L’arte contemporanea a Bucarest è indipendente

La nostra ricognizione tra la scena artistica contemporanea di Bucarest svela un microcosmo straordinariamente ricco, dove l’attività di gruppi che si muovono tra architettura, design e pratica urbana si affianca alla vitalità di atelier e gallerie indipendenti.

Bucarest, la capitale della Romania, megalopoli e centro economico della nazione, è una città straordinariamente densa. Il suo assetto attuale è l’esito di un esproprio del territorio e di una massiccia riformulazione della città. Durante l’era comunista le città romene, Bucarest in primis, sono state infatti investite da una ricostruzione sistematica, variabile in intensità e scala tra il 1952 e il 1989, con un’accelerazione dopo il terremoto del 1977 e l’apice, per estensione e di rapidità, negli anni Ottanta.

Apparatus 22, Sky Naive. It Begs a Question, performance pubblica a Eindhoven, commissionata da Onomatopee, Eindhoven, Olanda

Il marchio lasciato sul tessuto urbano da questo sviluppo, per lo più indifferente alla storia locale, è fortissimo: grandi viali tracciati cancellando quartieri interi e tagliando senza scrupoli le vie circostanti; enormi palazzi squadrati, costruiti in molti casi con materiali scadenti, oggi carenti di manutenzione. A ciò si è aggiunto un fenomeno di massiccia privatizzazione delle abitazioni subito dopo la caduta del regime di Nicolae Ceaușescu e che ha generato un nuovo assetto con il 95% degli alloggi in mano privata. Come effetto evidente, le aree pubbliche annesse ai palazzi sono state per lo più recintate e sono oggi sottoutilizzate. Un altro esito è stato il sommovimento dovuto ai reclami dei precedenti proprietari delle case espropriate dallo Stato, che ha generato numerosi procedimenti di sfratto e, di conseguenza, un alto numero di individui o di nuclei familiari ridotti tutt’oggi a vivere all’aperto. Talvolta proprio davanti alle case che furono loro. Queste persone trasferiscono letteralmente in strada l’interno del proprio appartamento, lo coprono di teli impermeabili e vi abitano: un po’ per mancanza di alternative, un po’ con intento dimostrativo.

Apparatus 22, Positive Tension (on Curating), performance allo Stedelijk Museum Amsterdam
Apparatus 22, vista della mostra “Several Laws. Multiplicity Review”, Académie royale des Beaux-Arts di Bruxelles, École supérieure des Arts (ArBA-EsA), Bruxelles, Belgio
Apparatus 22, vista della mostra “Several Laws. Multiplicity Review”, Académie royale des Beaux-Arts di Bruxelles, École supérieure des Arts (ArBA-EsA), Bruxelles, Belgio
add knowledge library + apparatus 22 studio (dettaglio)
La curatrice Evelyn Simmons nello studio di Apparatus 22 + add knowledge library. Photo Geir Haraldseth
Apparatus 22, Subtitles C1, installazione a Milano
Apparatus 22, Subtitles C1, installazione a Milano
Apparatus 22, Subtitles C1, installazione a Milano

Su questo tessuto urbano s’innesta l’attività di gruppi che si muovono tra l’architettura, il design e la pratica urbana. È il caso di StudioBASAR. Fondato nel 2006 da Alex Axinte e Cristi Borcan, StudioBASAR realizza interventi pubblici, installazioni e attività di comunità; ricerche in collaborazione con l’università e attività di formazione per i cittadini; tutto a partire dalla convinzione che urga operare per un miglioramento della qualità di vita dei cittadini. Tra i suoi impegni, il recupero di alcuni spazi pubblici nel centro urbano e l’apertura di una serie di biblioteche nel quartiere poco privilegiato e densamente abitato dai militari. Ma c’è anche l’indagine Evicting the Ghost, riguardante proprio le conseguenze degli sfratti forzati da appartamenti un tempo espropriati.

