Investire in cultura conviene? Alla domanda, rivolta alle imprese italiane, rispondono in modo affermativo gli organizzatori del Premio Guggenheim Impresa & Cultura, giunto quest’anno alla sua quinta edizione. A patto però di rispettare le regole del gioco. “Prima tra tutte: passare dalla sponsorizzazione estemporanea a una strategia culturale integrata nelle politiche culturali dell’impresa”, spiega Michela Bondardo che, nel 1997, ha creato dal nulla questo premio per mettere in luce e incoraggiare le imprese, soprattutto medie e piccole, che scelgono di intervenire in modo continuo e creativo nel campo della cultura. “In ambito culturale”, continua, “si può parlare di ritorno di investimento se si ragiona nel medio e lungo periodo. Con questo riconoscimento vogliamo sottolineare che la cultura è un fattore di sviluppo”.

A dimostrarlo con i fatti, sono le sette aziende, per altrettanti esempi eccellenti, premiate sabato 17 novembre a Venezia. La società toscana Pitti Immagine si è “guadagnata” il primo posto con il programma “La cultura della moda”, riuscendo a dimostrare la capacità della moda di entrare in rapporto con altre discipline e linguaggi creativi. Al primo classificato è stata assegnata l’adesione gratuita per un anno (del valore di 60 milioni) a “Intrapresae Collezione Guggenheim”, un progetto che dal 1992 instaura una relazione continuativa tra alcune aziende selezionate e la Fondazione Guggenheim per dare vita a una serie di scambi culturali. Il lavoro più innovativo? “Il manifesto delle esigenze abitative dei bambini” di Andria Cooperativa che si è aggiudicato il “Premio Peggy Guggenheim”. L’associazione di Correggio (Reggio Emilia), ha raccolto i sogni e i bisogni dei più piccoli, proponendo soluzioni concrete o concretizzabili (il manifesto ha portato a un piano di massima per realizzare 26 abitazioni), all’insegna di una migliore qualità della vita.

La cultura è anche un ottimo strumento per promuovere se stessi. Lo conferma l’azienda bolognese Cooperativa Ceramiche d’Imola vincitrice del “Premio MondoItalia”. Migliore museo d’impresa è risultato, invece, il “Museo dello Scarpone e della calzatura sportiva” promosso dal Distretto della Calzatura Sportiva di Montebelluna (Treviso). La comunicazione più efficace è quella di Omnitel Vodafone e del suo laboratorio multimediale “Omnitel Media Lab” allestito all’interno della mostra “Media Connection” che, alla Triennale di Milano, ha fatto il punto sulla video arte degli ultimi quarant’anni. Cultura al servizio dell’integrazione sociale. È questa la base del progetto “Ricami di pietra” di Calìa Salotti di Matera che ha creato un laboratorio per le pazienti del dipartimento di salute mentale cittadino. Un’azienda antichissima, Amarelli Fabbrica di Liquirizia di Rossano Scalo (Cosenza), è infine anche la protagonista di un debutto, il Museo della Liquirizia, segnalato con il “Premio Il Sole 24 Ore”.

Un matrimonio che fila liscio, dunque, quello tra il mondo imprenditoriale e la cultura. E, con la partecipazione di 81 aziende - il 22 per cento in più rispetto allo scorso anno - e una netta prevalenza delle imprese dei servizi, divise equamente tra business to business e business to consumer, insieme alle imprese dei comparti industriali e dell’information technology, l’investimento aziendale in cultura diventa una realtà non più settoriale, ma diffusa e variegata. E, se il Nord è in vantaggio rispetto al resto della penisola (oltre un terzo delle partecipazioni totali è in Lombardia e il 70 per cento dei concorrenti proviene dalle regioni settentrionali), il Centro e il Sud riescono però a tenere alta la qualità degli interventi e ad aggiudicarsi due premi su sette.

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