“Il progetto non viene considerato l’inizio di un processo lineare, ma una delle fasi di un ciclo continuo di creazione e ricreazione, di uso e riuso.” L’impostazione sistemica al progetto sostenibile rappresenta l’etica di Superuse, studio di architettura di Rotterdam attualmente protagonista di una mostra dell’Architecture Foundation.
Inside Flows: l’etica di Superuse Studio
La mostra dell’Architecture Foundation presenta il lavoro dello studio di architettura olandese e la sua strategia di progetto sostenibile, per arrivare a ciò che loro chiamano “superuso”.

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- Catharine Rossi
- 16 luglio 2013
- Londra

“Inside Flows: The Superuse Approach to Design”, allestita nel quadro del London Festival of Architecture del 2013, è la prima mostra in Gran Bretagna dello studio. Quest’ultimo, fondato nel 1997 dagli architetti olandesi Jan Jongert e Cesare Peeren, si chiamava 2012Architecten fino a tre anni fa, quando si trasformò da ordinario studio d’architettura a centro più dedito alla ricerca nel settore delle strategie del progetto sostenibile. In particolare Superuse Studio si batte per un’impostazione fondata sulle risorse che si basa sul riciclo dell’esistente e sul concetto dei sistemi circolari “dalla culla alla culla” per arrivare a ciò che lo studio chiama “superuso”, ovvero l’uso e il riuso di “flussi e risorse disponibili, con il relativo collegamento a ecosistemi urbani”. I flussi sono costituiti da risorse tangibili e intangibili, che consentono collegamenti tra sistemi distinti in modi che producono benefici ambientali, economici e sociali.
La centralità del concetto di flusso nel lavoro dello studio è palese nella mostra, che ne illustra la collaborazione con INSIDE, il programma di Master in Architettura d’interni della Koninklijke Academie van Beeldende Kunsten, l’accademia di Belle Arti dell’Aia. Lungo una delle pareti ci sono dei pannelli che rappresentano i quattordici flussi che lo studio ha finora identificato, tra cui calore, luce, suono e natura, suddivisi in tre differenti categorie: flussi fisici, energetici e valoriali.
I flussi di ciascuna categoria sono presenti in tutte le opere esposte. Queste sono in totale diciotto, selezionate come casi di studio di impostazione progettuale ispirata al superuso. Tra essi ci sono esempi di lavori dello studio, come la Villa Welpeloo in Olanda, fatta di materiali come enormi rocchetti di cavo e cartelloni. Accanto c’è una gamma multiforme di iniziative in vari contesti. Tra questi GRO Holland, società che coltiva funghi con i fondi di caffè raccolti nei ristoranti, cui poi rivende i funghi; un pavimento per la danza progettato dallo studio olandese Roosegarde in collaborazione con la Energy Floors e con Alijd van Doorn; e il Metro Fresh Market, mercato di frutta e verdura che nel 2011 ha provvisoriamente preso sede in un vagone della metropolitana di Seul, scelto in qualità di risposta creativa al flusso quotidiano dei pendolari.
Fa eccezione tra tutti questi esempi contemporanei un mulino a vento olandese del 1390. Per quanto possa apparire incongruo, come ha spiegato Jongert in una conferenza organizzata in occasione dell’inaugurazione della mostra, il mulino a vento può essere considerato un antico esempio di progetto fondato sui flussi, grazie al modo in cui combina uso dell’energia, conservazione del raccolto, preparazione del cibo, abitazione degli operatori e vendita al pubblico: l’integrazione di molteplici flussi in un unico spazio fisico. Jongert pensa che le attuali turbine eoliche abbiano molto da imparare da questo esempio, non solo per l’insufficienza del modo in cui si integrano nel contesto ambientale e sociale, ma perché il loro ulteriore potenziale d’uso non è stato ancora pienamente sfruttato. Fa eccezione il campo da gioco Wikado del 2012, che lo studio ha progettato in patria usando pale di turbina di scarto.
Il carattere tecnologicamente povero e creativo dell’impostazione ispirata a del superuso pervade anche il progetto d’allestimento della mostra. Appese al soffitto ci sono le colorate lampada Par Ici dello studio, fatte di lastrine fotografiche di Perspex di scarto, già usate come pubblicità di un profumo. Al posto delle consuete vetrinette da esposizione ci sono carrelli d’aeroporto di recupero, nei quali sono stati inseriti scaffali di legno regolabili che offrono ulteriori informazioni su ogni progetto, esponendo esempi di materiali, fotografie dei progetti, mappe che illustrano l’origine dei materiali usati.
Queste cosiddette “mappe della raccolta” sono l’esempio di un altro settore d’attività dello studio. Si tratta di piattaforme aperte che suggeriscono l’approvvigionamento e l’uso da parte del pubblico di specifiche caratteristiche di materiali disponibili localmente. La risorsa, già online in Olanda, si serve della mostra anche come strumento di lancio in Gran Bretagna. È un momento favorevole: in occasione della mostra l’Architecture Foundation ha incaricato lo studio di riprogettare gli stretti ingressi di Gibbon’s Rent, uno spazio esterno nascosto dietro le sale d’esposizione. Il progetto, la cui inaugurazione è prevista alla fine di quest’anno, mostra alcuni dei punti critici di questa impostazione: lo studio infatti trova difficoltà a procurarsi materiali da usare, aspetto che una mappa della raccolta contribuirebbe a semplificare.
“Inside Flows” non è una mostra di grandi dimensioni, e sarebbe interessante conoscere qualcosa di più sullo studio stesso, compresi i suoi lavori e le varie discipline che riunisce. Ciò nonostante la scelta degli esempi e il materiale illustrativo delineano il profilo dell’etica dello studio, mentre l’incarico del Gibbon’s Rent sarà apprezzato per l’ampliamento della mostra al di là dei confini spaziali e temporali, e perché dimostra le opportunità, nonché i vincoli, di questa strategia di progetto sostenibile.