Nel 1998 Francesco Vezzoli riproduce con la tecnica del ricamo un ritratto fotografico di Salvador Dalì – la grande celebrità artistica guardata con sospetto, se non disprezzata, dai puristi del mondo dell'arte. Un esempio della cattiva reputazione critica dell'artista catalano, nonostante l'enorme popolarità, lo offre Robert Hugues, critico del Time –la stessa prestigiosa testata che nel 1934 aveva celebrato Dalì con una copertina fotografata da Man Ray- bollandolo come "the self-corrupted publicity stunter, who would do almost anything for a headline". Questa condanna veniva proclamata nel 2000 quando non era ancora incominciata la prudente ma inesorabile operazione di riabilitazione culturale avviatasi nel centenario daliniano del 2004 . Insomma, una decina d'anni fa, Dalì non era proprio una delle figure artistiche più considerate ma il giovane Francesco non esitava a metterlo nel suo personale, variegatissimo olimpo di personaggi di riferimento accanto, tra gli altri, a Luchino Visconti e Madonna, Steve Rubell (co-fondadatore dello Studio 54) e Madre Teresa di Calcutta.
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A differenza di Dalì, e Warhol, che sfruttarono al massimo la propria persona artistica fino a trasformarla in un bene commerciabile al di fuori del dorato recinto dell'arte (pubblicizzando cioccolato e camicie, tra le altre prosaicissime cose), Vezzoli – per ora – agisce solo all'interno del sistema artistico. La sua persona, infatti, è nata (ed è stata uccisa), dentro alla finzione narrativa perché l'obiettivo di Vezzoli è la decostruzione di certe dinamiche tipicamente artistiche sebbene mutuate da altri ambiti. "The art world has become such a self-promotional universe that I've basically grown obsessed with deconstructing the very means of promotion", afferma l'artista con una determinazione che ha evidentemente assimilato l'iconoclastia di Marcel Duchamp. Da un certo punto di vista i finti programmi televisivi e trailer cinematografici di Vezzoli, ma anche le sue finte soap opera (Amalia Traida, 2004) e spot elettorale (Democrazy, 2007), possono essere considerati dei ready made portati nel sistema dell'arte per metterne in discussione il funzionamento e smascherarne le velleitarie dichiarazioni di alterità.
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Nell'arte di Vezzoli convergono, a un livello molto profondo quasi inconscio, due aspetti condivisi della personalità e dell'opera di Dalì e di Duchamp. Il primo è la loro caparbia adesione all'individualismo e all'antidogmatismo che, da borghesi anarcoidi, caratterizzavano entrambi. Duchamp disse: "My interest has always been with the individual, rather than the group. The greatest aspect of man is his imagination" (per poi aggiungere, a riprova dell'ammirazione per l'artista spagnolo, "I felt that Dalì had one of the great imaginations of the XX century"). L'altro cardine della pratica artistica dei due può essere individuato nell'impulso libidico. Durante un'intervista radiofonica l'artista francese dichiarò: "Eroticism is a subject very dear to me... In fact, I thought the only excuse for doing anything was to introduce eroticism into life. Eroticism is close to life, closer than philosophy or anything like it;". Analogamente, Dalì disse di sé: "I due più importanti motori che muovono il cervello artistico e ipersensibile di Dalì sono la libido (l'istinto sessuale) e la paura della morte".
L'erotismo, e l'intrinseco desiderio, sono centrali anche nell'opera di Francesco Vezzoli. Nelle sue pastiches perfettamente orchestrate, l'artista coinvolge gli oggetti del suo desiderio intellettuale e sessuale.
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In un certo senso, nel ritratto di Dalì di Vezzoli a piccolo punto può essere considerato un'anticipazione dell'intricato, talvolta contraddittorio background di riferimento dell'artista: la fotografia di Dalì (un ready-made duchampiano, viene polarizzata come una serigrafia di Warhol) nonché uno statement riguardo al suo posizionamento nella recente tradizione artistica italiana. Fin dall'esordio, infatti, Vezzoli afferma una discontinuità tra la sua produzione e le esperienze fino ad allora più significative dell'Italia: dai rigorismi dell'arte povera al minimalismo sensazionalista di Maurizio Cattelan. Vezzoli opta per un'opulenza eclettica, di tecniche e significati: riempie le sue tele aide di piccoli punti, satura ogni sequenza dei suoi video di incise e subordinate fino al limite possibile come in un romanzo proustiano, ma anche come in un quadro di Dalì dove ogni segno allude ad altro.
Quello di Francesco Vezzoli è un percorso singolare e dirompente nella storia dell'arte contemporanea che fa della sua individualità e dell'adesione tra artista e opera il suo tratto distintivo nonché la sua essenza politica; la sua produzione è infatti intimamente politica fin dalle prime riproduzioni a piccolo punto degli annunci erotici che l'artista raccoglieva nella cabine telefoniche di Londra all'inizio degli anni Novanta, o gli appena successivi ritratti ricamati del pornoattore Jeff Stryker. Proprio attraverso l'utilizzo di una tecnica solitaria e tormentosa come il ricamo, Vezzoli dichiarava la sua personale condizione di melanconica alterità vissuta in quanto omosessuale. In larga, larghissima misura, la critica ha sistematicamente sorvolato sulla dimensione politica dell'opera di Vezzoli, sul suo costituire una riflessione sull'identità omosessuale. Forse anche perché quando, nel 1997, il nostro debutta sulla scena internazionale, partecipando alla collettiva Fatto in Italia, l'icona dell'artista gay e socialmente impegnato è Felix Gonzalez-Torres, morto di AIDS un anno prima. Il suo linguaggio, un minimalismo lirico e asciutto fortemente debitore delle esperienze dell'arte Concettuale e Minimal, è l'opposto dell'estetica melò e decadente proposta da Vezzoli, che rappresenta un'omosessualità per niente politicamente e intellettualmente corretta. Per di più, provocatoriamente, l'artista intensifica il suo statement artistico con dichiarazioni del tipo: «Se si potessero usare tutte le parole giuste al posto giusto, direi che il mio lavoro è questo studio sulle debolezze del frocetto di provincia, che si guarda i film di Visconti, si studia i mobili di antiquariato e trasforma la propria solitudine e il proprio dolore in una magnifica ossessione».
Tutta l'opera di Francesco Vezzoli può essere letta come un'iperbole erotica, un ardore segnato dalla consapevolezza e dal disincanto, che nasce da una noirceur profonda e ineliminabile: "Being an artist – I don't what a true artist is – it's about having this enourmous introverted torment and finding the least clumsy way to turn it into into an extroversion".
Caroline Corbetta
La Cosmogonia sociale di Francesco Vezzoli
Le affinità tra Francesco Vezzoli e Salvator Dalì secondo Caroline Corbetta, curatrice della personale "Dalí Dalí featuring Francesco Vezzoli", che inaugura il 19 settembre al Moderna Museet di Stoccolma.
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- 25 agosto 2009
- Stoccolma