Daan Roosegaarde è un uomo con un sogno o, come la definisce lui, un’ossessione: reinventare gli spazi pubblici, creando storie e disegnando nuove interazioni tra il privato e il pubblico, tra il visitatore (o spesso anche solo passante) e il suo contesto.
L’esperienza della luce
Visita allo studio di Daan Roosegaarde, dove il light artist olandese, designer, programmatori, ingegneri e artisti lavorano a braccetto per realizzare installazioni intuitive e reattive, con la speranza di colmare quel vuoto ancora esistente tra tecnologia e società, innovazione e tradizione, globale e locale.
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- Alice Mela
- 09 luglio 2013
- Waddinxveen, Olanda
È così che installazioni come Dune, una giungla di spine luminose che reagiscono alla presenza e al suono, e Flow, un muro di ventole precedentemente esposto ad Ars Electronica nel 2010, s’inseriscono nel tessuto urbano delle città che le ospitano. Che si tratti di un tunnel sotto il fiume Maas in Rotterdam o l’ingresso del municipio dell’Aia, l’intento è sempre lo stesso: creare un dialogo.
Le ispirazioni sono molteplici, ci dice Roosegaarde durante un’intervista nel suo atelier a Waddinxveen nel sud dell’Olanda, ma i presupposti si ripetono: interrogare la realtà circostante per creare un nuovo dinamismo in luoghi altrimenti statici, usando la tecnologia come strumento per innescare dinamiche sociali. Imitare la natura è anche un argomento ricorrente nei lavori di Studio Roosegaarde e, a giudicare da alcuni commenti sfuggiti all’artista durante la conversazione, questa tematica si imporrà maggiormente in alcune opere a venire, andando nella direzione della biomimetica.
L’aspetto tecnologico è anche preponderante, in Lotus per esempio Roosegaarde usa uno speciale foglio metallico che reagisce al calore del corpo dei visitatori, aprendosi e mostrando meravigliose composizioni luminose se stimolato dal pubblico, o chiudendosi come un fiore di notte, se lasciato da solo. Lotus Dome è stata recentemente esposta nella caverna di Zedekiah, sotto la città vecchia di Gerusalemme, dove si dice che Salomone eresse il suo primo tempio e in occasione del “Jerusalem Light Festival Israel”.
Tra i lavori più recenti, e per certi versi più interessanti, Roosegaarde ci racconta di Smart Highways, un progetto in collaborazione con Heijmans, azienda olandese che realizza autostrade, volto a migliorare la pavimentazione autostradale grazie all’utilizzo di vernice fluorescente che assorbe luce durante il giorno e rilascia durante la notte, creando illuminazione a consumo zero. Un’altra soluzione innovativa sarà una vernice che diventa visibile solo sotto (o sopra) una certa temperatura, rivelando, per esempio, composizioni di fiocchi di neve sul manto autostradale, come un invito ai viaggiatori a guidare con prudenza. Alla fine dell’anno, un primo tratto autostradale di prova sarà installato nella zona di Brabant, nel sud dell’Olanda.
Secondo Roosegaarde, sono le strade – più di ogni altra cosa – ad avere un impatto sui nostri paesaggi campestri ma, nonostante ciò, nulla è cambiato per migliorarle nei ultimi decenni. In questa prospettiva, Smart Highways è un’iniziativa che punta a renderle (l’autostrada in particolare) più semplici e intuitive in favore di una maggiore sicurezza e rispetto dell’ambiente. Di recente creazione è anche Crystal, un’installazione luminosa basata sul fenomeno dell’induzione.
Un tappeto elettrificato conduce elettricità per induzione elettromagnetica a cristalli appoggiati su di esso. Se il cristallo viene rimosso, la luce che emana si spegne, per riaccendersi se posto nuovamente in contatto con il tappeto. I cristalli, ci racconta Rosegaarde, non sono altro che LED collegati a una bobina di rame che induce un campo elettromagnetico se avvicinata al tappeto elettrico, con conseguente accensione del diodo. LED di colore diverso, attorno ai quali sono stati fatti crescere dei particolari cristalli di sale naturale, creano effetti affascinanti, con fluttuazioni luminose (dovute ai cambi di tensione del campo magnetico) simili a quelle di una stella.
L’installazione interagisce con il pubblico grazie ai sensori inseriti nel tappeto, sul quale i visitatori possono camminare e la luce dei cristalli agisce in base alle informazioni registrate dai sensori. L’opera invita e sfida l’osservatore ad assumere la propria responsabilità per l’installazione: chiunque può “rubare” un cristallo, ma questo porterà l’installazione stessa a scomparire. Riguardo a questo dualismo tra opera e utente, Rosegaarde affronta i temi di proprietà intellettuale e open source, argomenti ormai all’ordine del giorno per la comunità creativa. Ci confessa che in futuro alcune delle sue opere abbracceranno l’ideologia dell’open design, per avvicinarsi alle comunità che le fruiscono. Per esempio, il prossimo autunno, dopo un’inaugurazione ufficiale a Strjp-S, (ex zona industriale di Eindhoven in fase di rivalutazione urbana) i dettagli tecnici di Crystal saranno resi pubblici, così che chiunque possa crearne di nuovi da aggiungere all’installazione, colmando il vuoto lasciato da quelli portati via da altri visitatori e trasferendo così la responsabilità di mantenere l’installazione in vita alla comunità.
Dopo una lunga chiacchierata sul futuro dello studio e il suo desiderio di realizzare progetti su grande scala, per raggiungere e supportare un maggiore pubblico, Rosegaarde ci ha offerto un tour dell’atelier, dove ci ha mostrato i modelli in vetroresina della sua prossima installazione: una reinterpretazione di Marbles (opera di illuminazione urbana realizzata recentemente ad Almere), a Stoccolma, dove occuperà 50 metri di suolo pubblico.
In questo spazio, ci ritroviamo a osservare tutte le diverse fasi produttive dei suoi progetti. Da bozzetti e maquette, a prototipi in scala 1:1. L’artista, infatti, sviluppa internamente quasi ogni passo del processo, passando attraverso diverse fasi iterative, durante le quali la prototipazione e il design vano di pari passo. Qui, designer, programmatori, ingegneri e artisti lavorano a braccetto per realizzare installazioni intuitive e reattive, con la speranza di colmare quel vuoto ancora esistente tra tecnologia e società, innovazione e tradizione, globale e locale.