Il Primo Re: l'alba dell'eterna lotta per il dominio

Lo scontro per il potere è il tema ricorrente di serie tv e cinema negli ultimi anni. E lo è anche nell’ultimo, sorprendente film di Matteo Rovere.

La storia di Il Primo Re dura meno di un pugno di giorni nei quali assistiamo alla formazione rocambolesca, repentina e violenta di un leader ad opera di un destino che tutti sembrano dare per scontato. In questo film italiano che tutto sembra tranne che il classico cinema nostrano difensivista, la storia di Romolo e Remo e di un mondo in cui superstizione, religione e magia sono la stessa cosa, è un’ottima base per operare un discorso sul destino, il fato, le leggi divine e quelle del mondo degli uomini. Il Primo Re parla di qualcosa che esiste dentro di noi, molto recondito ma mai sopito.

E il potere, ci dicono il cinema e la serialità televisiva, è il tema fondamentale dei nostri anni.

Romolo e Remo sono i fratelli del mito, pastori in un’epoca solo di poche ere più avanzata dell’uomo primitivo. L’esondazione del Tevere che apre il film quasi li uccide, di certo rivolta la loro vita e li sballotta nelle braccia di una delle molte tribù che imperversano in quelle terre. Il loro destino è la morte per combattimento letale ma, assieme ad altri prigionieri, scappano e inizia così la loro lotta contro tribù e destino illuminati da un nuovo desiderio di potere. E il potere, ci dicono il cinema e la serialità televisiva, è il tema fondamentale dei nostri anni. Quasi tutte le serie più importanti e quasi tutti i film di maggiori incasso (quindi i prodotti che piacciono di più) girano intorno al tema del potere, quale sia il più legittimo, quale il più adatto alla dominazione, quale il più etico. Il Primo Re non sfugge e trasforma Romolo e Remo nella rappresentazione di un leader militare e uno religioso, i due assi che si sono contesi il potere nella storia del mondo.

Aperto dalla frase “Un Dio che si fa conoscere non è un Dio” il film di Matteo Rovere ha tutta l’intenzione di ritrarre un’epoca che precede le religioni organizzate, in cui il paganesimo è timore più che fede (e quindi, di nuovo, una forma di potere). E ha anche l’intuizione non banale di creare un’atmosfera nella quale il sovrannaturale sia ovunque, perché questo è quello che credono i personaggi.
Il Primo Re è un film che per raccontare dei personaggi in primo piano sfrutta di nascosto gli elementi naturali nello sfondo, acque increspate dal vento, vegetazione selvaggia, paludi velenose, terra, fango e una notte nera di passione che pare infinita.

Per fare tutto questo Rovere non teme di imitare La Passione di Cristo nel cercare di fornire l’impressione di un mondo in cui la potenza della religione sia ovunque (la già citata colonna sonora, l’uso di una lingua morta, il latino prearcaico, per trasformare i dialoghi in formule magiche arcane) ma ha la forza laica di non rappresentare mai il divino e così lavorare sul dubbio che questo divino non sia altro che la voglia degli uomini di crederci.
Che tutto ciò avvenga in un film tempestato di mazzate ancestrali nel quale la speculazione intellettuale non è in primo piano e in cui, esclusi i protagonisti, non c’è un corpo normale o un volto usuale ma solo esseri preumani, facce sconvolte e fisici formati all’addiaccio, è forse quanto di meglio si potesse sperare. Di fronte ad un simile trionfo anche un terzo atto un po’ debole e una mancanza di eccitazione (là dove il film la cerca palesemente) possono essere perdonati.

  • Il Primo Re (The First King)
  • Matteo Rovere
  • 2019
  • Italy, Belgium
  • Groenlandia, Gapbusters, Rai Cinema, VOO, BeTV
  • Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere
  • Daniele Ciprì
  • Tonino Zera
  • Andrea Farri