La storia del Paese e le trasformazioni della città, l’economia debole e le sue conseguenze sono i temi che si ritrovano anche nell’attività di molti degli artisti residenti a Bucarest. Come Anca Benera & Arnold Estefan, che esplorano l’intersecarsi della storia ufficiale e di quella personale. O come Irina Botea Bucan che, nei suoi video e performance, esamina le dinamiche socio-politiche del Paese e le retoriche che ne derivano, focalizzandosi con spirito analitico e sensibilità sul modo in cui le vicende del passato generano ricadute nel presente e orientano il futuro. O, ancora, come il collettivo Apparatus 22 la cui attività sfaccettata affronta temi attuali legati all’economia, al lavoro e al consumismo, alla precarietà e alla percezione dell’attività culturale. Le loro opere sono critiche, ironiche, penetranti. Il loro studio, all’interno di un tipico appartamento di un blocco abitativo di Bucarest, tende a estendersi sul pianerottolo: la profusione di oggetti ne fa un microcosmo straordinariamente ricco; la libreria, che occupa buona parte dello spazio è, di per sé, un’opera che parla di curiosità intellettuale e di conoscenza.

studioBASAR: Trailer for Research and Activation. Photo Bucharest Metropolitan Library, 2016
studioBASAR, Evicting the Ghost. Architectures of Survival. Photo studioBASAR
studioBASAR, Intermediary Places. Intermediary Uses. Disegno di Anca Marin, 2015
studioBASAR, Tei Community Center. Photo studioBASAR, 2016
studioBASAR, City School: The Library form Military 2015-2016
studioBASAR, City School: The Library form Military 2015-2016

Benera & Estefan, Irina Botea Bucan e Apparatus 22, come tutti gli artisti di profilo internazionale, mantengono la propria base a Bucarest, ma vivono in movimento, appoggiandosi in particolare alle ormai numerosissime residenze per artisti esistenti in ogni Paese. D’altra parte, se Bucarest non offre spazi espositivi istituzionali di spicco per l’arte contemporanea, la vitalità è assicurata da numerosi luoghi indipendenti. Come Salonul de Proiecte, un programma curatoriale attivato nel 2011 e oggi nel bell’edificio modernista della Universal Printing House. O come il piccolo spazio della casa editrice e libreria specializzata in arte contemporanea, P-U-N-C-H, gestito da Radu Lesevschi, creatore anche del programma di residenze internazionali ARC Bucharest.  Più strutturato appare Rezidenta9, sostenuto dal Groupe Société Générale che intende trasformarlo in spazio dedicato agli artisti delle ultime generazioni. Il programma è curato da Suzana Dan, artista nonché proprietaria di A5 Studio Space, un piccolo ambiente con affaccio su strada, utilizzato come studio personale, sala espositiva e sede dell’associazione Ephemair.

Ephemair
Ephemair
Ephemair
Ephemair
Ephemair
Ephemair
Ephemair
Ephemair
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Ephemair
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Sempre informale, ed estremamente spartano, appare Sandwich: uno spazio all’aperto, stretto e lungo come un corridoio, gestito da un collettivo di artisti di cui fanno parte Alex Niculescu, Cristian Răduță e Marian Zidaru. Sandwich è incluso in un grande sito che durante il periodo comunista ospitava fonderie, unità che producevano colori, laboratori e studi di artisti affiliati alla Artist Union. Oggi, riscoperto dalle nuove generazioni, questo luogo ha ripreso a ospitare atelier e gallerie, come Nicodim Gallery. Gli spazi degli artisti più aggiornati vi coabitano con gli studi più tradizionali. Negli ultimi anni, si è saputo imporre all’attenzione grazie al suo programma e al supporto di artisti internazionali, come Dan Perjovschi. Lo studio, a Bucarest, è senz’altro un tema di riflessione. Non è un caso che una delle maggiori artiste romene viventi, Geta Brătescu, che quest’anno ha rappresentato il Paese alla Biennale di Venezia, ne faccia da sempre uno dei cardini del proprio lavoro. Lo studio è infatti un microcosmo di libertà all’interno del quale arte e vita, pubblico e privato, dimensione fisica e interiore si coniugano e prendono senso. È nello studio che questa artista, ormai novantenne, ma ancora instancabilmente al lavoro, trascorre oggi il proprio tempo.

Intanto, fuori, la città scorre, con le sue contraddizioni e le sue sorprese. È il caso dell’appartamento che ospita la galleria emergente Anca Poterasu: piccole stanze distribuite su due piani, con frammenti di dipinti che riemergono sotto strati di intonaco e finestre affacciate sul romantico cortile di un edificio basso. Tutt’altra visione rispetto ai marciapiedi sconnessi e ai grovigli di fili elettrici che dominano il resto della città.