La public art cinetica di Felipe Pantone: “Le mie opere parlano di una generazione”

Nato a Buenos Aires, cresciuto in Spagna, Pantone ha iniziato realizzando graffiti, “come un gioco”. Uno spirito che non ha perso, nonostante sia richiestissimo in tutto il mondo: l’abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione della sua prima commissione nel Regno Unito. 

Londra, Jubilee Line, fermata North Greenwich. 

Appena fuori dalla stazione dell’underground, è sufficiente fare due passi sulla piazza principale per notare, in lontananza, una macchia di colore che spicca tra il grigio metallico dei palazzi ultramoderni circostanti. Un arcobaleno artificiale contemporaneo e pedonale.

Man mano che ci si avvicina emerge una geometria astratta e digitale, un pattern articolato in flash di luce bianca e colori primari. 

Felipe Pantone, Quick Tide, foto Charles Emerson

Quick Tide è la prima installazione UK based commissionata all’artista argentino-spagnolo Felipe Pantone. Inaugurata lo scorso 6 maggio, è visitabile gratuitamente presso la Greenwich Peninsula: 48 acri di spazio pubblico aperto ancora in sviluppo accanto al nuovissimo Design District. La penisola è inoltre sede della galleria d’arte NOW, spazio espositivo pubblico e gratuito per l'arte contemporanea, la moda, la fotografia e il design.

L’installazione, un mix di vinile trasparente e opaco che gioca con le percezioni mutevoli di colore e luce, ricopre interamente le facciate sopraelevate della passerella The Tide, parco lineare affacciato sul fiume e passerella pedonale che, una volta completata, unirà i sette distretti della penisola di Greenwich. Progettato da Diller Scofidio + Renfro in collaborazione con Neiheiser Agyros, The Tide è costituita da una rete di spazi pubblici e giardini incorporati. Tramite regolari commissioni ad artisti visivi internazionali, tra cui Yinka Ilori e Liz West, il suo spazio esterno viene costantemente stravolto e reimmaginato.

Felipe Pantone, Quick Tide, foto Matt Alexander

Le persone che scattano foto e bevono iced latte sugli scalini della Tide non sanno di esser sedute su un’opera d’arte, viene da pensare. E forse il bello dell’arte pubblica e della street art è proprio questo.

Non a caso, la prima cosa che Pantone mi racconta quando lo incontro sono gli anni trascorsi in strada in Spagna, quando i suoi genitori avevano una bancarella sul lungomare. Dall’Argentina è volato in Spagna insieme alla sua famiglia all'età di 6 anni. Quattro anni dopo si è trasferito stabilmente. “Ero in giro tutto il giorno a immergermi nella cultura hip hop, ballando breakdance, frequentando graffitari”, ricorda. E senza neanche accorgersene, “come un gioco”, ha iniziato a fare graffiti anche lui, per divertirsi e perché quello era già il suo mondo, senza mai considerarsi o definirsi street artist, solo seguendo i suoi interessi.  

  

Anni dopo si diploma in Fine Art a Valencia, formandosi come pittore. Quando gli chiedo se si definisca uno street artist con una formazione accademica o viceversa, risponde senza esitare che si considera semplicemente un artista che per anni ha seguito la sua passione e finalmente può “fare le sue cose liberamente”. 

Oggi il suo studio è in Spagna, ma realizza lavori in tutto il mondo. Dalle sue parole traspare quanto sia grato all’arte per avergli regalato la possibilità di viaggiare. “Le opere che realizzo in strada non parlano tanto di un luogo specifico quanto di una generazione, a livello globale. È una connessione temporale più che locale. Voglio trasmettere un senso del presente, con le sue caratteristiche principali, legate alla trasformazione, alla velocità, alla connessione, al digitale”.

Il nome stesso dell’opera, Quick Tide, fa riferimento alla velocità e frenesia che pervade il mondo contemporaneo. Ridendo Pantone ricorda che solo vent’anni fa le persone utilizzavano i walkman, “mentre oggi portiamo in tasca nei nostri cellulari informazioni su tutto quello che ci circonda, sempre a disposizione”.

Felipe Pantone, foto Charles Emerson

Di Londra, capitale dell’architettura e della tecnologia, ama il cosmopolitismo, la capacità di attirare e mettere in dialogo personalità diverse e creativi da tutto il mondo. “Quello che realizzo a Bali è simile a quello che realizzerei a Londra. Sento che è comunque in grado di connettersi con la gente proprio perché oggi la mentalità è tarata su una scala globale”. 

Giocando con le illusioni ottiche è possibile al tempo stesso dissimulare e rispondere alla iperstimolazione informatica e alla velocità della società contemporanea. Idee che si ricollegano al concetto di Arte Cinetica. Quick Tide si ispira a due lavori precedenti, Chromadynamica e Subtractive Variability, che esplorano in che modo lo spostamento dello spettro luminoso influisce sul colore e sulla ripetizione attraverso l'uso di forme geometriche neon, modelli ottici e griglie frastagliate.

L’installazione offre prospettive ed esperienze inedite a seconda dell'ora del giorno e della posizione di chi guarda. Dopotutto, commenta anche Pantone, “Senza spettatori non c'è arte”. 

Felipe Pantone, Quick Tide, foto Matt Alexander

Chi osserva gioca un ruolo fondamentale nei suoi lavori. “Bisogna guardarsi dentro per trovare una visione individuale, ma è importante connettersi universalmente con il mondo esterno. Così il cerchio si chiude e tutto ha senso”. Pantone vuole allontanarsi dalle nozioni di spazio statico e tempo dinamico, e incoraggiare una visione secondo la quale “tutto ciò che è individuale scorre comunque insieme”. Dall’interazione tra individui e ambiente circostante nascono sempre nuove prospettive.  

Le interviste si chiudono di solito con un paio di domande standard su progetti in progress e aspirazioni per il futuro. Le risposte, spesso, consistono in una lista più o meno dettagliata fatta di date, titoli progettuali e collaborazioni in forse. Un accumulo di deadlines da ansia da iperproduttività in grado di far sentire chiunque in ritardo sulla propria agenda. Per fortuna, a volte la risposta è in grado di stupire.

Ho chiesto a Pantone cosa sognasse per il suo futuro, per il suo lavoro, per sé stesso. Lui ci ha pensato un secondo. Forse in testa ha velocemente ricapitolato quello che gli riservano i prossimi mesi. Ma non lo ha detto. “Voglio evolvere senza obiettivi prefissati o aspirazioni folli, solo felice di creare e scoprire cose nuove lungo la strada, come ho fatto finora”. Concludendo così: “Sogno di continuare a crescere, in modo naturale, come farebbe una pianta”. 

Immagine in apertura: Felipe Pantone, Quick Tide, foto Matt Alexander

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