Irene Fenara

Da tre anni mi approprio silenziosamente delle videocamere di sorveglianza

Una fra le più talentuose artiste emergenti italiane presenta il proprio lavoro attraverso una lunga intervista. Tra Fondazione Prada, MAMbo e Kunst Meran.

Irene Fenara, _self portrait from surveillance camera_, 2018, cm 36 x 47, courtesy the artist and UNA

Dal 21 al 24 febbraio 2019, "Distant Eyes" sarà il titolo della mostra curata da Christiane Rekade al museo Kunst Meran Merano Arte, che presenterà Irene Fenara (1990, Bologna) nell’ambito del progetto Level0 promosso da ArtVerona.

Un format che prevede il coinvolgimento di 14 direttori dei principali musei d’arte contemporanea, chiamati a scegliere nel proprio programma uno degli artisti presenti in fiera.

L’occasione di questa mostra è nata dall’idea di creare una breve apertura speciale all’interno di un periodo in cui il museo non dovrebbe essere accessibile al pubblico. Il museo, infatti, resterà chiuso da gennaio a marzo per il rinnovamento del sistema di allarme e di videosorveglianza, alle quali l’artista affiderà il proprio volto per appropriarsi interamente della presenza, dell’identità del progetto nello spazio.

Irene Fenara, Blinds and other Cloudings,
Irene Fenara, Blinds and other Cloudings, Spazio Leonardo, Milano. UNA Gallery, Foto Cosimo Filippini 2018

Il limite tra sicurezza, sorveglianza e intromissione delle telecamere come viene superato nei tuoi lavori? 
Da circa tre anni porto avanti una ricerca sulle immagini provenienti da videocamere di sorveglianza, di cui mi approprio silenziosamente. Si tratta soprattutto di videocamere appartenenti a privati che non cambiano i codici di sicurezza standard, password sempre uguali e il più delle volte molto semplici, che rendono facilissimo l’accesso a chiunque conosca quel codice: spesso è 1234. È una zona non ancora regolamentata e dove ci sono grossi vuoti normativi.

Le videocamere di sorveglianza rientrano, infatti, nel cosiddetto Internet of Things che comprende tutti quei prodotti che utilizzano il web per accrescere le proprie potenzialità. Uno dei problemi dell’Internet of Things è il rapporto sempre reversibile nell’utilizzo, infatti, tutti i dispositivi che crediamo di usare sono in grado di utilizzare noi e i nostri dati.

La tua ricerca di errori nella percezione, come si è trasformata nel tempo, da Give me Yesterday ad Alta Frequenza a Splendido isolamento?
Più che all’errore, sono attratta dai forti limiti che i dispositivi che utilizziamo hanno imposto, proprio perché creati per motivazioni e usi specifici. Quando vengono forzati al di là della loro ovvia funzione può capitare che lavorino erroneamente, ma non è l’errore involontario ad interessarmi, quanto la volontà umana di superare certi confini.

L’errore percettivo è una distorsione che appartiene anche all’occhio umano, nella stessa creazione di dispositivi che sono in grado di vedere condizioniamo il nostro modo di guardare.

Dalla Polaroid allo scanner, dalle action cameras alle videocamere di sorveglianza, come strumenti miopi proprio per la cecità innata dei dispositivi di acquisizione immagini che producono sempre una visione senza sguardo. Sono mezzi sempre al limite dell’errore quando vanno contro il proprio script.

Irene Fenara _MEGAGALATTICO_ 2017 video installazione, installation view Family Matters, Gelateria Sogni di Ghiaccio, Bologna
Irene Fenara, MEGAGALATTICO 2017 video installazione in Family Matters, Gelateria Sogni di Ghiaccio, Bologna

Il tuo lavoro molto spesso si presenta come una misurazione dell'identità di quella distanza tra l'obiettivo e la prima realtà disponibile, stai lavorando a nuove serie anche in questa direzione? La distanza dall’obiettivo come misurazione dell’identità è certamente un tema che mi interessa moltissimo, a partire dal mio primo lavoro. Ho preso le distanze è una serie di Polaroid, esposte nella mostra inaugurale Give me Yesterday di Fondazione Prada Osservatorio, in cui ho fotografato amici, conoscenti e parenti prendendo nota dei centimetri che separavano il soggetto dalla macchina fotografica e da me, per evidenziare il modo in cui una distanza fisica rifletta anche una distanza emotiva. Noi comunichiamo anche quando non parliamo e il nostro stare nello spazio crea significato, utilizzando la fotografia come strumento di misurazione dello spazio e dei legami interpersonali.

Irene Fenara, _21st Century Bird Watching_, 2017, digital video, 7'00''
Irene Fenara, _21st Century Bird Watching_, 2017, video digitale, 7'00''

Anche in un progetto recente si è mostrato lo sviluppo di questa ricerca…
Anche in Self portrait from surveillance camera, che è l’ultima serie di fotografie che sto realizzando, in mostra al MAMbo all’interno di That’s IT fino al 6 gennaio, è forte il senso dello stare nello spazio e a una certa distanza dall’obiettivo, in questo caso dall’obiettivo di videocamere di sorveglianza davanti alle quali vado a posare.

Si tratta, infatti, di una serie di autoritratti realizzati ponendomi di fronte a telecamere di sorveglianza già presenti in vari luoghi e rintracciate a ritroso e grazie ai dati già presenti nell’immagine. Si tratta di autoritratti privi di compiacimento.

In queste immagini la distanza dall’obiettivo è molto importante perché determina la grandezza che le fotografie avranno in fase di stampa. Ribaltare lo sguardo del controllo e intervenire sul punto di vista è centrale in questo lavoro, come riappropriazione del sé e dell’identità nei confronti del mondo costantemente controllato.

Quali serie di lavori saranno presenti nella mostra che inaugurerà a febbraio?
La mostra si inserisce  in un momento in cui il museo sarà incustodito e, sarà possibile, per alcuni giorni, accedere ai suoi spazi e andare alla ricerca delle opere nel museo. Ho scelto soprattutto opere video per la natura provvisoria e inconsueta del progetto espositivo.

Struggle for Life è un video del 2016 in cui la videocamera, comandata da un computer a grande distanza, permette di deviare lo sguardo e perdersi per brevi momenti nel passaggio delle nuvole, tornando poi automaticamente alle sue funzioni di controllo sulle rigide architetture di un allevamento danese.

21st Century Bird Watching è una raccolta di video che riprendono sempre la stessa porzione di cielo e catturano il passaggio di diverse specie volatili che si posano su una videocamera di sorveglianza. L’esperienza dell’attività di birdwatching così viene mediata da una stratificazione di tecnologie visuali e di livelli di lettura differenti. MEGAGALATTICO, infine, è una videoinstallazione che pervade lo spazio e se ne appropria. Si tratta di molteplici proiezioni sovrapposte di riprese di uffici, server e control room al buio.

Titolo mostra:
Irene Fenara. Distant Eyes
Date di apertura:
Dal 21 al 24 febbraio, 2019
Curata da:
Christiane Rekade
Sede:
Kunst Meran Merano Arte
Indirizzo:
Laubengasse 163 - I-39012 Merano, Bolzano

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