Martin Parr

Ritraendo la middle class britannica durante il tempo libero, Martin Parr ha reinventato la fotografia documentaristica con un mix di tecnica, humour e sguardo antropologico. La sua grande retrospettiva è in mostra al Mudec di Milano fino a giugno.

La fotografia documentaristica sociale (dall’inglese social documentary photography) fin dalle sue origini, nel XIX secolo, ha avuto il compito di raccontare al grande pubblico ciò che era lontano – in senso geografico o metaforico – e perciò sconosciuto e invisibile, indagando spesso avvenimenti complessi, e ricercando un forte impatto, muovendosi tra le estremità opposte del tragico e del magnifico. 

Il lavoro di Martin Parr si inserisce nel filone della fotografia documentaristica con un’originalità che supera le convenzioni del genere. La sua capacità inimitabile di individuare le stranezze della vita quotidiana lo ha reso uno dei più celebri fotografi contemporanei, contraddistinto da un’estetica e da una tendenza compositiva inconfondibili, ormai paradigmatiche della cultura visuale contemporanea. 

La maggior parte delle volte, la gente cerca una forma di realtà perfetta. Ovviamente non esiste. Quindi arrivo io con la mia macchina fotografica e mostro alle persone i difetti che tutti sappiamo di avere.

Martin Parr

Quella di scegliere come soggetto delle sue fotografie la quotidianità della middle class, soprattutto in riferimento al tempo libero – che secondo Parr è l’unico momento in cui le persone sono davvero libere di scegliere cosa fare, ed esprimere il loro libero arbitrio – è la chiave del lavoro antropologico che è protagonista di ogni scatto del fotografo inglese.

Short & Sweet è la grande mostra monografica curata dallo stesso Martin Parr con Magnum Photos, al Mudec di Milano. Foto Carlotta Coppo

Martin Parr ha documentato la società degli ultimi quarant’anni, mettendo a fuoco i cambiamenti della cultura popolare nel momento in cui sono avvenuti, anticipandone altri ed esprimendo le sue osservazioni con un linguaggio, quello della fotografia documentaria, che risulta allo stesso tempo familiare e spiazzante, e che mette inevitabilmente lo spettatore davanti a uno specchio.

L’inconfondibile British humour e la prima serie a colori “The Last Resort”

Martin Parr nasce nel 1952 a Epsom, una cittadina medio borghese a sud di Londra, e dalla sua famiglia eredita due elementi fondamentali per la sua carriera: il nonno, che viveva nello Yorkshire e che Parr andava a trovare ogni estate da piccolo, gli trasmette la passione per la fotografia; dal padre, irriducibile bird-watcher, Parr apprende il senso dell’ossessione per la ricerca del dettaglio, per la calma dell’attesa che porta alla perfezione. La prima foto che Parr scatta ritrae suo padre vicino a un ruscello ghiacciato, nei pressi della casa di famiglia. Dalla prima macchina fotografica ricevuta in regalo, alla decisione di studiare fotografia al Manchester Polytechnic non passa molto tempo, e la fotografia diventa presto un mezzo per creare relazioni con il mondo circostante, per comprenderne i cambiamenti e le caratteristiche. 

Dopo un po’ che fai foto, impari a capire cose come il linguaggio del corpo. Spesso non guardo le persone che fotografo, soprattutto dopo aver scattato. Poi, se voglio fare una foto, divento un po’ impavido e questo mi aiuta molto. Ci sarà sempre qualcuno che non vuole essere fotografato, e quando succede passi oltre.

