Il ritorno delle carte geografiche

La vendita di mappe e carte stradali è in crescita. Abbiamo chiesto a chi le progetta se, dopo anni di Google Maps, stiamo assistendo a un cambiamento nel modo in cui esploriamo il mondo post pandemico.

Nell’estate 2021, secondo i dati di Michelin, la vendite di carte geografiche, nella loro classica scala 1/200.000, è cresciuta del 10% rispetto allo scorso anno, mentre per gli atlanti i numeri parlano di un +20%. Secondo i cartografi moderni - ingegneri, designer ed illustratori che poco hanno a che fare con gli esploratori dotati di bussola – è una risposta all'esigenza di migliorare l’esperienza del viaggio e della conoscenza del territorio, soprattutto del territorio locale.

Luigi Farrauto, fondatore di 100km Studio, il primo studio di design in Italia specializzato nella realizzazione di carte geografiche, non è stupito di questo ritrovato interesse intorno alle mappe. “Non c’è solo nostalgia o voglia di vintage” spiega “La mappa è un oggetto sexy. C’è chi dice che l’uomo sia inconsciamente attratto dalla mappa perché questa gli permette di avere uno sguardo dall’alto sul pianeta. La crescita del mercato è legata alla richiesta sempre maggiore di infografiche da parte dell’editoria, i giornali e le riviste utilizzano le mappe per fare arrivare meglio la notizia. La cartografia è una branca dell’infografica, dà informazioni territoriali. Inoltre, la mappa è uno strumento trasversale, affascina i bambini così come gli anziani, ed è molto intuitivo”.

100km Studio. Cycling in Rome, mappa delle vie ciclabili di Roma. ©roma mobilità

Oltre all’editoria, i clienti tipici di una realtà come 100km Studio sono gli architetti, i progettisti di spazi complessi destinati ad accogliere un pubblico in movimento: aeroporti, musei, fondazioni, parchi, resort. “Chi realizza il progetto sta capendo che gli strumenti di orientamento, per molto tempo dati per scontati, non solo sono necessari, ma fanno parte dell’esperienza. La progettazione della segnaletica fa parte del modo in cui il pubblico andrà a vivere il luogo. Ci si rivolge ad uno studio specializzato, ricordo che in Olanda, già vent’anni fa esistevano studi molto strutturati che facevano il lavoro che facciamo noi ora”.

Il dialogo tra mappa fisica e digitale

C’è poi una ragione pratica: se può sembrare superfluo produrre la mappa cartacea di un’autostrada, per tutti i luoghi di dimensioni ridotte (un parco, un museo, un aeroporto) e ad alta concentrazione di dettagli, il Gps non è lo strumento più adatto per orientarsi. “Quasi tutti gli aeroporti hanno una App dedicata” dice Ferraudo “puoi fare la scansione del biglietto e ti viene indicato il percorso per il gate. Ma la domanda è: in quanti la usano? Sono strumenti che non possono essere considerati universali. Quanto ho progettato le mappe dell’aeroporto di Doha, solo il 2% dei viaggiatori usava l’App. C’è quindi l’esigenza di una segnaletica fisica, immediata, chiara e facile da rintracciare”.

Usabilità ed empatia, questa potrebbe essere la ricetta che porta a far convivere la mappa fisica con il GPS digitale. Martì Guixè rappresenta questo dialogo con la metafora del vaso di fiori: il vaso è la costruzione che rappresenta il digitale, i fiori sono empatia, il reale, il naturale, l'effimero e il fragile.

Atelier Cartographik. Cartomania: L’Atlas insolite de culture générale
Atelier Cartographik. Cartomania: L’Atlas insolite de culture générale

Quando le mappe non corrispondono alla realtà

L’esatta corrispondenza della mappa con la realtà è un argomento che i alimenta dibattiti. Ne è un esempio il libro The New York Subway Map Debate, pubblicato da poche settimane e già esaurito, curato da Gary Hustwit, dove viene raccolta la lunga discussione sulla nota vicenda della mappa della metropolitana di New York disegnata da Massimo Vignelli, dove l’astrazione funzionale è andata a scontrarsi con il realismo desiderato dai cittadini. “Le mappe della metropolitana sono diagrammatiche” spiega Luigi Farrauto “il diagramma serve a rappresentare un concetto. Nella metropolitana la variabile della distanza reale interessa poco, interessa conoscere la stazione successiva e la stazione precedente, quale distanza reale ci sia tra le due fermate è poco importante”. Può capitare che la popolazione non prenda bene questo eccesso di astrazione: se Central Park diventa un quadrato, può capitare che i newyorkesi si ribellino perché non si sentono rappresentati da quella mappa.

