Follia materiale in Marocco

Al MACAAL di Marrakech, una mostra collettiva esplora gli effetti culturali ed economici sulla materialità nell’arte, a partire dagli artisti più sensibili, attivi in Africa e oltre.

MACAAL Museum facade

Il Museo dell’Arte Contemporanea Africana Al Maaden (MACAAL) a Marrakech è un museo indipendente e no-profit. Uno fra i primi, nel suo genere, sul continente, MACAAL è dedicato alla promozione dell’arte africana attraverso mostre che si alternano con scadenza semestrale e programmi educativi volti a valorizzare attitudini e propensioni di un vasto pubblico. Il museo alimenta una comprensione dell’arte contemporanea africana attraverso non solo l’esposizione, ma anche la selezione di artisti emergenti, che pongono l’accento su energie creative e diversità culturali legate alle loro origini.

MACAAL ha inaugurato nel 2016, parallelamente alla Conferenza per il Climate Change di Marrakech, ma a fine febbraio di quest’anno, il museo sta per avviare una sorta di rilancio degli spazi espositivi. Questo evento è stato prevalentemente possibile grazie all’appena trentenne Othman Lazraq (figlio dell’immobiliarista Alami Lazraq, del Groupe Alliances), che è stato eletto presidente di MACAAL, istituzione che tuttora custodisce e si fonda sulla collezione d’arte di famiglia.

La grande inaugurazione dello spazio è avvenuta in un momento di necessità: lo After Zeitz Mocaa (inaugurato a Cape Town, a settembre del 2017) sarebbe arrivato solo successivamente, come museo dedicato esclusivamente a preservare e celebrare l’arte africana nel continente. Lazraq ha sempre inteso rafforzare la funzione di questo luogo non solo come un’estensione delle attività immobiliari di famiglia – che includono un golf resort – ma come un luogo per la comunità alle porte di esso, accogliendo spesso gratuitamente le fasce più ampie della popolazione. MACAAL infatti è un endeavour familiare di origine filantropica,  che fa parte dell’associazione di beneficienza Fondation Alliances.

E sotto la direzione di Othman, MACAAL porta la collezione privata della famiglia Lazraq, composta in oltre quarant’anni, a un pubblico più ampio. Fondata nel 2009, la Fondation Alliances viene supportata dal gruppo marocchino Alliances Group. Al di là delle forti mura del museo, la Fondation Alliances supervisiona altre tre iniziative non-profit che includono l’Al Maaden Sculpture Park (inaugurato nel 2013); il premio bi-annuale della fotografia La Chambre Claire; e il programma delle Passerelles, che connette le giovani generazioni locali con l’arte contemporanea e il design attraverso lavoratori e visite ai diversi musei del territorio.

MACAAL nel 2016 è stato inaugurato da “Africa Is No Island”, una mostra collettiva di fotografia che comprendeva quaranta artisti del continente, così come autori gravitanti attorno a un più ampio contesto della cultura africana. I curatori Curators Baptiste de Ville d’Avray, Jeanne Mercier e Madeleine de Colnet, co-fondatori della piattaforma dedicata all’arte Afrique in Visu, avevano spiegato che l’Africa non deve considerarsi un’isola, quanto piuttosto un territorio di connessione, richiamo di nuovi giacimenti culturali. Il pull di curatori aveva riaffermato questo pensiero con estrema convinzione, attraverso gli artisti prescelti: Namsa Leuba, che tra Svizzera e Guinea esamina l’identità africana attraverso l’immaginazione occidentale, mentre l’artista italiano-senegalese Maïmouna Guerresi richiama l’arte islamica con i suoi ritratti regali. Altre istantanee straordinarie, sono state selezionate dal lavoro della fotografa ivoriana che ritrae l’ultima generazione di persone africane scarificate, che ancora si procurano incisioni superficiali sulla pelle per creare segni identificativi permanenti. Al piano superiore, la collezione permanente aveva mostrato gli arazzi di seta intarsiati da Billie Zangewa; gli intrecci industriali di Eric van Hove e alcuni pezzi di ricambio di un’automobile intagliati nelle ossa di animali, rame e legno (un ingranaggio pareva un cuore umano); un groviglio di cavi coassiali arrotolati sul legno di Mounir Fatmi, intitolati Ceux Qui Savent et Ceux Qui ne Savent pas (2008) e un tessuto di Abdoulaye Konaté che con Composition en blue ABBA 1, crea un panorama evocativo e politico di un sole che risplende su un oceano.

Cyrus Kabiru(Kenya), Macho Nne: Another Mask, 2017 C-type Print on DiasecMount, 150 x 120 cm Courtesy of the artist and SMAC Gallery
Cyrus Kabiru(Kenya), Macho Nne: Another Mask, 2017, Courtesy dell'artista e di SMAC Gallery

Il 26 febbraio, la mostra “Material Insanity” rappresenterà, per MACCAAL, il ritorno di una nuova grande inaugurazione con i lavori di oltre 30 artisti, fra i quali: Hassan Hajjaj (Marocco), Ibrahim Mahama (Gana), Frances Goodman (Sud Africa) e Nari Ward (Giamaica) che esploreranno diversi media come un vero e proprio tema. I lavori che ne risultano includono anche nuovi lavori specificatamente commissionati dal museo. Attraverso installazioni realizzate con oggetti quotidiani, la mostra combina diverse estetiche facendole convogliare all’interno di un solo discorso.

