Hotel Paradiso: l’albergo di Gio Ponti abbandonato sulle montagne altoatesine

Costruito negli anni ’30, abbandonato dal dopoguerra, questo edificio voleva essere un prototipo per un nuovo turismo ibrido, e portare architettura e design moderno nel contesto alpino.

La produzione di Gio Ponti è in qualche modo simile al proverbiale regno di Carlo V, su cui “non tramontava mai il sole”. Da Milano a Teheran, da Caracas a Denver. Quasi non sorprende trovare “un Ponti” in cima ad una profonda valle altoatesina: impressiona però lo stato di abbandono in cui versa da oltre 70 anni. Si può dire che abbia trascorso più della sua vita come destinazione per turisti urbex che non per turisti dello sci.

Lo Sporthotel Paradiso, infatti, progettato in Val Martello con Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini, era nato nel 1936 come esperimento per una forma innovativa di turismo. Ci troviamo dentro concetti che sembrano arrivare dritti dalla ricerca contemporanea: è ibrido, prima di tutto, perché può ospitare diverse modalità di turismo, dalla villeggiatura prolungata, al breve periodo da passare sugli sci, al passaggio veloce e spartano da escursionisti, come in un rifugio. È evolutivo, si direbbe adesso, perché la sua forma razionale e al contempo espressiva – puro Ponti – gli consente di essere ampliato e sopraelevato; e infatti è così che andrà, o almeno in parte. La forma stessa è poi un altro di quegli aspetti che lo rendono peculiare: è sostanzialmente moderno, e il moderno alpino sta solo allora cominciando a prendere piede, affiancandosi al vernacolare; si dovrà attendere la fine della guerra per una sua affermazione piena.

Da “Hotel Paradiso” di Erald Dika e Thomas Saglia. Courtesy Korabi

Ma si tratta anche dello stesso periodo che segnerà il declino del Paradiso, e l’inizio della sua lunga stagione di abbandono. A interrompere l’oblio sono arrivati gli ultimi anni, con una nuova attenzione da parte di architetti-scrittori come Luciano Bolzoni, e da ultimo il docufilm “Hotel Paradiso”, di Erald Dika e Thomas Saglia.
Noi riuniamo qui gli scritti dedicati a questo “cold case” su Domus nel dicembre 2012, sul numero 964, e naturalmente all’inizio di tutta la storia, nel numero 121 del gennaio 1938.

Domus 121, gennaio 1938

Un nuovo albergo. Un nuovo stupendo centro turistico italiano

pubblicato su Domus 121, gennaio 1938

Non soltanto un nuovissimo albergo arricchisce il patrimonio alberghiero d'Italia, ma una nuova zona viene con esso ad arricchire il patrimonio turistico d’Italia. Questo albergo sorge in Val Martello a 2100 metri, fra un complesso incantevole di cime, nevai, ghiacciai (Cevedale, Cima Venezia, Peder). Alla Val Martello si accede dalla Val Venosta (strada Merano-Passo di Resia e ferrovia Merano-Coldrano-Malles) che si può raggiungere sempre da Merano, e d'estate anche dallo Stelvio. 
L’incanto del soggiorno estivo è dato dalle immediate possibilità sciatorie (cima Venezia, Cevedale), dall'isolamento dell’albergo in una natura non contaminata, stupenda, ricca di flora e di fauna (siamo nel Parco Nazionale dello Stelvio). D'inverno questa è la zona ideale per uno sport sciistico di classe: si contano una quarantina di “percorsi” di eccezionale interesse e sviluppo, destinati agli atleti di questo sport.

L'albergo è stato progettato da Gio Ponti e dagli ingegneri Soncini e Fornaroli, ed eseguito, in condizioni eccezionali, in due anni dall'ingegnere Piero Richard di Merano. È servito da una strada automobilistica nuova. È dotato di impianti perfetti e realizza anche novità nel campo alberghiero d'alta montagna, come la “guardaroba calda” per gli sciatori. Gli ambienti sono arredati con vivacità e carattere e, pur conservando una unità di stile, ogni camera è diversa per il colore o per particolarità d'arredamento. Il successo internazionale che quest’albergo ha realizzato ha già determinato, oltre la creazione di un piccolo lago artificiale, anche lo studio di un ingrandimento. L’albergo è ora di 100 letti: 50 per villeggianti, e 50 per turisti, sistemati (questi ultimi) a quattro a quattro o due a due, per ambiente.

