Madrid. Test di partecipazione con Enorme

In occasione del Madrid Design Festival, il collettivo di architettura spagnolo presenta il suo ultimo progetto, Mountain in the Moon.

Enorme Studio, Mountain in the Moon, Madrid, 2018

“Qui puoi leggere”, suggerisce un cartello fissato su una delle tre strutture in legno al centro di Plaza de la Luna, a Madrid. Siamo nel vivo della prima edizione del Madrid Design Festival e sono le due di pomeriggio di una bella e trafficata giornata di febbraio, eppure, nonostante l'invito, nessuno si ferma a leggere o anche semplicemente a sedersi. Salvo alcuni passanti che si arrestano davanti alle strutture per farsi un selfie, le tre architetture mobili, abbellite da superfici erbose e piante, riposano tranquille al centro della piazza assieme a una piccola serra in vetro. Si tratta dell’ultima installazione urbana del collettivo di architetti spagnoli Enorme – precedentemente noto come PKMN. Intitolato Mountain in the Moon, e sviluppato in collaborazione con il marchio automobilistico Mini, il progetto mira a favorire l'interazione e la partecipazione della popolazione locale durante la prima edizione del Design Festival – in programma nella capitale spagnola per tutto il mese di febbraio – grazie a un design interattivo e a una serie di workshop e conferenze quotidiani.

Un mix tra laboratorio sperimentale e pezzo d’arredo urbano, la struttura-performance riunisce molte delle funzionalità che fanno il successo di installazioni pubbliche di questo tipo: piante, sostenibilità, eventi e sperimentazione. Ma davvero può un’opera temporanea come questa – che invita gli abitanti della città a “sedersi e chiacchierare mentre si ricarica la batteria del proprio smartphone per mezzo di energia solare o cinetica” – essere sufficiente “a testare la partecipazione” della popolazione come sperano i suoi progettisti? Negli ultimi anni, il “design partecipativo” è diventato una risorsa importante per architetti e designer che lottano per contesti urbani più vivibili. A Madrid, l'idea della città come “progetto comunale” affonda le sue radici nel movimento degli Indignados del 2011. “Potremmo dire che ha inaugurato un periodo di sperimentazione urbana”, ci spiega Adolfo Estalella, co-curatore della serie di mostre “Madrid, a medias” – un archivio di “storie disobbedienti” – attualmente in mostra presso il CentroCentro di Madrid.

“Le persone sono state portate in strada per organizzare assemblee, per discutere e lavorare per il proprio quartiere”, continua Estalella, e in questo modo “molti abitanti hanno iniziato a relazionarsi con l’ambiente urbano”. Ciò ha portato allo sviluppo organico di iniziative dal basso, come giardini comunitari, centri sociali occupati e altri progetti che hanno permesso alle persone di esplorare nuovi modi di abitare la città. “In questo contesto”, aggiunge Estalella, “un certo numero di architetti-attivisti – come Todo por la Praxis, Zuloark, Basurama e PKMN – hanno ricoperto un ruolo chiave nel trasmettere alla città nuove speranze”.

Oggi la nostra sfida è far sperimentare agli abitanti delle città il loro paesaggio urbano.

Spazi di ritrovo come teatri, cinema e altri tipi di strutture che invitano alla formazione di assemblee  spontanee sono diventati i simboli di questa sorta di guerriglia architettonica. Ricorrenti nei progetti di Enorme, queste tipologie di edifici incoraggiano i cittadini a diventare spettatori/attori consapevoli della città. Come spiega il co-fondatore di Enorme, Carmelo Rodriguez, “è diventata una Mission Impossible trovare posti a Madrid dove un gruppo di persone può stare comodamente seduto insieme e discutere senza dover pagare. Per questo a Enorme siamo diventati ossessionati da qualsiasi tipo di arredamento urbano che possa generare nuove situazioni di scambio. È il motivo per cui ci preoccupiamo di sviluppare questo tipo di prototipi, che per noi sono piccole vittorie sul campo di battaglia cittadino”.

Fig.14 Enorme Studio, Mountain in the Moon, Madrid, 2018
Enorme Studio, Mountain in the Moon, Madrid, 2018

Ma, nonostante Mountain in the Moon presenti terrazze di legno su cui sedersi e uno spazio – la serra – dove imparare e scambiare idee, il limite del progetto sembra risiedere nel fatto che la struttura non è nata dalla consultazione della popolazione, ma come una sorta di dono non richiesto da parte di una società privata. I membri di Enorme ci tengono comunque a sottolineare che “le città possono trarre grandi benefici da un’ibridazione controllata tra realtà pubbliche e private. A differenza delle terrazze dei bar che occupano una grande percentuale di spazi pubblici nelle città, Mountain in the Moon propone un modo alternativo di mediazione tra marchi privati e spazi pubblici.”

Purtroppo, però, il progetto appare come un contenitore tirato talmente a lucido da non lasciare spazio agli imprevisti e alla spontaneità. Al contrario di tutte quelle strutture collettive nate dal basso negli anni delle proteste. Un problema che il collettivo femminile NADA, con sede a Madrid, conosce da vicino. Nato con l’obiettivo di creare situazioni positive all'interno della città affinché si generi una “comunicazione empatica e reciproca”, il gruppo di quattro giovani progettiste abbraccia la visione di molti dei pionieri degli anni Sessanta. “Come designer”, sostengono, “pensiamo che il nostro ruolo sia innanzitutto quello di costruire un dialogo diretto e profondo con la popolazione locale. Non di imporre le nostre scelte dall’alto. Perché ci sia una vera presa di coscienza da parte di tutti delle proprie abilità e capacità creative.” Un discorso che trova eco nelle conclusioni – dopo dieci anni di ricerche sul campo – di Adolfo Estalella, che afferma: “oggi la nostra sfida è far sperimentare agli abitanti delle città il loro paesaggio urbano”. Così che vere azioni dal basso convincano gli abitanti ad appropriarsi del contesto urbano e a prendersene cura.

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