Il rapporto tra città e acqua è ormai da diversi decenni al centro delle riflessioni sull’evoluzione dello spazio urbano. A partire dalla fine degli anni Settanta, la stagione dei grandi progetti di riqualificazione ha individuato proprio nell’acqua – fiumi, canali, porti e fronti marittimi – un punto di partenza per la rigenerazione di territori dismessi, inquinati o marginali. In molte città europee e nordamericane, le trasformazioni delle aree portuali, industriali o infrastrutturali hanno avuto come obiettivo la riconfigurazione di interi quartieri attraverso nuovi spazi pubblici, residenze, parchi o percorsi accessibili lungo l’acqua.

È il caso, ad esempio, di Battery Park City a New York, sviluppata a partire dagli anni Ottanta su un’estensione di terreno sottratto al fiume Hudson, a ridosso del sito originario delle Twin Towers. Prima della sua realizzazione, durante una fase di stallo del cantiere del World Trade Center, in quell’area si formò spontaneamente una spiaggia urbana temporanea, utilizzata dai cittadini come luogo di balneazione e svago, in un paesaggio ancora informale e non pianificato.

Oggi, nel contesto della crisi climatica e delle crescenti ondate di calore che investono i centri urbani, la questione della balneabilità urbana si riaffaccia con forza. In molte città prive di un affaccio sul mare, si moltiplicano iniziative che mirano a rendere nuovamente accessibili fiumi, canali e bacini idrici, attraverso interventi di filtrazione ecologica, infrastrutture leggere e nuove forme di uso collettivo dello spazio acquatico. Si tratta di progetti che uniscono mitigazione ambientale, adattamento climatico e riconfigurazione dello spazio pubblico, ridefinendo il rapporto quotidiano tra cittadini e acqua.