Il mondo in cinquantadue settimane

In mostra alla Villa Noailles di Hyères, il diario itinerante del fotografo olandese Iwan Baan.

Nomade per inclinazione, Iwan Baan racconta l'esistenza nel nostro universo globale di un mondo a parte: quello di un'architettura dotata di qualità non comuni, di una disciplina in grado di imprimere al paesaggio urbano un destino diverso. Non comune è inoltre il luogo che ospita, fino al 27 marzo, il diario fotografico dei viaggi che egli ha condotto nel 2010, in cinquantadue settimane: la villa Noailles, costruita nel 1923 da Robert Mallet-Stevens per Charles e Marie-Laure de Noailles a Hyères, Francia. Abbarbicata sopra le colline che circondano la città provenzale, la villa è uno dei manifesti più significativi del Movimento Moderno. Il suo giardino cubista, disegnato da Gabriel Guevrekian, fu un punto di riferimento per il paesaggista brasiliano Roberto Burle Marx.
Curata da Florence Sarano e da Jean-Pierre Blanc, la mostra "2010 around the world": the diary of a year of architecture" è una panoramica sul mondo attraverso cinquantadue immagini. L'esposizione guarda all'architettura da due punti di vista diametralmente opposti; da una parte, la scala urbana che Baan fotografa all'alba, sorvolando le città a bordo di un elicottero.
Ed è lì nell'aria che rende manifesti a noi, che siamo rimasti a terra, temi difficilmente percepibili: come, per esempio, nel MAXXI di Roma, Zaha Hadid derivi il suo progetto dall'allineamento con i corpi di fabbrica preesistenti di un'ex caserma, creando allo stesso tempo una sorta di cortocircuito nella regolarità del quartiere circostante. O ancora, come Michael Maltzan sia stato in grado, nella banalità indifferenziata del centro di Los Angeles, di ritagliare una sorta di oasi architettonica con l'Inner City Arts: un insieme di architetture bianche in contrasto con i toni scuri del quartiere adiacente.

In alto: a Dubai, la torre Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo progettato da SOM. Sopra: sulle rive del lago Lemano, il Rolex Learning Centre di SANAA.
In alto: a Dubai, la torre Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo progettato da SOM. Sopra: sulle rive del lago Lemano, il Rolex Learning Centre di SANAA.
Il secondo punto di vista è la scala umana: spesso, accanto a questi edifici di architettura, si trovano a passare, come fossero testimoni inconsapevoli, uomini e donne. Spesso, sono muratori o artigiani che hanno partecipato alla costruzione, come, per esempio, il fabbro che, sospeso nell'aria, salda le travature curvilinee dello stadio olimpico di Pechino progettato da Herzog & de Meuron.

A Tokyo, gioco di trasparenze all'interno della House H di Sou Fujimoto.
A Tokyo, gioco di trasparenze all'interno della House H di Sou Fujimoto.
O i passanti curiosi che sorvegliano l'andamento dei lavori: figure minute che ci permettono di comprendere le dimensioni dell'edificio, ma che, allo stesso tempo, ci fanno riflettere sul vero ruolo – sociale e politico – dell'architettura.
Iwan Baan si avvicina, infatti, all'opera d'architettura e alle vite che la circondano in modo non neutrale, ma con l'atteggiamento da classico reporter: ma, quando tocchi l'esistenza degli altri, può anche essere pericoloso. A Medellín e a Caracas, qualcuno gli ha così rivolto una pistola in faccia.

Anche se il soggetto della sua fotografia è l'architettura, avvertiamo comunque la presenza delle persone nelle sue immagini. Questo significa che l'architettura ha senso solo se esiste per la gente. Toyo Ito
A Hamaroy, Norvegia, il museo Knut Hamsun di Steven Holl.
A Hamaroy, Norvegia, il museo Knut Hamsun di Steven Holl.
È un'interpretazione della fotografia d'architettura lontana da quella tradizionale: nella quale, invece, le costruzioni troneggiano solitarie, prive di quella ricchezza compiuta che possono dare loro i movimenti, le azioni e i colori delle persone. A questo proposito, Jacques Herzog e Pierre de Meuron raccontano, in uno dei testi del catalogo, che "i suoi edifici non sono mai soli, ma sono accompagnati da persone. Le persone ci parlano degli edifici che usano: come li usano, perché li usano e cosa si prova a utilizzarli. In questo modo, tutti i suoi edifici diventano nostri: vostri e nostri".

Con l'edificio in Lincoln Road, Jacques Herzog e Pierre de Meuron aggiungono un tocco di luce allo skyline di Miami.
Con l'edificio in Lincoln Road, Jacques Herzog e Pierre de Meuron aggiungono un tocco di luce allo skyline di Miami.
Del resto, non poteva che essere così perché la carriera di Iwan Baan è iniziata con un'esperienza che ha stabilito un punto e a capo nella sua visione del mondo. Nato nel 1975, Baan ha studiato fotografia all'Accademia Reale de L'Aja, dove gli fu chiesto nel 1998, come tesi finale, un reportage in Bangladesh sull'attività della Grameen Bank istituita dal Premio Nobel Muhammad Yunus: economista e fondatore illuminato di una banca che presta soldi solo ai poveri. Laura Bossi

Iwan Baan: 2010 around the world
the diary of a year of architecture
Fino al 27 Marzo
Villa Noailles
Montée Noailles,
Hyères, Francia
Il "fattore umano" all'interno dello stadio olimpico di Pechino di Herzog & de Meuron.
Il "fattore umano" all'interno dello stadio olimpico di Pechino di Herzog & de Meuron.
Contro la banalità del territorio losangeleno, le architetture bianche dell'Inner-City Arts. Ne è autore Michael Maltzan.
Contro la banalità del territorio losangeleno, le architetture bianche dell'Inner-City Arts. Ne è autore Michael Maltzan.

Ultimi articoli di Architettura

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram