Decostruire sistemi

Qual è il valore aggiunto di decostruire sistemi? Smontando una Fiat Panda insieme a filosofi, giornalisti, avvocati, economisti, neurologi e persino un macellaio, gli artisti Olivier Oosterbaan e Victor Engbers offrono una riflessione su questo tema.

La scorsa estate, il centro di ricerca artistica Mediamatic, tra i più vivaci di Amsterdam, ha ospitato una performance di dieci giorni durante la quale gli artisti Olivier Oosterbaan e Victor Engbers hanno smontato gradualmente una Fiat Panda, accompagnati da un programma di talk e proiezioni su temi più o meno contigui.

Quando ho raggiunto i due artisti nel capannone appollaiato sull’improbabilmente bucolica riva dell’Ij vicino alla stazione centrale, ho subito pensato che, personalmente, non mi sarei mai imbarcato in un’impresa del genere, vista l’onerosità implicita nel progetto. A dire il vero, nessuno dei due ha particolari esperienze nel campo della meccanica – uno ha un background in legge, l’altro in pubblicità – ma, tutto sommato, l’operazione procedeva senza intoppi. Olivier, a cui toccava in quel momento essere sporco di grasso e chino sul motore, mi ha spiegato che ha aperto il manuale solo per rimuovere i vetri dalla portiera e le sospensioni (la parte più difficile e rischiosa, per via delle molle). L’assistenza stradale, invitata più per curiosità che per urgenza, è arrivata giusto in tempo per aiutare con la rimozione del motore.

Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>

  Non è la prima volta che gli artisti s’interessano di auto e non c’è da stupirsi. Si tratta dopotutto del bene di consumo più voluminoso che la maggior parte di noi può permettersi, anche se con l’avvento di computer e smartphone non è certo il più prodigioso. César, esponente di punta del Nouveau Réalisme francese negli anni Sessanta, le comprimeva in cubi di lamiera rendendole indistinguibili, mentre lo svizzero Fabien Oefner si diverte a ritrarle in versione esplosa.

C’è, in effetti, una bellezza astratta nelle “viscere” di un’automobile, soprattutto se non ne sai niente. Non solo per il romantico fascino della ruggine (immagino inversamente proporzionale al conseguente intestardimento dei bulloni), ma per le nuove prospettive “archeologico-pornografiche” che apre. Questa distanza tra forma e funzione, incolmabile per il profano, ha una valenza opposta rispetto alla frustrazione che circonda i mobili Ikea. La differenza sta nel fatto che questi ultimi ce li dobbiamo montare da soli, mentre l’auto è, di solito, dominio dell’esperto. Oltre a sfidarne l’autorità, guadagnando punti mascolinità nel processo, uno degli obiettivi dei due artisti è stato proprio cambiare il proprio punto di vista riguardo al misterioso funzionamento della macchina – “da mito a magia”, spiega Victor – tramite la creazione di una routine all’interno dell’officina improvvisata da Mediamatic.

Se bravura personale e curiosità analitica sono alla radice della performance, un aspetto interessante è stata la sua estensione a dialogo distribuito: l’esplosione (non solo fotografica) dell’opera in una serie di presentazioni su temi più o meno contigui. Olivier e Victor hanno, infatti, invitato non solo altri artisti che già si erano misurati con imprese simili (come la performer Dina Rončević, che qualche anno fa smontava una Nissan Sunny come atto di rivincita femminista), ma anche esponenti di altre discipline – filosofi, giornalisti, avvocati, economisti, neurologi e persino un macellaio. Il pubblicista specializzato in cultura pop Joost Pollmann ha raccontato per esempio il rapporto tra automobili e “profiling” (per esempio, quali vetture sono comunemente identificate con gli spacciatori di droga?), la photoeditor Marloes Heineke ha esplorato invece l’estetica degli incidenti stradali. L’eterogeneità degli invitati ha messo in luce come know-how diversi abbiano nature diverse: secondo Victor, per esempio, un macellaio dimostra grande conoscenza di tecnica e dettagli, ma non una visione d’insieme del funzionamento dell’animale.

Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>
Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: <i>Deconstructing Systems</i>

  Qual è, quindi, il valore aggiunto di decostruire sistemi? Questi sembrano essere anni strani per gli esperti. Internet ne ha decentralizzato le competenze, diffondendole in maniera produttiva, ma anche creando una sorta di diffidenza nei loro confronti. Anche la mascolinità sta attraversando una crisi d’identità e, sempre su Internet, persino l’innocuo remake/reboot di Ghostbusters in salsa rosa diventa la scusa per un’epica lotta tra Troll e Social Justice Warriors.

Al di là dell’atto decostruttivo in se stesso, il progetto di Oosterbaan ed Engbers s’inserisce quindi in un periodo storico particolarmente fertile per dibattiti ad ampio respiro, non solo immediatamente per i temi che sfiora. Questo si concretizza ancora di più nel “network” collaterale all’esperienza, la quale ha colto un’occasione di catalizzare lo scambio di conoscenza in un capannone piuttosto che su Internet, evocando non solo la nostalgia per la meccanica e l’esemplare design democratico della Panda, ma anche quello spirito fai-da-te e quasi cospirativo che è tipico di Mediamatic (l’istituzione olandese ospita spesso workshop su tecnologie all’avanguardia come coltivazione idroponica o i benefici del micelio come materiale da costruzione).

Olivier Oosterbaan, Victor Engbers: Deconstructing Systems

Una pubblicazione in collaborazione con The Future, editore locale, sopravvivrà all’aspetto dimostrativo dell’evento, ma Olivier e Victor – una volta toltisi questo sfizio – non pensano di rimettere mano alla chiave inglese nel futuro prossimo. Considerato che le auto senza guidatore sono ormai una realtà, è difficile biasimarli.

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