“A Manhattan, grazie alla sua struttura più ortogonale, la mappa viene utilizzata per muoversi anche all’esterno della metropolitana” continua Luigi Farrauto “a Londra forse non sarebbe successo, qui la mappa viene utilizzata solo all’interno della metropolitana. Il motivo è che a Londra c’è una fortissima concentrazione di linee: il centro è talmente affollato che, già dalla prima mappa di Harry Beck del 1932, per disegnare le le linee dei treni si sono dovuti usare criteri che non tenessero conto delle reali distanze, quindi tutto è stato distorto in nome dell’usabilità”.

100km Studio. Walking distances, mappa dell’aeroporto di Doha. © Doha HIA
100km Studio. Walking distances, mappa dell’aeroporto di Doha. © Doha HIA

Ma a Londra, l’alterazione per le reali distanze tra le stazioni sembra aver posto un altro problema: le persone – soprattutto i first–users, per esempio i turisti – non percependo lo spazio reale, utilizzerebbero la metropolitana anche quando la stessa distanza potrebbe essere coperta a piedi.

Questo è diventato un mestiere per cartografi-illustratori.

L’attinenza con la realtà è un tema che appassiona molto anche Alexandre Verhille, socio con Sarah Tavernier di Atelier Cartographik, studio francese che da quindici anni realizza carte geografiche ed illustrazioni per editoria, compagnie aeree, ministeri. Sono gli autori del bestseller Cartomania France, dove decine di domande di carattere generale trovano una risposta sulla mappa esagonale che definisce la Francia. “Si tende a realizzare carte sempre più immaginate, sempre meno realistiche” dice Alexandre Verhille “Di solito partiamo da una carta stradale, con i suoi edifici, le sue forme e proporzioni. Poi ci viene richiesto di aggiungere una interpretazione personale del territorio, lo definirei un intervento autoriale. Questo è diventato un mestiere per cartografi-illustratori. Possono così convivere differenti stili, tutti funzionali, perché ogni stile contiene un diverso messaggio”.

Una nuova conoscenza del territorio

Un diverso modo di attraversare e conoscere il mondo è una delle ragioni per cui un’istituzione, o un’azienda, sceglie di investire in una cartina in scala, magari illustrata ed interpretata, anziché in una app collegata al Gps. Slow-living, attraversare un territorio senza fretta, conoscerne i dettagli, accedere facilmente ai flussi di informazioni.

Il Gps, infatti, restituisce un territorio estremamente dettagliato, mostra la curva successiva, l’incrocio a trenta metri, ma c’è poca attenzione al contesto. E poi c’è un elemento, anzi quattro, di cui ci siamo dimenticati: i punti cardinali. “Oggi ci troviamo a lavorare con generazioni nate con il digitale, persone che hanno viaggiato solo con il Gps” dice Alexandre Verhille. “Ho notato che queste persone tendono a costruirsi una personale cartografia, Per esempio, l’orientamento Nord-Sud, una delle basi della cartografia classica, in queste generazioni è quasi del tutto assente. Di conseguenza definiscono un loro territorio, hanno una percezione che appartiene solo a chi non è abituato a inserire il dettaglio nel contesto”.

In periodo di pandemia e di spostamenti limitati, il successo delle vecchie carte geografiche è anche conseguenza di un ritrovato interesse per la conoscenza del territorio locale. “Le carte che ci vengono richieste” spiega Alexandre Verhille “non contengono solo informazioni sulle strade o sui sentieri, ma riportano le tradizioni, le informazioni sulla produzione alimentare, sui prodotti del territorio. Prima della pandemia si lavorava su progetti più globali, oggi i lavori si concentrano sul territorio”.

Atelier Cartographik. Cartomania France.

Disegnare una mappa significa scegliere

Il lavoro del designer non è solo quello di definire il dettaglio in modo funzionale, ma è quello di fare delle scelte. “Non si tratta di semplificare, o di ragionare per simboli, ma di accendere o spegnere i livelli sulla base ad un certo scopo” spiega Luigi Farrauto, che conferma la crescente richiesta di una rappresentazione autoriale del territorio. “Per tornare all’esempio della mappa della metropolitana, in questo caso si spegne il livello del territorio per accendere quello delle connessioni. Oppure, la mappa fisica di una regione spegne tutte le informazioni politiche e accende i dettagli geografici, le montagne, i laghi, i dislivelli”.

Insomma, le nuove carte nascono per un motivo e da una scelta. E il mestiere del cartografo oggi non è più quello di un esploratore che deve misurare distanze sconosciute. Dati e dimensioni sono elementi noti e, nelle nuove realizzazioni come un aeroporto o un museo, vengono ricavati dai progetti degli architetti. “È molto raro che oggi qualcuno esca per misurare un pezzetto di mondo” spiega Luigi Farrauto “oggi il cartografo è l’ingegnere che permette al designer, attraverso un GIS, di ottenere i dati per progettare la mappa. Poi, chi la disegna deve scegliere che cosa tenere dentro e che cosa tenere fuori”.

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