According to What?

La mostra all’Art Gallery of Ontario ripercorre la carriera di Ai Weiwei, colosso dell’arte contemporanea, ma anche attivista instancabile della marcia contro la censura dello stato cinese.

La Cina è sempre nell’occhio del ciclone. Dopo le polemiche che hanno seguito la “non apparizione” di Ai Weiwei alla Biennale di Venezia lo scorso giugno – sostituito, in occasione dell’inaugurazione di due installazioni parallele e della partecipazione con il Padiglione della Germania, dalla sua agguerrita madre – questa volta l’artista torna protagonista della scena internazionale a Toronto, in Canada.

Apertura: Ai Weiwei, Snake Ceiling, 2009. Vista della mostra "Ai Weiwei: According to What?" al Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2012. Photo Cathy Carver. Qui sopra: Ai Weiwei, Colored Vases, 2007-2010. Collezione dell'artista. Vista della mostra "Ai Weiwei: According to What?" all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2012. Photo Cathy Carver

Ai Weiwei è attualmente agli arresti domiciliari, senza passaporto, dopo essere stato detenuto per 81 giorni dalle autorità del suo Paese, giorni che il mondo della cultura internazionale ha vissuto con il fiato sospeso poiché il governo cinese non diramava nessuna notizia sulle sue condizioni fisiche o psicologiche.

La mostra “According to What?” è l’occasione per scoprire la carriera di quello che è diventato negli ultimi anni non solo un colosso dell’arte contemporanea, ma anche un attivista instancabile della marcia contro la censura dello stato cinese: Ai Weiwei presenta all’Art Gallery of Ontario più di 30 tra le sue opere più significative sviluppate in oltre un ventennio di lavoro (dal 1983 al 2012), con un progetto complesso che raccoglie fotografie, sculture, video, installazioni e documentazione architettonica.

Ai Weiwei
Ai Weiwei, Grapes, 2010. Collection of Larry Warsh. Vista della mostra "Ai Weiwei: According to What?" all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2012. Photo Cathy Carver

Partita dal Mori Art Center di Tokyo, la mostra si arricchisce di nuove opere a ogni tappa (ha già viaggiato a Washington e Indianapolis) e rappresenta un significativo spaccato della società cinese, con le sue contraddizioni striscianti e i suoi troppo spesso sconosciuti drammi sociali. Le opere di Ai Weiwei si sono trasformate nel tempo in un percorso sempre più lucido e coerente verso la comprensione dell’incontro tra Oriente e Occidente: dal periodo in cui l’artista indagava la celebrità newyorkese e le icone dell’occidente fotografando i colossi dell’arte americana a New York, ai monumenti della nostra cultura, fino al rifiuto della sua tradizione realizzato attraverso la documentazione della distruzione di antichi vasi della dinastia Han.

Ai Weiwei, He Xie, 2010–. Collezione dell'artista. Vista della mostra "Ai Weiwei: According to What?" all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2012. Photo Cathy Carver

E, ancora, vasi tradizionali con loghi pubblicitari occidentali (Coca-Cola), un lungo serpente carnascialesco ottenuto dall’unione di centinaia di zaini di nylon per bambini, o decine di biciclette realizzate dalla fabbrica Forever – ora sul punto di fallire a causa dei cambiamenti culturali della Cina – riassemblate in una scultura circolare a simboleggiare l’infinito, o sgabelli in legno per il lavoro artigianale trasformati in elaborate sfere geometriche, perdendo così la loro funzione originaria: le opere di Weiwei sono riflessioni culturali profonde su una società di cui troppo spesso si conoscono soltanto stereotipi e credenze popolari. Ma “According to What?” è anche un bruciante atto di accusa contro il silenzio tragico che circonda alcuni eventi drammatici della Cina moderna. La progettazione dello stadio olimpico di Pechino, che Ai Weiwei ha realizzato con Herzog & de Meuron, è stata seguita da una campagna di boicottaggio dell’artista contro il comitato olimpico che ha circondato di falsità l’evento sportivo mostrando al mondo un paese subdolamente ovattato.

Ai Weiwei, Straight, 2008–12. Collezione dell'artista. Vista della mostra "Ai Weiwei: According to What?" all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2012. Photo Cathy Carver

L’apice del dramma si tocca però in due sezioni della mostra: la prima tutta personale e la seconda fortemente collettiva: Ai Weiwei porta in mostra una foto scattata con il proprio cellulare nel momento in cui la polizia lo incarcera oltre a una serie di radiografie che mostrano le emorragie cerebrali causate delle percosse subite e accompagna queste immagini alla riproduzione in marmo degli strumenti di controllo con cui è costretto a convivere (telecamere, manette); in una seconda parte, invece, attraverso un documentario (una sofferente lista di 5.196 nomi) e un’installazione, Ai Weiwei porta l’attenzione del mondo sul terremoto del Sichuan che il 12 maggio del 2008 ha causato la morte di migliaia e migliaia di studenti della provincia. L’artista cinese, subito dopo il terribile cataclisma, si è recato sul posto e ha aperto un’indagine contro lo stato cinese per scoprire le cause del crollo delle scuole locali: materiali scadenti e metodi di costruzione errati hanno dimostrato le responsabilità dirette della Repubblica Cinese.

Ai Weiwei, Kippe, 2006. Collezione di Honus Tandijono. Immagine per gentile concessione dell'artista

L’opera più rappresentativa di questa straordinaria inchiesta, toccante, struggente, potente e rivelatoria, è Straight (2008-2012): 38 tonnellate di barre di metallo recuperate sul luogo del terremoto alle quali Ai Weiwei ha restituito la loro originaria linearità (le barre erano completamente piegate a seguito del sisma), sono state ordinate a terra a formare un’onda ininterrotta di oltre 70 metri quadrati. Nei placidi e pacifici territori canadesi giunge una delle voci più importanti dell’arte internazionale di oggi o forse, meglio, uno dei più impavidi lottatori contro le ingiustizie perpetrate ai danni di uno dei popoli più sfruttati e maltrattati del mondo contemporaneo.

Ai Weiwei, Coca-Cola Vase, NY Photographs e Moon Chest