Archive is the new black: le mostre di Theaster Gates e Frida Orupabo

A Parigi e Oslo, due mostre ruotano entrambe attorno alla potenza del materiale d’archivio, del “found footage” documentario e fotografico, ormai entrato nella riscrittura della storia della cultura black.

Theaster Gates, Amalgam

Una serie di pratiche artistiche convergenti affiora in due importanti mostre a Parigi e Oslo in queste settimane. Sebbene su scale differenti, oltre a essere esposizioni personali, testimoniano un’attitudine concettuale condivisa la materializzazione di un lavoro sulla memoria, centrale per la cultura afroamericana contemporanea. “Amalgam” di Theaster Gates non è solo un nuovo progetto del noto artista, attivista e curatore di Chicago, ma anche la sua prima prova museale in Francia.

“Medicine for a Nightmare”, alla Kunstnernes Hus di Oslo sembra riprendere nel titolo il famoso singolo di Sun Ra. È una versione aggiornata, della mostra che Arthur Jafa ha presentato alla Serpentine Gallery di Londra nel 2017 e alla Julia Stoschek Collection lo scorso anno, ora diversamente centrata sulle splendide opere dell’artista norvegese Frida Orupabo.

“Amalgam” ripercorre la storia di Malaga, l’isola al largo delle coste del Maine, cancellata dalla storia e dalla geografia americana nel 1912, quando il governatore dello Stato decise di espellerne la sua poverissima popolazione. Una comunità interrazziale costretta a errare e a disperdersi nell’entroterra. Un destino di emigrazione forzata conclusosi con l’internamento in ospedali o strutture coercitive. Il titolo è l’anagramma del nome del luogo e contiene un rimando al mescolamento razziale, etnico e religioso.

Attraverso articoli di giornali d’epoca, Theaster Gates ha costruito sulla vicenda una fiction non lineare, un cortocircuito tra passato e futuro per una storia dimenticata. L’artista, intervenendo nelle sale del Palais de Tokyo, ha utilizzato la tecnica tipica dei suoi progetti recenti. L’utilizzo dell’archivio, centrale anche nella recentissima serie Black Madonna. Una struttura minimale, simile a un altare, ridisegna lo spazio d’ingresso della mostra e riprende le dimensioni dei tetti delle umili abitazioni di Malaga oggi scomparse.

Attraverso l’Island Modernity Institute e il Dipartmento del Turismo ha creato il simulacro di due luoghi mai esistiti, ma credibili, fantasmi della topografia dell’isola. L’artista ribadisce con …nulla è alla fine puro e una lavagna alla Joseph Beuys piena di diagrammi che è l’ennesimo episodio di dominazione razziale a creare e ibridare tutti i materiali qui presenti.

Nel nuovo film, Dance of Malaga, interviste, documentari e fondi d’archivio si fondono con le coreografie di Kyle Abraham. I suoi passi di danza attraversano una natura spettralmente incontaminata, quella dell’isola di cui conosciamo anche il terribile passato. È sulle note della musica di The Black Monks, il gruppo di musicisti al quale anche l’artista appartiene, che si chiude il percorso. Una delle sale più belle, So Bitter this Curse of Darkness, immerge anche lo spettatore in una foresta “artificiale” da attraversare. Steli lignei inalberano maschere africane e fusioni in bronzo un ultimo omaggio alla popolazione dimenticata di Malaga.

Frida Orupabo, Untitled, 2018
Frida Orupabo, Untitled, 2018. Collage con spilli montato su alluminio. Courtesy l’artista e Galerie Nordenhake. Foto Carl Henrik Tillberg

Anche “Medicine for a Nightmare” è un’operazione di assemblaggio. I materiali scelti dagli artisti enfatizzano il ruolo dell’archivio, del found footage, prepotentemente al centro delle loro opere. Love is the Message. The Message is Death non ha più bisogno di essere commentato.

Il video di Arthur Jafa con i suoi 7 minuti e 25 secondi di energia pura raccoglie un’indescrivibile quantità di documenti provenienti dalla cultura popolare afro-americana. Montati sulla traccia di Ultralight Beam, di Kanye West, sono una vera e propria lezione sul razzismo nell’odierna società americana. Diversa è la posizione di Frida Orupabo, il cui iconismo post-cinematografico si materializza in composizioni eleganti e mozzafiato. Internet e la rete sono le sue fonti privilegiate, il suo account instagram @nemiepeba colleziona documenti sull’alienazione e il violento razzismo che attraversa e ha attraversato la nostra società.

Nei suoi immacolati collage Untitled, Frida Orupabo si appropria dello spazio popolandolo di figure create dagli scarti di rappresentazione dell’orrore, trovate online. La segregazione, l’abuso ai danni delle popolazioni di colore ha prodotto immagini spesso violentissime, costruite sull’ideologia razzista. Il suo è un lavoro di cesello, quasi una risacralizzazione di un corpo sociale alienato, dove una moltitudine di corpi sofferenti, viene ricomposta in immagini inedite dotate di nuova intrinseca bellezza. Un lavoro certosino e fragile di purificazione del dato.

Frida Orupabo, Untitled, 2018
Frida Orupabo, Untitled, 2018. Collage con spilli montato su alluminio. Courtesy l’artista e Galerie Nordenhake. Foto Carl Henrik Tillberg

Entrambi i progetti ruotano attorno alla potenza del materiale d’archivio, del found footage documentario e fotografico oramai entrato nella riscrittura della storia della cultura black. Ora gli artisti più radicali ne celebrano la bellezza e le possibilità evocative.

I film, i video e i materiali bruti delle due mostre, all’apparenza così diverse, sono al contrario accomunati dall’uso sapiente dell’editing. L’accostamento minimalista è al servizio di un’affascinate riproposizione del documento. Strappati dagli archivi, rivivono frammenti d’immagini che si ricompongono in efficacissimi gris-gris contemporanei. Ricostruiscono e riscattano la memoria negata. Un lavoro comune, ipertestuale, di denuncia, ma anche d’imperturbabile bellezza.

Titolo:
Amalgam
Artista:
Theaster Gates
Museo:
Palais de Tokyo
Date di apertura:
20 febbraio – 12 maggio 2019
Indirizzo:
13 Avenue du Président Wilson, Parigi
Titolo:
Medicine for a Nightmare
Artisti:
Frida Orupabo & Arthur Jafa
Museo:
Kunstnernes Hus
Date di apertura:
1 marzo – 21 aprile 2019
Indirizzo:
Wergelandsveien 17, Oslo

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