Alexis Hunter: per uno sguardo oggettivo

Alla Goldsmiths CCA, una retrospettiva dedicata alla pratica dell’artista neozelandese, colpisce per l’attento approccio iconografico.

Alexis Hunter, Sexual Warfare, Goldsmiths Centre for Contemporary Art (23 Nov 2018 - 3 Feb 2019) Photo: Mark Blower

La prima mostra di presentazione del lavoro di Alexis Hunter nel Regno Unito, dal 2006, e la prima a Londra dal 1981, rimarrà aperta fino al 3 febbraio 1981. “Sexual Warfare” comprende un’attenta selezione di lavori degli anni Settanta composti dall’influente figura del movimento femminista in Gran Bretagna.

Sexual Warfare” è improntata per far luce sul processo fotografico che ha accompagnato la storia di Hunter, dal 1968 al 1986. Il suo lavoro infatti, in questo periodo, si confronta e si scontra con due grandi trait d’union: sessismo e misoginia. A questo proposito, alla Goldsmiths CCA, la mostra a lei dedicata raffina un condizionato numero di lavori-chiave che, nel loro insieme, si fanno portavoce di un seminale punto di vista critico in dialogo con uno specifico momento storico, rinforzando la sua consapevolezza come artista e femminista.

Alexis Hunter (1948 – 2014) nasce a Auckland, Nuova Zelanda e frequenta la Elam School of Fine Arts (1966 – 69) dove ottiene una laurea cum laude in Pittura e Storia dell’arte e dell’Architettura. Si trasferisce a Londra nel 1972 dove si iscrive per un Post Graduate alla  City and Guilds School of Art and Design e dove si unisce alla The Women’s Workshop of the Artists Union. Lavora poi, durante gli anni Settanta, nella televisione commerciale e per i film di animazione. Durante gli anni Ottanta diventa Visiting Lecturer alla School of Visual Arts di New York e alla Byam Shaw di Londra, poi Assistant Professor d’arte alla University di Houston, Texas.

Attualmente, a Londra, lavori iconici e fondativi del proprio percorso come Models Revenge (1974), Dialogue with a Rapist (1978) e Object Series (1974-5) sono esposti diacronicamente, ricordando, non solo il periodo storico al quale fanno riferimento ma anche la storia intrinseca che rappresentano: le foto di Object Series, infatti, erano state rimosse da una mostra a Belfast, nei primi anni Settanta, a causa della diretta oggettificazione e sessualizzazione dei soggetti maschili, percepiti, allora, come una minaccia.

Alexis Hunter
Alexis Hunter, “Sexual Warfare”, Goldsmith CCA, Regno Unito

Hunter, nel processo compositivo di Object Series, sovverte lo sguardo maschile e l’oggettificazione nei confronti della donna, proponendo lavori che senza riserve rendono l’uomo soggetto al medesimo sguardo sessualizzato. L’obiettivo si sofferma su un busto maschile, oppure inquadra le pelvi di un uomo che indossa pantaloni di pelle, invitando lo spettatore a fissare un punto del corpo maschile risvegliando la familiarità con la quale si approccia la presenza fisica femminile.

Alexis Hunter, Sexual Warfare, Goldsmiths Centre for Contemporary Art (23 Nov 2018 - 3 Feb 2019) Photo: Mark Blower
Alexis Hunter, Sexual Warfare, Goldsmiths CCA, Londra, foto: Mark Blower

La forza della provocazione di questo lavoro, che oggi, ai visitatori contemporanei può sembrare persino inflazionato, viene anche testimoniato dal richiamo e dalle rimostranze presentate, nel 1978, dai lavoratori uomini del museo di Belfast che si erano rifiutati di disimballare le foto, a Belfast, cercando così fortemente di opporsi ai contenuti di questa mostra che alla fine i lavori vennero ritirati dal percorso.

