prize al MOCA, Julian Charrière (1987, Morges, Svizzera; vive a Berlino) presenta una nuova commissione insieme a recenti lavori dedicati alla fragilità e alla resilienza dei sistemi idrici del pianeta. Sua prima mostra museale a Los Angeles, l’esposizione mette in evidenza l’approccio interdisciplinare dell’artista, che crea ambienti immersivi per indagare il rapporto in trasformazione tra l’essere umano e la Terra. Le opere invitano il pubblico a confrontarsi con le urgenze della crisi climatica e del degrado ambientale, riflettendo al contempo sulla forza primordiale e sulla bellezza della natura.
Cecilia Vicuña, prima vincitrice dell’Eric and Wendy Schmidt Environment and Art Prize, presenta al MOCA Quipu of Encounters: The Dream of Water, un nuovo progetto dedicato alle crisi idriche in Cile e a Los Angeles. L’opera, parte delle sue storiche azioni collettive, coinvolge artisti, comunità, scienziati e attivisti in un processo poetico e politico ispirato al quipu, il nodo andino come forma di connessione. Il progetto culmina in un rituale a Los Angeles e include materiali documentari, testimonianze e registrazioni provenienti dagli incontri realizzati in Cile.
Olio su tavola
82,2 × 60 cm
© The National Gallery, Londra
Per la prima volta nella storia, tutti i ritratti di Jan van Eyck saranno riuniti in un’unica mostra. L’esposizione mette a confronto i nove ritratti attribuiti con certezza all’artista, offrendo una lettura ravvicinata del suo approccio rivoluzionario alla figura umana. Attraverso una resa minuziosa dei dettagli — la pelle, lo sguardo, la luce — van Eyck definisce un nuovo modello di ritratto, ancora oggi sorprendentemente vivo. I soggetti rappresentati provengono dal suo ambiente quotidiano: mercanti, artigiani e membri della sua cerchia. La mostra restituisce così un contesto concreto e umano, mostrando come il genere del ritratto si sia ampliato ben oltre le élite del tempo.
Veduta dell’installazione, MACBA Museu d’Art Contemporani de Barcelona, 2007
Courtesy gli artisti e Luhring Augustine, New York
Foto: Seber Ugarte & Lorena López
Il sodalizio tra Janet Cardiff e George Bures Miller, attivo dal 1995, è tra i più innovativi nel campo delle installazioni multimediali. Le loro opere — tra cui celebri “passeggiate sonore” — trasformano l’ascolto nel principale strumento di percezione, creando ambienti immersivi in cui reale e virtuale si confondono.
Attraverso un uso raffinato del suono, della tecnologia e dello spazio, il duo costruisce scenari intimi e narrativi, popolati di echi cinematografici e memorie collettive, che invitano il visitatore a riconsiderare tempo, spazio e ricordo.
Per la loro prima grande retrospettiva italiana degli ultimi vent’anni, le Navate ospiteranno installazioni monumentali e nuovi lavori concepiti per Pirelli HangarBicocca, offrendo un’esperienza multisensoriale insieme coinvolgente e straniante.
olio su tela, 140 × 180 cm
Courtesy dell’artista e di Vitamin Creative Space.
Duan Jianyu sviluppa una pittura caratterizzata da pennellate leggere e da una tavolozza volutamente attenuata, attraverso cui osserva la società con ironia e immaginazione. Le sue opere giocano con narrazioni, simboli e memorie collettive, mettendo in tensione immagine e linguaggio e creando cortocircuiti tra tempi e contesti diversi.
La mostra — la sua prima grande personale istituzionale a Pechino — riunisce serie fondamentali dell’ultimo decennio insieme a lavori recenti, con particolare attenzione al ciclo Sharp, Sharp, Smart, che ha segnato una svolta nei suoi processi e nel suo modo di costruire il quadro. L’esposizione offre così una rilettura concentrata di una fase cruciale della sua ricerca, evidenziando il suo continuo confronto con i limiti e le possibilità della pittura.