La mostra è curata da Meriem Berrada, Direttore Artistico di MACAAL e Capo dei Progetti speciali presso la Fondation Alliances, assieme a Janine Gaëlle Dieudji, Direttore delle esposizioni presso MACAAL. Meriem Berrada ha affermato: “I lavori che compongono Material Insanity oltrepassano il concetto di una mera rinascita dei rifiuti plastici o dell’industria agro-alimentare, riconfigurati come oggetti artistici; ma si trasformano in potenti metafore visive che contrastano la stereotipizzazione di temi come la dominazione sociale nella ricerca di M’barek Bouhchichi, il movimento migratorio di Mahama’s e la reinterpretazione ancestrale della composizione visiva in approcci come quelli di Amina Agueznay.”

Attraverso una scenografia avvolgente, creata dall’architetto e artista Zineb Andress, la mostra interroga la relazione tra la forma e il significato attraverso diversi stati africani e culture contemporanee, confrontando lo spettatore con il peso della consapevolezza di una responsabilità sociale, manifesta come un’urgente necessità. “Material Insanitysi presenta come una reazione allo smodato crescere degli interessi nei confronti dell’arte contemporanea, diretti a prediligere lavori che si focalizzano sulla transitorietà e il loro intrinseco stato effimero, una reazione avversa alla speculazione e al paradossale consumo di arte contemporanea.

Questi trait d’union sono ravvisabili tanto nelle pellicole nere e dilatate di Clay Apenouvon’s (Togo e  Francia), così come nei ricami riecheggianti una memoria collettiva di Owanto (Gabon), quanto nella reinvenzione materica di rifiuti elettronici, ricomposti sotto forma di occhiali-scultura da Cyrus Kabiru (Kenya). Ri-assemblando materiali spesso associati con il commercio e il riciclo, in qualità di opere d’arte, includono artisti come Nari Ward (Giamaica), Beya Gille Gacha (Cameroon e Francia), Fatiha Zemmouri (Marocco), M’barek Bouhchichi (Marocco), Hassan Bourkia (Marocco) e Malek Gnaoui (Tunisia), che utilizzano il materialismo come rappresentazione della memoria, aspettative della memoria, della società e delle tradizioni. Attraverso una serie selezionata di supporti, utilizzati come media, tutti gli artisti coinvolti espongono tracce di molti viaggi individuali e di storie che illuminano la molteplicità di racconti personali, all’interno di un clima contemporaneo.

Frances Goodman (South Africa), Roiling Red, 2018, Installation / sculpture with acrylic nails 254 x 153 x 28 cm Courtesy SMAC Gallery
Frances Goodman (South Africa), Roiling Red, 2018, Scultura composta con unghie finte, Courtesy SMAC Gallery

Souleymane Bachir Diagne, un filosofo Senegalese, il cui lavoro di ricerca e studio si focalizza sulla storia della logica e della matematica, sulla tradizione della filosofia nel mondo islamico, sull’identità e la formazione di letteratura e filosofia Africana, in questo modo introduce la mostra a MACAAL:

Gli artisti selezionati per Material Insanity diffondono lo stesso dissenso e la stessa affermazione. Rifiutano di pensare che la materia esista solo per servire la forma, come portatrice di un messaggio, o tramite da sfruttare. Che sia semplice, dunque, che rimanga evidente quel che viene usato per dare forma al lavoro nel quale, infine, scomparirà. Attraverso le loro installazioni e creazioni, questi artisti infondono nuova vita a oggetti, reperti e materiali che, continuamente scartati dalla macchina dei rifiuti del nostro mondo mercificato, si rifiutano di lasciarci ignorare la materia come mero supporto di utilizzo. In questo modo – come l’arte di Clay Apenouvon ci mostra- l’imballaggio diventa soggetto dell’opera, coincidendo con essa. Gli artisti convergono nell’affermazione di quel che Omar Berrada, quando lesse il lavoro di M’Barek Bouhchichi, chiamò ‘fede nella materia’.

Nel decidere di dirigere l’attenzione verso le montature degli occhiali, o altri materiali riscoperti dai quali queste maschere vengono reiventate, i lavori dell’artista keniano Cyrus Kabiru infatti giocano con la tradizione venerabile delle maschere rituali africane, delle quali gli occhi aperti o chiusi sono fissati, inchiodati nell’eternità. Attraverso il loro modo di essere ri-create da Kabiru, a partire da materia riciclata e quasi impazzita, queste maschere vengono reintegrate nel futuro. A partire da adesso in avanti loro vivranno nel tempo. E del nostro tempo.

Titolo mostra:
Material Insanity
Date di apertura:
Dal 26 febbraio al 22 settembre 2019
Curato da:
Meriem Berrada e Janine Gaëlle Dieudji
Sede:
MACAAL
Indirizzo:
Al Maaden, Sidi Youssef Ben Ali, 40000 Marrakech, Marocco

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