di Ilaria Ventriglia

Al Castello di Rivoli, il curatore-gallerista Jeffrey Deitch inscena "Form Follows Fiction. Forma e Finzione nell’arte di oggi". Venti artisti internazionali danno corpo e voce a mondi estetici nei quali non è più possibile discernere tra vero e falso.

1992: Jeffrey Deitch è il curatore di "Post Human", sempre al Castello di Rivoli.
La mostra, che esplorava i confini della condizione umana, inaspettatamente diventa il manifesto simbolo dell’arte di fine secolo e la matrice di quella che è stata definita l’estetica post-human, coniando un neologismo.

Ottobre 2001: il curatore americano ritorna a Rivoli con "Form Follows Fiction". Il sottotitolo recita: Forma e Finzione nell’arte di oggi. Il progetto, che vorrebbe essere l’ideale seguito del ’92, rappresenta il nuovo concetto di realtà sviluppato da artisti attivi dalla metà degli anni Novanta.

Deitch parte da un presupposto evidente: i confini tra la realtà e la finzione sono sempre meno netti. Così anche gli artisti finiscono per costruire mondi estetici nei quali, come nella vita, è sempre meno possibile stabilire il limite tra ciò che è reale e ciò che non lo è.

La CIA, dopo l’attacco alle Twin Towers, ha deciso di pagare gli scrittori di fantascienza per verificare le sceneggiature più visionarie. Il mondo non vuole essere più sorpreso e per riuscirci capovolge il rapporto: parte dalla finzione per arrivare alla realtà.

Quella che ad alcuni cinici, o distratti, è sembrata la più costosa scenografia hollywoodiana mai realizzata, è solo l’ultimo esempio di un’eclatante commistione reale-artificiale.

Anche Deitch ritarda la stampa del catalogo per citare l’accaduto.
Deitch è da sempre stato lucido nel captare i mutamenti, riuscendo a prevedere spesso i percorsi futuri e questa volta non si può dire che non avesse un territorio stimolante su cui lavorare.

Invece – sarà anche per la troppa vicinanza con gli avvenimenti di cronaca – la mostra parte da un’idea palese e rischia poco: artisti di fama e opere di qualità. Detto tra noi, gli artisti sarebbero potuti essere anche altri, cosa che non avrebbe creato alcun ostacolo alla lettura.
In ogni caso la mostra, allestita in questo strano luogo che è la Manica Lunga del museo, corridoio enorme che non riesce a regalare grande autonomia agli artisti, è impeccabile e bella.

La spettacolarizzazione del reale e il confine sempre più labile tra realtà e finzione sono molto ben documentati dal catalogo della mostra, strumento geniale, come già fu il catalogo di Post-human creato con il compianto e bravissimo designer/artista Dan Friedman.
La copertina riporta la scritta "Form Follows Fiction," che rimanda a quell’Hollywood sulla collina di Los Angeles e subito il doppio gioco della finzione, occhieggia anche al lavoro di Maurizio Cattelan per l’ultima Biennale veneziana, la scritta americana a grandezza naturale su una discarica della collina di Palermo.

Prima di arrivare alle opere Deitch costruisce un palinsesto televisivo, potrebbe essere un documentario dal titolo: sarà vero?

Una "fiction" su carta, che molto ruba alla reality tv, immagini sgranate, inventario di atrocità o semplici assurdità.

Si apre con il caso O.J. Simpson: il falso che diventa prima intrattenimento e poi assurge a verità.
Poi gli studenti della Colombine High School: uccidono quindici compagni a colpi di pistola, convinti di essere in un videogioco. Quindi il suicidio di massa della setta Heaven’s Gate: aspettavano che gli alieni li venissero a prendere.
E ancora ingegneria genetica, la pecora Dolly, il reality show, le multi identità delle chat room, gli avatar, il virtuale, l’industria della comunicazione mediale, Michael Jackson e il suo ranch di frutta candita, l’innesto di un orecchio umano su un topo, la signora Wildenstein reinventata donna-tigre grazie all’ultima chirurga plastica e un bel po’ di fantasia: fino a Saddam Hussein che per le news sulla Guerra nel Golfo si affidava alla CNN.

Non ci sono stati i tempi di stampa per inserire Osama Bin Laden in videoconferenza.

Si arriva alle opere, gli artisti rubano alla realtà e innestano nel lavoro scene di vita quotidiana, filtrano il tutto tramite un immaginario privato e finiscono con il costruire mondi estetici liminali, nei quali è impossibile fare una distinzione tra falso e vero.

Siamo felici di non scorgere correnti stilistiche e somiglianze, li ritroviamo liberi di utilizzare qualsiasi mezzo e codice per rappresentare la confusione della vita.
Che la globalizzazione abbia liberato l’arte almeno dalle etichette? FORM FOLLOWS FICTION. Forma e finzione nell’arte di oggi
Dal 17 ottobre al 27 gennaio 2002
Castello di Rivoli. Museo d'Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino)
Tel. +39-011-9565222
https://www.castellodirivoli.org
E-mail:info@castellodirivoli.org