Domus 964, dicembre 2012

Per un nuovo turismo italiano

pubblicato su Domus 964, dicembre 2012

(...) Lo Sport Hotel-questo il nome dell'albergo-venne commissionato dal colonnello Emilio Penatti (che era anche il proprietario dell'impresa costruttrice) con il finanziamento del Partito Nazionale Fascista e del ministero del Turismo. Fu confiscato dai nazisti nel 1943 per farne una postazione di spionaggio e, dopo essere stato riaperto dopo la guerra, ne fu decretata la chiusura per fallimento già nel 1946. Il progetto prevedeva di realizzare una rete di funivie che superasse la dorsale delle Alte Dolomiti per unire Bolzano a Cortina e Ortisei, coinvolgendo altre stazioni turistiche con la realizzazione di piste sciistiche, tratti stradali, strutture con differenti tipologie ricettive, da 22, 32, 44 e 50 letti.

In base a quest'ultima tipologia, definita dai progettisti “nuovo schema”, fu realizzato lo Sport Hotel al Paradiso del Cevedale. L'edificio è caratterizzato da un corpo di fabbrica di tre piani non eccessivamente profondo, che permette una buona illuminazione naturale degli interni. La pianta era in parte rettilinea e in parte curva (verso ovest); soggiorni, balconi e la terrazza solarium sono distribuiti sul fronte convesso, esposto a sud e riparato dal vento. I servizi si trovano invece sul lato opposto, concavo. Questo schema presuppone un facile ampliamento, accostando un nuovo corpo di fabbrica.

Domus 964, dicembre 2012

Dei 100 posti letto complessivi, la metà erano destinati alla borghesia che qui trascorreva lunghi periodi di villeggiatura. A questa clientela non si volevano far rimpiangere le comodità della vita cittadina, fornendo servizi di lavanderia, parrucchiere per uomo e signora, massaggi e lezioni di sci. L’altra metà dei posti letto era divisa tra i turisti dalla permanenza più breve (con spazi più ridotti) e gli alpinisti di passaggio per una notte (accolti nel sottotetto, in camerate con servizi in comune, con una soluzione più simile a quella del rifugio).
Ponti ha messo in discussione i caratteri tradizionali dell'architettura alpina, le coperture a doppio spiovente e a forte pendenza, che a suo parere rendevano difficile l'ampliamento degli edifici. L’immagine propagandisticamente moderna dello Sport Hotel, con la copertura in legno verniciato a una sola falda inclinata, la prevalenza di linee orizzontali nei parapetti delle terrazze e dei balconi, l'uso del colore a caratterizzare l'immagine complessiva e la continuità tra gli ambienti, ricevette uno scarso apprezzamento dagli abitanti del luogo.

Luigi Spinelli

Da “Hotel Paradiso” di Erald Dika e Thomas Saglia. Courtesy Korabi

“L'architettura moderna non aspetta il tempo, lo sfida, chi vincerà?”. Sembra pensare al suo Sport Hotel in Val Martello – oggi abbandonato e immerso in paesaggio di luce e di neve – Gio Ponti, quando scrive questa frase nel libro “Amate l'architettura”. L’albergo sorge in Val Martello a 2.160 metri, “fra un complesso incantevole di cime, nevai, ghiacciai”, come si legge su Domus del gennaio 1938. Era un hotel per una borghesia che si spostava sull'alpe portandosi appresso le abitudini di una villeggiatura aperta, fatta di convivenza ma anche d'isolamento. Lo Sport Hotel dava un colpo di coda al turismo alpino con un rifugio dove gli sportivi trovavano ciò che cercavano: neve, sole, paesaggio, locali stretti ma confortevoli, moderne attrezzature sportive. La facciata color fuoco, retaggio della sua seconda fase d'esistenza (nacque verde), ne aiuta l'individuazione: ora l'albergo è più alto di quando è stato pensato e fuoriesce dagli alberi, giacendo silenziosamente in questo paradiso. Questa l'attuale dimensione dell'albergo: un’esistenza fatta di stanze vuote dove ancora sono visibili i cromatismi di pareti e plafoni – tutti differenti – rilevati dal casellario voluto da Ponti, che si spingeva a opzionare la resa grafica di lenzuola e stoviglieria. Come un piroscafo sulla neve, l’albergo vive con distacco il fascino, ma anche i dubbi, di questa lunga attesa.

Luciano Bolzoni 

Da “Hotel Paradiso” di Erald Dika e Thomas Saglia. Courtesy Korabi

Immagine di apertura: Still da “Hotel Paradiso” di Erald Dika e Thomas Saglia. Courtesy Korabi

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