Martin Parr

Martin Parr, Short & Sweet, Mudec, Milano. Foto Carlotta Coppo

Non è un caso allora, che il soggetto favorito da Martin Parr, soprattutto nei primi anni, sia la popolazione inglese con le sue peculiarità. Una delle sue prime serie, The Non-Conformists (1975-1980), ruota tutta attorno al senso di comunità che Parr riconosce nei gruppi di protestanti nonconformisti (credo a cui aveva aderito anche la sua famiglia). Questo reportage, scattato in bianco e nero, come un altro dello stesso periodo intitolato Bad Weather, aiuta a mettere subito a fuoco l’occhio ironico, ma mai giudicante, del fotografo britannico, che ha il suo primo vero e proprio exploit nel 1982, con l’inizio della serie The Last Resort.

Il passaggio alla fotografia a colori, la cui saturazione diventerà il tratto più iconico dello stile di Parr, avviene anche in conseguenza del riconoscimento di autorevolezza che dalla metà degli anni Settanta i musei americani danno alla fotografia a colori di artisti come William Eggleston, Joel Meyerowitz e Stephen Shore. Con una fotocamera di medio formato Parr fotografa le spiagge di New Brighton, dove le famiglie della working class di Liverpool andavano a trascorrere il loro tempo libero. Il contrasto tra l’incuria del luogo, le scene di vita familiare e il contesto di svago crea un corto circuito che suscita in chi guarda un misto di ironia, crudeltà, tenerezza ed empatia, che sono anche nello sguardo del fotografo, il quale con questa serie, probabilmente il più esteso lavoro di Parr, racconta l’inizio di un nuovo mondo dominato dal consumismo di massa.

Martin Parr, Short & Sweet, Mudec, Milano. Foto Carlotta Coppo

Gli anni Ottanta, il Thatcherismo e il realismo memetico

Se per le fotografie della serie The Last Resort esposte alla Serpentine Gallery di Londra era stato criticato in quanto appartenente una classe sociale economicamente superiore rispetto a quella dei soggetti ritratti, dalla metà degli anni Ottanta Martin Parr rivolge il suo sguardo alla middle class inglese, con il suo lavoro The Cost of Living (1987-1989), che restituisce un’immagine netta e spietata di quelle che lui stesso definisce “comfortable classes” all’apice del Thatcherismo. Questa serie viene esposta al MoMA di New York nella mostra “British Photography from the Thatcher Years” nel 1991.

Se sei un artista, di qualsiasi tipo, devi avere un’ossessione. Davvero, le cose vanno solo così.

Martin Parr

Foto Martin Parr. © Martin Parr/Magnum Photos

In questo periodo, in risposta all’atteggiamento di crescente chiusura dell’Inghilterra, l’interesse di Parr si concentra soprattutto su ciò che accade al di fuori dell’isola britannica, viaggiando in giro per il mondo, dalla Cina all’India, e dando il via nel 1989 a Small World (1989 - 2012), che mostra un’evoluzione del suo interesse per il leisure time nel nascente turismo di massa. Parr immortala le consuetudini e i cliché dei turisti nei posti più visitati del mondo, gesti ripetuti nel tempo dalle migliaia di visitatori che arrivano in quei luoghi (ed è impossibile guardandole non pensare all’estetica dei meme) e che raccontano lo svuotamento del senso del viaggio dovuto alla standardizzazione del turismo.

L’ironia sottile e lo sguardo sincero e brutale – quindi spesso grottesco – di Parr sono stati certamente uno dei motivi che ha reso divisiva la sua ammissione tra i fotografi della prestigiosa agenzia Magnum. I membri più conservatori della commissione non erano stati conquistati dalla sua originalità, ma nel 1994 Parr riuscì a ottenere il suo posto nell’Olimpo dei fotografi con un punteggio pari al 66.6%, nella stessa istituzione di cui sarà nominato presidente dal 2013 al 2017.