Lo sguardo di Hunter viene oggi considerato tipico rispetto a quel che noi oggi percepiamo come cultura critica di un’arte influenzata dal femminismo. Non si deve dimenticare che Hunter arriva a Londra, dalla Nuova Zelanda, come pittrice, nel 1972. Quando si unisce alla Women’s Workshop of the Artist’s Union e viene incontro ai principi di una scena dell’arte politicizzata, il suo lavoro si sposta verso la fotografia, benché lei abbia sempre aspirato a produrre pellicole.

Un lavoro che richiede particolare attenzione, all’interno di questa mostra monografica londinese è Dialogue with a Rapist (1978). Ci sono moltissime componenti relative a questa serie che oggi colpiscono per la sua modalità di presentarsi su un proscenio nel quale razza, genere, dominio e vulnerabilità concorrono a formare un episodio potenzialmente esplosivo.

Alexis Hunter, Sexual Warfare, Goldsmiths CCA, Londra, foto: Mark Blower
Sexual Warfare, Installazione presso la Goldsmiths CCA, Londra, foto: Mark Blower

L’artista, attraverso la fotografia, cerca di ritrarre, di rappresentare un incidente, durante il quale una donna viene avvicinata da un assalitore con un coltello, durante le prime ore del mattino a Bermondsey, fatto che successe realmente a Hunter. A

lle pareti, emerge una sequenza fotografica in bianco e nero che spalanca lo sguardo su dieci scenari impunturati da testi descrittivi. Una sorta di didascalia, posta al di sotto dell’immagine, registra lo scambio di battute tra i due soggetti, mentre le fotografie si presentano come sovrapposizioni di immagini, quasi a far precipitare, su una sola inquadratura azioni in movimento, contestualizzate in una strada di Bermondsey a Sud di Londra.

La sequenza riporta una narrativizzazione della schermaglia tra l’aggressore e la vittima, al di sopra del coltello puntato. Il lavoro prova a rappresentare una minaccia di violenza sessuale assieme ad un atto di resistenza. L’assalitore, infatti viene disarmato, all’interno delle fotografie che mostrano una discussione animata tra mani che impugnano un coltello e gli argomenti difensivi della donna, terminando con l’uscita di scena di quest’ultima, da sola e non ferita.

In uno dei suoi più famosi lavori che utilizzano regole sequenziali assimilabili al time-lapse, Approach to Fear: Paid – Destruction of the Cause (1977) una scarpa con il tacco (icona dell’oppressione femminile negli anni Settanta) viene bruciata da una fiamma e resa non più indossabile.

In un altro lavoro del 1976, la fotografia in bianco e nero di un uomo nudo muscolosissimo viene deturpata dalla mano dell’artista, che spalma una sostanza pastosa e colorata sul suo fallo mentre sembra accarezzarlo in superficie. La stessa materia scura e pastosa appare anche in Approach to Fear VIII: Contamination – Contaminate (1976), sporcando le mani curate di una modella che raggiunge e accarezza maliziosamente i genitali maschili fasciati dal denim. Il materiale che sembra melassa scura si fonde con l’opera quale contaminante del titolo, diventando una materia fuori-luogo che indica una trasgressione, e che segnala, parallelamente, i tabù della masturbazione e il desiderio sessuale femminile liberato.

La tattilità trasgressiva di questa sequenza viene diversamente articolata in Approach to Fear I: Violence – Identify with Aggressor (1976) e Cat Tease (1978), dove le mani incontrano, rispettivamente, un gatto arrabbiato e un gatto supino. Qui l’interrelazione percettiva e sensuale viene riconfigurata dall’accompagnamento del gatto, suggerendo una diverse modalità di trattamento del piacere tattile e della minaccia.

In ultimo, in Approach to Fear: Taboo – Demystify (1976), le mani compaiono di nuovo toccare parti di una macchina, ri-significando la pasta scura utilizzata in precedenza come componente coesiva della forza lavoro, o semplice grasso di manutenzione degli ingranaggi.

Titolo mostra:
Alexis Hunter. Sexual Warfare
Date di apertura:
Dal 23 Novembre, 2018 al 3 Febbraio, 2019
Curato da:
Sarah McCrory
Sede:
Goldsmiths Centre for Contemporary Art (Goldsmiths CCA)
Indirizzo:
St James’, New Cross, London SE14 6AD

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