Lo sguardo dello stesso, l’amore dell’uguale

La verità e il coraggio degli amori omosessuali narrati nei dipinti e nella letteratura, da Saffo a Baudelaire, da Michelangelo ad Andy Warhol.

L’11 Ottobre del 1987, a Washington, si era tenuta la seconda marcia per i diritti degli omosessuali e l’anno successivo nacque la prima edizione del coming out day.

“Oggi si festeggia la bellezza del coraggio, la libertà di essere sé stesse e sé stessi. L’importanza di celebrare le differenze, riconoscerle, rispettarle e fare di esse una risorsa per costruire ogni giorno una comunità più solida, coesa e inclusiva. Ogni coming out è unico, personale. Ed è un atto anche politico, perché rimette al centro dello spazio pubblico la richiesta di riconoscimento e piena eguaglianza.” Monica Cirinnà, senatrice italiana, ha così dichiarato proprio in occasione della ricorrenza la scorsa domenica. 

In realtà una prima “marcia” avenne già sulle tele, pareti, bronzi e marmi, secoli prima di quella statunitense.

Merry-Joseph Blondel, The Death of Hyacinthus, XVIII - XIX secolo

Nell’arte tutto sembra semplificarsi, con coraggio e sicurezza, tra bellezza estetica e morale. Dai versi di Saffo, Virgilio a quelli di Baudelaire, la storia, l’arte e la letteratura, ci raccontano come sia tra i popoli greci e quelli romani, l’omosessualità non era mai celata. Nessuno scandalo, nessuna vergogna, ma un legame vero, basato sull’amore fisico ed intellettuale, unica clausola, rispettare lo status sociale.

Imperatori, letterati e artisti, nessuno escluso. La cultura classica inglobava con naturalezza l’omosessualità, fu solo dopo, con l’arrivo del cristianesimo che l’argomento diventò un tabù, uno scandalo, un atto immorale.  

Nel cuore del Vaticano, nella Cappella Sistina, Michelangelo dipinse il Giudizio universale, una delle sue più note opere. Nel secondo anello a destra scelse di rappresentare Santi, martiri, confessori e altri beati, e da quei affreschi raccolse numerose critiche e minacciose imputazioni per eresia, figure maschili intrecciate, nude, avvinghiate e nella varietà di atteggiamenti si notano due santi che si baciano, mentre altri due si abbracciano. I Santi, uomini che per eccellenza conoscono l’amore mettendolo in pratica, vengono qui descritti dall’artista come figure che distribuiscono tenerezze senza distinzioni, senza discriminazioni di ogni sorta. 

Goustave Courbet, Il Sonno, 1866

Ovidio, nelle su Metamorfosi, ci racconta dell’amore tra Giacinto e Apollo. Un giorno, quando il sole si trovava allo zenith, Apollo e Giacinto si spogliarono e rilucenti, poiché cosparsi di olio di oliva, gareggiarono nel lancio del disco. Apollo lanciò lo strumento nell’aria, facendolo volare oltre le nuvole, e soltanto dopo parecchi minuti il disco ricadde a terra. Giacinto allora con uno slancio cercò di afferrarlo al volo, ma cadde e rimbalzò così pesantemente sul terreno che il colpo lo porto alla morte. Il corpo del giovane Giacinto, sanguinante, venne sorretto dal disperato Apollo che provò in ogni modo a salvarlo da quel destino che lo vedeva separarsi dal suo amore. Decise allora di trasformare quel sangue in un fiore rosso porpora a cui diede il nome del suo amante, così da poter conservare la sua memoria in eterno. Il mito fu narrato da tanti e straordinari artisti quali Giambattista Tiepolo, Caravaggio, Andrea Appiani, ma solo uno riuscì a descrivere la dolcezza e l’amore piuttosto che la tragedia di quel mito: Merry-Joseph Blondel. I corpi quasi femminili, eleganti, poco virili, lo sguardo del dio colmo d’amore che sembra si stia avvicinando per baciarlo e non per piangerlo e il giovane Giacinto è ritratto abbandonato, come se fosse solo addormentato tra le braccia del suo amato. Dolci, complici, innamorati.

Michelangelo, Il giudizio universale, Cappella Sistina, Roma, 1535-1541

Un grande esponente del realismo ottocentesco europeo, Gustave Courbet, nel 1866 dipinse Il Sonno, opera nota anche con il nome di Des Dormeuses o Paresse et Luxure, un dipinto estremamente erotico, commissionato dal diplomatico turco-egiziano Halil Şerif Paşa. Due donne nude, avvinghiate su di un letto disfatto, una mora, l’altra bionda, corpi morbidi e flessuosi, voluttuosi, ritratte in un momento di riposo subito dopo essersi amate. Courbet prende ispirazione da una delle poesie di Charles Baudelaire, Femmes damnées (Delphine et Hippolyte), dalla raccolta Le Fleurs du mal, il poeta descrive l’amore, le fantasie e le paure di queste due donne:

“Avons-nous donc commis une action étrange ?
Explique, si tu peux, mon trouble et mon effroi :
Je frissonne de peur quand tu me dis:” Mon ange! "
Et cependant je sens ma bouche aller vers toi.*

Il novecento continua ad affermare questa libertà nelle opere di Balthus, Andy Warhol, Keith Haring e tanti altri, perchè l’arte anticipa, denuncia, afferma, sostiene e manifesta emozioni, di ogni genere e forza, senza paure, senza incertezze, sempre con coraggio ed estrema bellezza.

*. “Abbiam dunque commesso un’azione strana?
Spiega, se puoi, il mio tormento e il mio spavento:
Tremo di paura quando mi dici: ‘Mio angelo!’
E, tuttavia, sento la mia bocca andar verso te.”

Immagine di apertura: Michelangelo, Il giudizio universale, Cappella Sistina, Roma, 1535-1541

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