Martin Parr, Short & Sweet, Mudec, Milano. Foto Carlotta Coppo

Kitsch contemporaneo, il Common Sense del nuovo millennio

La serie di fotografie intitolata Common Sense(1990-1999) continua la ricerca fotografica iniziata negli anni Settanta da Martin Parr su ciò che è considerato volgare nella società moderna. Il kitsch contemporaneo pervade i cinque sensi di chi guarda queste immagini, generando una sensazione nauseabonda, come dopo un’indigestione da fast food ad alta gradazione alcolica. La lente macro della sua macchina fotografica inquadra da vicino, a volte da vicinissimo, dettagli randomici di scenari difficilmente identificabili - resti di cibo, abiti estrosi, oggetti personali - tutti soggetti perfettamente a fuoco scattati con una resa di colori brillantissima su sfondi un po’ sfocati che insieme contribuiscono alla narrazione dell’assurdità del consumismo e degli sprechi di massa.

Mi interessa documentare la società, notarne i cambiamenti nel momento in cui avvengono, per così dire, e anche cercare di mettere a fuoco, nella mia fotografia, cose che saranno importanti negli anni a venire.

Martin Parr, Short and Sweet, catalogo della mostra Short and Sweet, 24 Ore Cultura, Milano, 2024

Il nuovo millennio si apre - non senza un retrogusto amaro - davanti alla macchina fotografica di Martin Parr come uno scrigno del tesoro in cui l’umanità non si è evoluta, ma si sono evoluti i mezzi a sua disposizione: tornano le spiagge, questa volta di tutto il mondo, fotografate con un teleobiettivo nella serie “Beach Therapy” (2019) e Life’s a Beach (1986-2018), torna il perbenismo dell’élite britannica in “Establishment” (2010-2016), e si aggiungono nuove consuetudini dovute alle novità tecnologiche come l’uso del selfie stick nella serie Death by Selfie (2019) in cui Parr racconta l’ossessione per i selfie partendo da alcuni casi in cui un autoscatto è stato fatale a causa di distrazioni impietose.

Martin Parr, Short & Sweet, Mudec, Milano. Foto Carlotta Coppo

Tra i reportage più recenti, quello realizzato a Glanstonbury nel 2023 per il Guardian racconta gli ultimi sviluppi della giovane società britannica degli anni ’20, in cui il selfie stick è caduto in disuso e chiunque può vestirsi liberamente di rosa senza paura di essere giudicato, indipendentemente dal genere o dall’età. Infine, non mancano nella sua carriera degli ultimi decenni importanti collaborazioni con il mondo della moda, dagli editoriali per Vogue alle campagne fotografiche per Gucci.

Se guardi il mondo, cos’è che puoi fare? È divertente, e se non ridi, piangi, perché sappiamo tutti che siamo spacciati.

Martin Parr

Se per Parr fotografare la sua nazione è stato un processo quasi terapeutico per esplorare e comprendere l’ambiguità tra l’interesse e il distacco che caratterizzano il suo rapporto con l’Inghilterra, forse è da questo che deriva la sensazione di inadeguatezza che si prova guardando le sue fotografie, quando solo dopo averne riso e preso le distanze si resta interdetti dalla facilità con cui ci si potrebbe riconoscere protagonisti degli stessi scatti. 

La Martin Parr Foundation e lo sterminato archivio del fotografo britannico

Martin Parr non ha soltanto dedicato la sua vita alla fotografia – pubblicando oltre quaranta libri fotografici da lui firmati, ed essendo protagonista di centinaia di mostre nel corso dei decenni nelle più importanti istituzioni e gallerie del mondo – ma anche alla scoperta di nuovi fotografi inglesi e irlandesi, e di artisti che si sono occupati di ritrarre la storia e la società di queste due nazioni. Da qui nasce la Martin Parr Foundation a Bristol, che ospita l’archivio dell’artista e una biblioteca che consta di oltre 5000 volumi, il cui catalogo è consultabile online. L’attività della fondazione ospita mostre ed eventi supportando la crescita di artisti principalmente inglesi e irlandesi.

Immagine di apertura: Martin Parr. Foto Carlotta Coppo

Mostra:
Martin Parr, Short & Sweet
Dove:
Mudec, Milano
Date:
dal 10 febbraio al 30 giugno 2024
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